Mascolinismo, maschiosfera e bro culture
Ovvero, impariamo a non temere tanto il Trump in sé, quanto il Trump in te. O in me. Insomma, ci siamo capiti.
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Ciao, questo è sempre Patrilineare, io sono sempre Pietro e questa volta occupo temporaneamente la tua casella email per fare un discorso necessario che in un certo senso è un po’ un sequel e un po’ uno spinoff dell’uscita dell’altra volta sull’intersezionalità. Quella volta (dieci giorni fa) Donald Trump aveva appena vinto le elezioni USA e negli ultimi giorni, tra una nomina pazzerella e l’altra, i dem/progressisti/persone di sinistra di tutto il mondo hanno cominciato a chiedersi “ma perché la nostra proposta politica viene così tanto schifata?”. Sto semplificando, ma ce lo siamo chiesto un po’ tuttə, perché è nella natura umana cercare di semplificare e noi persone di sinistra tendiamo a semplificare pensando “l’elettore di destra è ignorante e cattivo”. Questo può certamente essere vero in molti casi ma - se sei di sinistra - sai benissimo che le cose sono molto più complesse di così.
In ogni caso, come ti dicevo, questo è Patrilineare e io non sono qui per proporti finissime analisi politiche che non avrei la competenza di portare avanti. Sono qui però per parlarti di come la cosiddetta maschiosfera abbia avuto un ruolo cruciale nella vittoria di Trump e - se ci riesco - per capire insieme anche il perché (ricollegandomi alla domanda cruciale sul perché la proposta dem sia stata così tanto respinta e provando a chiudere il cerchio).
Della maschiosfera (ricalco dall’inglese manosphere, che io preferisco usare) abbiamo già parlato in uno dei precedenti numeri di Patrilineare (anzi sai che faccio, te lo appoggio qui sotto).
Redpillati vs. Soyboy: la radicalizzazione del maschio
Illustrazione dell’autore - Created with Dall-E
Manosphere è un termine ombrello che si è diffuso parecchio a partire dagli anni 2010 per indicare una galassia di siti, blog, forum e contenuti che promuovono una sorta di “reazione” maschile alla rivoluzione femminista. Ovviamente si tratta di un femminismo percepito come nemico dei maschi al quale si contrappongono InCel, MRA (Men’s Rights Activists), MGTOW (Men Going Their Own Way), pick up artists e looksmaxxers1 più o meno famosi. Ogni rivolo di questa federazione di picchiatelli - genericamente indicati come redpillati perché hanno “preso la pillola rossa” e sanno distinguere la realtà dall’illusione del wokeismo - ha coniato un suo idioletto, un gergo per iniziati che in quella vecchia uscita cercavo di sistematizzare un pochino.
La manosphere è l’espressione del mascolinismo, un termine per me relativamente nuovo, che ho imparato da poco (in effetti io scrivo Patrilineare un po’ per te che mi leggi, ma al 90% per capire io le cose e forse più che altro capire me stesso). Maschilismo, per dire, è una generica attitudine al disprezzo delle donne, lo respiriamo nell’aria perché è connaturato alla società patriarcale. Il mascolinismo invece è proprio un movimento di reazione negativa al femminismo che invoca la necessità di ristabilire una identità maschile “forte” in un contesto sociale troppo femminilizzato in cui il maschio si posiziona come vittima. Ma finora abbiamo parlato di cose pesanti, sulla cui pericolosità il consenso è abbastanza unanime. Esiste però anche una versione “dal volto umano” della manosphere che è molto genericamente etichettata come bro culture: la cultura dei frat boys - i ragazzi delle fraternity universitarie americane - genericamente permeata di mascolinismo ma senza esagerare, dedita più che altro a buttarla in caciara, a fare feste, scherzi, challenge, praticare e-sport o sport estremi e quant’altro.2 Se la manosphere devi andartela un po’ a cercare, la bro culture è ovunque su YouTube, su TikTok, su Instagram, nei podcast di maggiore successo e… forse hai capito dove voglio andare a parare.
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Negli ultimi giorni sono usciti diversi articoli e approfondimenti che indicano proprio nell’appoggio incondizionato della galassia “bro” uno degli elementi determinanti per la vittoria di Trump. Infatti, da mesi tutti osservavano come il voto dei maschi giovani (indipendentemente da razza o censo) si fosse decisamente spostato a destra. Non a caso, come riporta in apertura questo interessante pezzo su ValigiaBlu, il primo ringraziamento per la vittoria di Trump è andato ai Nelk Boys, a Adin Ross, a Theo Von, al canale Bussin’ With the Boys e soprattutto a Joe Rogan.3 La convergenza tra l’estrema destra trumpiana e la galassia bro era da tempo una questione assodata: si tratta di una situazione win/win. Trump ha potuto sfruttare questi giovani youtuber, podcaster e comici per presentarsi (senza contraddittorio) come una persona simpatica e “vicina alla gente”. I podcaster, youtuber, etc. di cui sopra, semplicemente, hanno fatto numeri spropositati.
In questo, Trump è stato consigliato bene dal figlio Barron, che nel 2016 aveva solo 10 anni e quindi non è che potesse fare altro che posare con quel suo sguardo spaurito nelle foto di famiglia, mentre oggi che di anni ne ha 18 (ed è certamente in piena fase “bro”) ha aiutato il padre in una questione determinante ovvero quella di conquistare il più possibile i voti dei giovani americani, tradizionalmente indecisi, apolitici, poco interessati alle campagne elettorali “standard”. Ho citato poco sopra Joe Rogan. Stando a questo approfondimento del Post, Rogan è proprio la figura chiave che ha spostato più voti. “Let that sink in”, come ama dire il gran visir dei troll mondiali Elon Musk: un ex stand up comedian, ex commentatore di trasmissioni di arti marziali ha più valore in termini di endorsement di un New York Times o di un Wall Street Journal. Purtroppo sì, e questo i conservatori lo hanno capito benissimo mentre i democratici (a parte Bernie Sanders che nel 2019 da Rogan ci andò, venendo anche aspramente criticato dai compagni di partito), a quanto pare no. Rogan è il classico personaggio di destra, complottista, no vax, che una persona di sinistra non può che vedere come fumo negli occhi (Neil Young, per dire, nel 2022 ritirò tutta la sua musica da Spotify per protesta contro la decisione della piattaforma di ospitare il podcast The Joe Rogan Experience). Eppure, oggi è lui il medium (o direi piuttosto il brand) più influente.
Ma ovviamente, mi dirai, non può essere così semplice. Beh, certo. Ti ho detto il come, ma non abbiamo ancora affrontato il perché. Ci sono due pezzi che ti consiglio di leggere, al di là del sintetico riassunto delle conclusioni che ne farò qui. Uno è italiano: Enrica Nicoli Aldini su Rivista Studio intervista Tanner Egloff, vicepresidente della Federazione dei Giovani Repubblicani del Colorado. L’altro è inglese: Sam Wolfson sul Guardian intervista Richard Reeves, presidente dell’American Institute for Boys and Men, una fondazione dedicata alla salute mentale dei maschi, alla prevenzione della violenza di genere, all’educazione e all’orientamento al lavoro dei giovani (in particolare neri) e al supporto alla paternità.
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Entrambi gli intervistati (un convinto repubblicano e un liberal democratico di origine britannica) convergono su un concetto che è quello su cui secondo me dobbiamo focalizzarci. Si parla delle motivazioni della sconfitta dei democratici in USA, ma è palese che stiamo parlando delle ragioni per cui a livello globale le soluzioni di sinistra non sembrano più fare presa. Il maschio bianco etero si sente messo all’angolo da una politica democratica che sembra proporre soluzioni per tutti tranne che per lui (famoso e tristemente azzeccato lo slogan trumpiano di quest’autunno “Kamala is for they/them, President Trump is for you”).4 Si tratta appunto di una percezione, ma in politica le percezioni valgono molto più della realtà. La percezione comune è che la sinistra sia appiattita su questioni di femminismi e diritti LGBTQIA+ e che “non risolva” i problemi della maggioranza (economici e di sicurezza in primis). Da uomo femminista potrei argomentare che lottare per una società più equa fa bene a tutti, non solo alle minoranze. Che concentrarsi sull’occupazione femminile (e ovviamente prima ancora sul welfare per le famiglie) fa bene al PIL e non è solo una cosa “per le donne”. Ma sorvoliamo.
Posso dire che mi sento anche un po’ chiamato in causa personalmente dalle osservazioni delle persone intervistate in questi due articoli. Se io scelgo di parlare di un tema che mi sta a cuore non vuol dire che nessun altro tema mi sta a cuore. Vuol dire semplicemente che questo tema, sul quale io mi sento forse più preparato, è per me una chiave di lettura utile tra tante per interpretare e possibilmente modificare lo status quo. Ma io sono nessuno, mentre i partiti di ispirazione progressista sono “qualcuno”. I partiti democratici globali hanno il dovere di comunicare meglio con tutta la popolazione. Se vieni percepito come “il partito delle minoranze” c’è un problema. Lavorare per i diritti delle minoranze non è un problema. Lasciare che questo venga percepito come l’unica cosa che fai, sì. Così come argomentare una propria visione politica non è un problema, mentre demonizzare l’avversario sì. E lo so che questa è una cosa che loro fanno costantemente, ma le esigenze reali di questa fetta di elettorato giovane, bianco e “bro” vanno capite, non snobbate a priori.
Mascolinismo e misoginia non sono connaturati nelle persone. Lo staff di Trump cavalca questa linea dello sbrocco totale della serie “più sei un pazzo misogino più noi ti amiamo a prescindere”,5 fomentando una divisione ideologica tra generi che non ha senso di esistere. Di base, l’elettorato maschile ha bisogno di risposte che non arrivano mai, né da destra né da sinistra. O meglio: i dem in USA avrebbero potuto sfondare alla grande (con uno come Tim Walz nel ticket) ma non hanno ritenuto prioritario rivolgersi anche agli uomini. In buona sostanza, come vanno dicendo tutti anche in Italia da decenni, la questione non è “vota per noi perché se no sei misogino e sessista”, perché non è sempre quello il caso. La questione dovrebbe essere “vota per noi perché abbiamo in cantiere delle proposte vantaggiose anche per te”. Non il “voto contro”, insomma, che ha rotto il cazzo a tutti da decenni, ma il “voto per” - che invece le sinistre non riescono a focalizzare molto bene.
La bro culture è rassicurante e attira consensi solo perché dall’altra parte il maschio medio non vede immediatamente una proposta rivolta a lui (dovrebbe scavare molto). Non tutti abbiamo voglia di scavare e studiare per capire un programma politico. Chi fa i programmi dovrebbe pensare meglio a cosa comunica e come. I democratici non hanno perso perché hanno candidato una donna o perché hanno parlato alle minoranze. Hanno perso perché non si sono rivolti anche all’altra metà dell’elettorato, rendendosi complici di una spaccatura tra generi che è aumentata esponenzialmente negli ultimi vent’anni e continuerà a farlo. Una spaccatura che sarà difficilissimo risanare, eppure è fondamentale farlo (e solo le sinistre possono farlo).
Quindi insomma… forse valeva la pena di andarci, da Joe Rogan. Magari non spostava nulla, ma magari sì.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
Il molto onorevole min. Valditara © NurPhoto / Getty Images
Porca merda, Valditara, ma che cazzo stai dicendo? Scusa l’improvviso scarto nel registro linguistico ma la cialtronaggine e la somma faccia da culo degli esponenti del nostro governo (senza stare a guardare gli impresentabili di Trump) mi fa saltare sulla sedia. Confondere - apposta - il piano giuridico con quello sociale e culturale è una immensa cazzata, come sottolineano anche in un esaustivo articolo su Fanpage e Maria Cafagna nella sua analisi su Wired. La cazzata è egregiamente sintetizzata dall’account Instagram @psicologiacruda in questo chiarissimo carosello.
Se lavori in pubblicità o in comunicazione e stai pensando di fare un’uscita sul 25 novembre ti prego, TI PREGO di leggerti questo post di .
Mi piace molto questa campagna di Famiglie Arcobaleno con una serie di soggetti ritratti dal titolo Le famiglie sono tutte diverse. I diritti devono essere tutti uguali. Molto amore.
Ti piacciono i longform? Silvia Gola su Il Tascabile parla di “Accademia della misoginia”: in un contesto sociale e relazionale dove il maschio etero e cisgender deve in qualche modo riposizionarsi, entrano in gioco i famosi love coach, anche noti come pick-up artists, che per molti uomini sono la porta della manosphere e della conseguente radicalizzazione.
È uscito MOFO, il nuovo singolo di Montecreesto che affronta il tema della mascolinità tossica (a Napoli, per la precisione). Carino, dai.
Cose che nel 2024 non si possono sentire: MUBI ha dovuto annullare un intero festival a Istanbul perché il governo turco ha vietato le proiezioni di Queer di Guadagnino.
Possiamo dire tutti in coro che il “No Nut November” è una colossale cagata? È un meme, e nulla più. Non carichiamolo di significati sanitari, spirituali o simili. Peraltro ti fa più male che bene. Allora meglio farti crescere i baffi per portare l’attenzione sul tumore alla prostata (è il Movember, baby).
Cos’è cambiato a un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin. Lo riassume su Fanpage. Spoiler: niente.
Congedo parentale paritario anche per i padri: ecco le belle aziende italiane cosa ne pensano.
Maïa Mazaurette non si smentisce mai, e quando trovo un suo pezzo tradotto su Internazionale te lo linko sempre. Questo è il Piccolo manuale sessuale per l’uomo femminista, e vedrai che è utilissimo!
Openpolis dà i numeri su violenza di genere e minori in Italia.
Una cosa bellissima che è successa: è stata in Senato a parlare di maschilità alternativa e a presentare Storie Spaziali per Maschi del Futuro con Filippo Sensi (PD), Giuseppe De Cristofaro (AVS), Marco Lombardo (Az), Riccardo Ricciardi (M5S) e Ivan Scalfarotto (IV). Way to go, Francesca!
Un’intervista a Federica Basso, psicologa scolastica, sul bullismo come fenomeno in crescita.
Femminismo o femminismi? Annarosa Buttarelli riflette sulla questione in un pezzo su La Stampa. Una cosa è sicura: non è femminismo quello di Giorgia Meloni.
Domani (22 novembre) è la giornata mondiale delle vittime di transfobia. Merita ricordarlo dato il “primato negativo” dell’Italia in questo ambito.
Disertare il patriarcato, una riflessione di Alberto Leiss su Il Manifesto.
A cosa serve la sex-ed nelle scuole? Ce lo spiega Flavia Restivo, che in Italia porta avanti il progetto di sensibilizzazione "Italy Needs Sex Education" (hai già firmato, spero). Sullo stesso tema, interviene anche lo psicopedagogista Stefano Rossi che parla in particolare di educazione all’amore tout court.
Dialoghi con Giancoso
Giancoso a modo suo mi vuole bene. Ci tiene a farmi capire che qualcuno mi ha fatto il lavaggio del cervello e non si dà pace delle mie risposte che non sono in linea con il suo sentire. Nulla lo scalfisce, eppure… continuo a parlarci.
Giancoso, sa tutto lui! - Photo by stockking - Freepik.com
Giancoso - Oh ma l’hai vista come andava in giro la tipa che hanno violentato l’altra sera qui dietro? Poi ci stupiamo che le saltano addosso, capito?
Patrilineare - Buongiorno anche a te, Giancoso, che piacere. Vorrei risponderti dicendo solo “victim blaming”, “patriarcato”, “cultura dello stupro”, perché sono un po’ stanco e sarebbe bello chiuderla così, ma vedo che mi fai il tuo sguardo bovino quindi elaboro. Sei d’accordo che lo stupro è un reato? Sì. Contro la persona, eh, non contro la morale, che magari sei rimasto al 1995. Allora dove c’è un reato c’è una vittima. La vittima è quella tipa di cui parli. Dobbiamo dare la colpa a lei? Dobbiamo ribaltare la situazione? E per quale motivo? Non sta né in cielo né in terra, giusto? Oh. Quello che fai si chiama “dare la colpa alla vittima”, né più né meno. E lo fai perché sei immerso fino alla punta dei capelli in quella che chiamano “cultura dello stupro”. Ah, tut tut! Fermo lì, lo so che tu non stupri nessuna. Però potresti. Perché interpreti un top molto corto o un pantaloncino più sgambato come segnali di disponibilità. Ma qualcuno ti ha mai detto che le donne quando la mattina si vestono non lo fanno pensando “chissà se Giancoso interpreterà correttamente questo segnale”? Si vestono come pare a loro, tu non c’entri proprio nulla. Dai, su!
Giancoso - E allora la violenza delle donne sull'uomo? Come la metti con quella, è sempre cultura dello stupro?
Patrilineare - Guarda, non mi portare su questa china. La violenza domestica può essere agita anche da donne e direzionata anche su uomini, non lo metto in dubbio e guarda, lo prevede anche la Convenzione di Istanbul. Sta di fatto che nel mondo in cui viviamo è più frequente o più probabile il contrario, per una questione pura e semplice di squilibri di potere… mettiti l’animo in pace. L’attitudine vendicativa ce l’hanno tutti i generi, e di uomini vessati ce ne sono sempre stati, ma non esiste un maschicidio così come esiste un femminicidio. Voglio dire, per capirci, che non esiste che un uomo venga ucciso “in quanto appartenente al genere maschile” o in quanto “visto come una proprietà personale di cui disporre a piacimento” o che la sua morte avviene in un contesto sociale che avalla e permette la violenza delle donne contro gli uomini.
Giancoso - Vabbè, ma ormai basta una parola e vai in galera, non è più un mondo in cui vivere, dai!
Patrilineare - Caro Giancoso, non ti sembra di esagerare un po’? La libertà di parola esiste ancora, io posso parlare e tu puoi parlare. Poi se tu vuoi dire qualcosa che evidenzia in un secondo netto quanto puoi essere stronzo, sei liberissimo di farlo. Io ci penserei due volte. Ti pagano per dire certe cose? No. E allora cosa te ne viene? Almeno fatti pagare, così ci guadagni qualcosa. Altrimenti, se proprio non è più un mondo in cui vivere, come dire… no, niente. Scusa, stavo per dire una grossa cattiveria anche io. Arrivederci Giancoso, alla prossima.
Cosa mi gira in testa?
Ci sono momenti della mia vita in cui “riesco solo” a fare una determinata cosa. Non so, è come un meccanismo che si inceppa nel cervello, e non è detto che poi sia una cosa negativa. In queste settimane per esempio, “riesco solo” a vedere animazione. Il mio cervello non riesce a tollerare altro. E non è che l’animazione sia meno complessa di altri generi, anzi! Per esempio, ti consiglio vivamente di vedere al cinema Flow, un lungometraggio animato lettone di Gints Zilbalodis che è veramente sorprendente nel suo essere pura arte in movimento (per di più è un film muto, ma è molto più avvincente di molti film parlati). Vedi la mia recensione qui.
Jinx nella seconda stagione di Arcane © Fortiche Productions / Riot Games
Poi sui servizi di streaming ci sono molte altre cose interessanti. Su Prime Video ho intercettato Look Back, un mediometraggio che devi assolutamente vedere se vuoi capire dove sta andando l’animazione giapponese oggi (è tratto da un manga one shot bellissimo, e anche qui ti favorisco una recensione). Poi su Netflix mi sto abbandonando all’effetto nostalgia con Lupin Zero, Ranma ½ (la nuova versione dello studio MAPPA), Dragon Ball Daima, DanDaDan e soprattutto (finalmente!) la seconda stagione di Arcane, arrivata a tre anni di distanza dalla prima, che ridefinisce completamente il concetto di animazione come lo conosciamo. Per me, veramente una delle serie migliori che stanno su Netflix, anche se - devo dire - sarà una mia impressione ma questa seconda stagione sta incasinando non poco i piani narrativi (ma forse è perché non sono un esperto del videogame da cui è tratta). Comunque, bomba.
È arrivato il momento di salutarti, ma non temere, torno tra dieci giorni. Resta sempre con me e non andare da quegli altri della maschiosfera che poi ti radicalizzi e non è una bella cosa.
Diffondi Patrilineare, se puoi, che è cosa buona e giusta. Grazie soprattutto se mi lasci un piccolo contributo su Ko-fi. Daje: è un mondo di merda, ma possiamo resistere!
So che inizio a ripetermi un po’ troppo, ma: grazie!
Super analisi, grazie!!