Redpillati vs. Soyboy: la radicalizzazione del maschio
A volte Internet per noi maschi diventa un luogo pericoloso: vediamo di non inciampare in teorie deliranti che poi si riflettono nella nostra vita di tutti i giorni...
Illustrazione dell’autore - Created with Dall-E
Buon anno! Ti chiederai come mai mi manifesto nella tua casella di posta proprio il primo gennaio, momento in cui generalmente tuttə cerchiamo soltanto di dormire il più possibile o al massimo piluccare qualche avanzo in pigiama sul divano. Il motivo è che ho deciso di “darmi una regolata” e uscire l’1, l’11 e il 21 del mese, a un’ora imprecisata e salvo cause di forza maggiore. Numerologicamente parlando, la trovo una regola che può andar bene per me.
Oggi vorrei parlarti di una cosa che ho solo accennato in alcune uscite precedenti, ma che costituisce un po’ il lato oscuro del maschile on line: la cosiddetta manosphere. Parlare di questa “fetta” di Internet vuol dire andare a strofinare il muso nel fango della mascolinità tossica più eclatante, ma come dico sempre - soprattutto “da padre” - è importante prendere coscienza di determinati fenomeni per evitare che chi ha meno mezzi a disposizione1 li prenda per buoni.
Manosphere (in italiano hanno provato a tradurre il termine con “uomosfera” o “maschiosfera” ma converrai anche tu che è terribile, quindi lo lascio in inglese) è quella galassia di siti / forum / blog / gruppi sui social che in generale promuovono l’egemonia maschile, la misoginia e una strenua opposizione al femminismo. Nella manosphere ci puoi trovare diverse anime, da quella più “innocua” e originaria dei Father’s Rights (gruppi di padri divorziati che fanno lobbying per avere legislazioni più favorevoli al padre in tema di affidamento dei figli) a quella dei Men’s Rights Activists, un movimento nato in risposta al femminismo degli anni ‘70 che si occupa di violenza domestica sugli uomini, diritto di famiglia, false accuse di stupro da parte di donne senza scrupoli e che ha la simpatica caratteristica di valutare positivamente la violenza sulle donne come metodo per sottolineare la supremazia maschile. Poi ci sono gli Incel, di cui ho parlato più volte: gli involuntary celibates che covano rancore perché non sono dei Chad e non possono avere le Stacy ma nemmeno le Becky li considerano e in fondo in fondo non sono altro che una massa di Cuck2 e quindi tanto vale imbracciare un fucile e andare ad ammazzare un po’ di tr*ie al centro commerciale.3
Poi ci sono i più folcloristici ma altrettanto pericolosi MGTOW (Men Going Their Own Way) che sostengono che la femmina non solo è inferiore ma è “cattiva” e “corruttrice” e quindi anche se gli capita di uscire con una donna lo fanno solo per un breve incontro sessuale (zero night stand) perché mescolarsi con i femoid è male, e anche quando ci parli è meglio tenerle a bada con il negging. Per il resto “vanno per la loro strada”, cioè cercano di isolarsi e non avere contatti con l’altro sesso. E i più infidi, i Pick-up Artist (gli artisti del rimorchio, per dirla all’italiana) che impestano generalmente YouTube - ma da un paio d’anni anche TikTok - con quelle teorie malate e stantie ad uso di giovani e giovanissimi timidi e impacciati del tipo “le donne vogliono solo essere maltrattate” o “pagare una cena è un investimento che deve avere come ritorno il sesso” o “se dice no in realtà vuol dire sì, basta forzare un po’ la mano” o “il mondo non è per i soyboy o i Low-T, che non otterranno mai sesso comportandosi gentilmente”.
Adesso, immagina di capitare per caso in un sito della galassia manosphere. Non è così difficile. Il grosso è in USA, su Reddit, su YouTube, su alcuni gruppi Facebook e nei siti e nei blog di riferimento che ovviamente non citerò qui. Ma ci sono diversi esempi anche in Italia. Pagine web, gruppi social, creator su YouTube e TikTok… ma per dire, anche la famosa chat di Whatsapp di We Are Social su cui c’è stata un’inchiesta a ottobre scorso è manosphere pura e semplice.4 Ora immagina che ci capiti tuo figlio, che magari è alle prime armi nel mondo delle relazioni e che non ha avuto un’educazione sessuale e affettiva strutturata, di certo ha qualche problema a metabolizzare un rifiuto e come tutti gli adolescenti si sente bruttino e insignificante. Ho reso l’idea?
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Basta che si attivi l’algoritmo, che un certo tipo di contenuti entri nei video consigliati o nei “per te”… ed è fatta. Il maschio diventa redpillato, o se vogliamo usare un termine più comprensibile, radicalizzato. Perché di questo si tratta. La stessa metafora della pillola rossa è usata in modo analogo dalla alt-right americana: l’uomo che ha scelto la red pill si distingue nettamente da chi ha scelto la blue pill, che tendenzialmente è una persona woke e perciò stesso disprezzabile e disumanizzata - al limite sta un gradino più su dei femoids giusto perché è comunque dotata di pene. L’uomo che ha scelto la pillola rossa è fieramente maschilista, misogino al limite della follia, giustifica a pieno titolo la violenza di genere come metodo sia educativo sia di autoaffermazione, segue i fantasiosi dettami dei PUA, è quasi sempre un suprematista bianco e un attivista di estrema destra e non è escluso che le sue attività sfocino in comportamenti criminali o in affiliazioni terroristiche. Ricordiamo che il rosso è anche il colore dei repubblicani in USA (da cui la red pill e l’appellativo di “Red Caesar” associato a Trump)5.
Senza catastrofismi, è chiaro che esiste un problema: la manosphere parte da convinzioni “tradizionalmente” patriarcali, che fanno comunque presa su gran parte dei maschi anche giovanissimi e le porta a conseguenze estreme, con il risultato che i giovani, anche a scuola, si aggregano intorno a queste comunità di odio, come dimostra anche il rapporto Hope Not Hate sui giovani del 2020 (che ti consiglio di scaricare e leggere). Per un giovane maschio on line non è difficile finire in queste sabbie mobili: basta anche solo seguire un creator su TikTok6 che ti mostra come scolpire gli addominali in tre settimane e l’algoritmo ti frega. Quanto sembra più semplice vedere il mondo in bianco e nero invece di accettare che esistano tutti i colori dell’arcobaleno? Tanto, purtroppo. Ecco perché dobbiamo conoscere questi fenomeni: per combatterli. Combattere le semplificazioni che portano a ragionamenti al limite della follia e ristabilire sempre, ogni volta che ci è possibile, la complessità del reale. Quella della complessità è la strada più impervia, ma conduce ad una società migliore.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
Dalla pillola al pillolo in 3, 2, 1… - Photo by jcomp on Freepik
Inutile girarci intorno, Pornhub lo conosciamo - e lo usiamo - un po’ tutti. La notizia del momento è che anche questo colosso del web (proprio come le altre “big tech”) da febbraio 2024 dovrà adeguarsi alle regole stringenti del Digital Service Act europeo, il che vuol dire, ad esempio, più facilità nel segnalare contenuti illeciti, maggior controllo sull’età dei visitatori e molto altro. E a proposito di contenuti illeciti, sempre Pornhub si trova in un bel guaio per aver ospitato contenuti provenienti da un sito terzo già condannato per sfruttamento sessuale: come già discusso7, il mercato del porno non è sempre trasparente. Anche su questo serve consapevolezza.
Laura Schettini su Valigia Blu firma un articolo veramente interessante sulle radici sociali e anche giuridiche della violenza di genere. Il problema non è solo culturale, ma c’è sempre stato un apparato giuridico aberrante a sostenere una certa visione del mondo. A poco a poco è stato smontato, ma la strada è ancora lunga.
Un’ottima notizia dal Comune di Milano che ha dato il via libera alle carriere alias per i suoi dipendenti. Carriere alias che potranno essere intraprese sulla base della semplice autodeterminazione (cioè senza bisogno di diagnosi o perizie mediche di sorta). Una bella vittoria del CUG (Comitato Unico di Garanzia) del Comune!8
Un tema spinoso (per noi maschi) che vorrei trattare meglio in futuro: la contraccezione maschile. Sul Guardian si dà conto dei più recenti risultati della ricerca sul farmaco che i media italiani (ne sono certo) battezzeranno subito “il pillolo”. Il vero problema è: saremo capaci di assumerci la responsabilità del controllo delle nascite all’interno della nostra dimensione di coppia? Personalmente non vedrei l’ora.9
Tre domande a… Lorenzo Fantoni
Lorenzo Fantoni è la prima persona che mi è venuto in mente di contattare quando - qualche settimana fa - è uscito il trailer di GTA 6 e una parte del fandom ha vomitato on line opinioni sessiste scatenate dal fatto che una protagonista del gioco sarebbe stata una donna (parlando di manosphere, un approfondimento molto in tema). Lorenzo è un esperto di videogame, fondatore di N3rdcore.it, cura una newsletter qui su Substack - Heavy Meta - alla quale vi invito ad iscrivervi e ha scritto uno dei miei libri preferiti del periodo pandemico, Vivere mille vite (ora in edizione “1UP” riveduta e corretta).
Lucia, uno dei personaggi giocabili di GTA 6 - Photo by Rockstar Games
Ciao Lorenzo, parto subito con la prima domanda: è proprio così difficile accettare che ci siano identità diverse dal maschio etero e cisgender rappresentate nei videogame?
La risposta prevede un esercizio di grande empatia, perché dovrei mettermi nella testa di una persona che considera veramente centrale l’identità del maschio etero nel mondo dei videogiochi. Storicamente capisco il perché della cementificazione di questo pregiudizio, in fondo è lo stesso che vediamo in molti campi della scienza e passioni come moto o auto. Il discorso ovviamente è estremamente più ampio rispetto ai videogiochi, che sono solo l’ultimo campo in cui si cerca di tenere lontano tutto ciò che non è conforme a un canone imposto. D’altronde per anni i videogiochi hanno raccontato quasi solo maschi e sono stati raccontati in gran parte da maschi (ricordiamoci che alla fine tutto inizia nelle università americane finanziate dall’esercito, dove c’erano praticamente solo uomini) con l’ossessione che si potesse vendere solo ai maschi. Tra l’altro ci sono tantissimi esempi del contrario, ma ogni volta il mercato ha deciso di ignorarli. Quindi è facile capire come è nato quel pregiudizio, il motivo per cui è presente ancora oggi è che fondamentalmente c’è chi pensa veramente che i videogiochi siano una roba da maschi, forse proprio come reazione alle lotte culturali di questi anni e al finto senso di accerchiamento creato da chi vuole militarizzare la falsa idea che il maschio sia in pericolo. Poi, secondo me, tanti lo fanno per il gusto di provocare e triggerare… e magari crearsi un pubblico. Perché è molto più facile crearselo sostenendo tesi del cazzo che aprire le porte a un sacco di altra gente che finora si è sentita cacciata.
Non è un caso isolato: mi sembra si sia parlato più volte di questo tema anche per The Last Of Us, o magari anche per altri giochi che puoi citare?
Se ne parla costantemente e a volte anche le aziende hanno paura di usare personaggi femminili per non disturbare il nerd che dorme. Poi ci sono le polemiche perché magari il tal personaggio femminile non è abbastanza “bello” secondo i canoni di chi vorrebbe solo fan service. Per non parlare di quando emergono personaggi omosessuali. Quasi tutti i giochi mainstream con protagoniste femminili hanno ricevuto critiche di qualche tipo. Ricordo quelli delusi perché la nuova Lara Croft non aveva abbastanza tette, quelli che Aloy di Horizon Zero Dawn era bruttina e così via.
Quindi il personaggio femminile nei videogame deve sempre oscillare tra una Princess Peach da salvare e una Lara Croft da sessualizzare?
Beh, ovviamente no: ma questa dicotomia tendenzialmente è quella che ha regnato per anni, perché per anni si è parlato solo a un tipo di pubblico e con scrittori in gran parte maschi. Ci sono state notabili eccezioni, ovviamente, ma ci vuole tempo e soprattutto è molto difficile farlo perché chi scrive personaggi femminili sa che si beccherà le polemiche dalla parte peggiore del gaming, sa che gli studi gli daranno meno soldi, perché ci credono meno e chi prova a difendere queste scelte sa che dovrà beccarsi minacce di morte, soprattutto se è donna. La situazione è ovviamente destinata a cambiare perché in questi anni è già cambiata e spero continuerà a farlo, ma per farlo ci vorrà un lavoro costante. Più voci differenti che parlano di videogiochi, più studi che cercano storie interessanti, più comunità che isolano la propria parte peggiore, anche a costo di eliminare preziosi click e views. A oggi è molto complesso trovare spazi in cui questo avviene, faccio fatica a farmene venire in mente uno, ma sono sicuro che potrebbero segnalarceli le persone che ne fanno parte.
Cosa mi gira in testa?
Durante le feste, complice anche la proverbiale influenza natalizia, ho visto un sacco di cose belle. Una che mi ha colpito particolarmente è stata la visione di The Holdovers di Alexander Payne, che da oggi diventa “il mio film di Natale” (Una poltrona per due, scansati proprio). Io sono da sempre molto sensibile alle storie che raccontano il maschile e le sue emozioni più profonde e in particolare il rapporto con la figura paterna o comunque del mentore. The Holdovers racconta proprio questo, è un film “anni ‘70” anche nella forma, che però è modernissimo nel raccontare certe sfumature intergenerazionali di maschilità alternativa. Per contro, ho visto (e apprezzato molto) anche Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese che presenta, nel personaggio interpretato da Robert De Niro, la congiunzione astrale tra patriarcato (il sistema culturale) e capitalismo (il risultato economico-sociale) in un modo così lampante da prenderti a schiaffoni in faccia. Per tre ore e venticinque minuti.
Paul Giamatti e Dominic Sessa in The Holdovers - © Focus Features
Tra Natale e compleanno (sono uno di quegli sfigati che compiono gli anni il 24 dicembre) ho ricevuto in regalo due opere a fumetti che ancora non avevo nonostante le bramassi da tempo: Blankets di Craig Thompson e Strangers in Paradise di Terry Moore. Se pensi che il fumetto non sia un medium adatto a parlare di amore, sesso e relazioni interpersonali, questa doppietta ti fa ricredere alla grande, ed è - secondo me - una lettura obbligatoria.
Su Netflix ho visto l’ultimo spettacolo di stand-up di Ricky Gervais, Armageddon. Gervais per me è un genio: non fermatevi alle battute grevi e alla critica del conformismo woke dei primi dieci minuti. Come dichiara lui stesso (ma chi lo segue da anni lo sa) lui è sicuramente una persona woke, solo che non associa il concetto di censura / dittatura al concetto di woke (come purtroppo molti sembrano fare, da una parte e dall’altra della “barricata”).
Grazie di leggermi anche nel 2024! Sto pensando a qualche maniera per farti entrare più nel vivo della diffusione di Patrilineare: intanto, se vuoi lasciarmi un cuoricino, un commento o un restack, io sono contento.
E perdonami la lungaggine, ti prego. In futuro cercherò di limitarmi!
Da madre di maschio e femmina (in rigoroso ordine di nascita ;) ) ti ringrazio per il lavoro che fai e, soprattutto, per gli strumenti che ci dai per capire - e quindi per cercare di influire sul cambiamento.
Stando alla app di Substack ho letto solo il 24% di questo numero e ho già le allucinazioni 🙈 giuro che dopo continuo, tra l'altro avevo letto un pezzo interessante sul tema proprio di recente, se lo ritrovo ti metto il link qui :)