Il maschio e l'intelligenza emotiva: empatia, ascolto, consapevolezza
Sappiamo che "il maschio" in genere non ha queste qualità. Ma non è che si nasce senza, ed è solo questione di allenarle. In noi e nei figli.
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Ciao! Scommetto che non ti aspettavi la newsletter di Pasquetta, e invece eccola qua! D’altra parte sono immobilizzato a casa, dimmi che altro potrei fare. Dai, veniamo subito al dunque: se mi segui dall’inizio,1 sai che tra le caratteristiche che definiscono il maschio nella società patriarcale non c’è spazio per le emozioni. O meglio, c’è spazio solo per una emozione: la rabbia. Se le emozioni non sono ammissibili diventa impossibile anche capirle. Il maschio educato così (non piangere, tira fuori le palle, non fare la femmina) non comprende un intero mondo e non capisce l'universo femminile, come diceva Elio.2
Eppure, non dico che smonteremmo del tutto il patriarcato, ma quanto sarebbe diversa la società se avessimo tutti imparato l'empatia da piccoli e avessimo sviluppato l'intelligenza emotiva, la capacità di "leggere una stanza"...? In questa uscita vorrei prendere con te due strade: come padri, quale esempio possiamo dare ai bambini (che non è che nascano con l'empatia di default)? E poi: come uomini che magari non sono stati educati in questo modo, come possiamo entrare in contatto con le nostre emozioni e coltivare l’empatia?
Intanto, qualche definizione: “empatia”, dal greco “empathéia” (“en”=”dentro” e “pathein”=”sentire”) è per l’appunto la capacità di “sentire dentro di sé” l’emozione, il sentimento, la sofferenza di un’altra persona. Si tratta di un processo evolutivo che all’inizio è prevalentemente affettivo: il bambino riconosce nell’altro delle emozioni particolari. Solo dopo diventa anche cognitivo: si riesce a capire perché l’altra persona sta provando determinate emozioni.3 Ecco perché “mettersi nei panni di un’altra persona” è un po’, se vogliamo, la base di partenza senza la quale l’empatia non può funzionare, ma non basta. A sua volta, l’empatia è una delle componenti fondamentali dell’intelligenza emotiva, la capacità di riconoscere e di utilizzare in modo consapevole ed efficace le proprie emozioni… e quelle degli altri.4
Piccolo break: questo simpatico video animato collegato ad un TED della psicologa Brené Brown spiega molto bene cos’è l’empatia e come differisce dalla simpatia, che potrebbe sembrare più o meno la stessa cosa… ma non lo è per niente.
Capirai quindi il LOL: nel momento in cui diciamo che l’intelligenza emotiva è importantissima e che comprende la capacità di valutare ed esprimere emozioni, la capacità di regolarle e quella di utilizzarle… diventa palese che la maggior parte dei maschi è fottuta in partenza! L’unico rimedio possibile sta nel fatto che le emozioni vanno discusse, riconosciute e validate fin da piccoli.
E quindi, cosa possiamo fare con i nostri figli? Intendo con i maschi, perché molto spesso ai genitori di femmine questa cosa non è nemmeno da spiegare e viene messa in atto di default (per via di uno stereotipo di genere, ma vabbè, dettagli). Se vogliamo allevare un bambino empatico la prima cosa ovviamente è l’esempio. Dobbiamo essere empatici noi per primi e dobbiamo essere empatici soprattutto con il bambino. E se non siamo il tipo? Tranquillo, ci arriviamo. Quindi: riconoscere le emozioni dei bambini, validarle, parlarne, accettarle anche quando sono scomode (difficilissimo). Teoricamente questo dovrebbe bastare a “insegnare” l’empatia ai figli e a favorire in loro comportamenti di cura verso gli altri. Poi nella pratica sappiamo che non sempre è così: io per esempio coltivo empatia da 10 anni, ma mio figlio ha ancora qualche problema a capire quando una persona è triste o arrabbiata, perché secondo lui dovrebbero essere tutti felici sempre. Dettagli. L’importante è non crescere bambini in un ambiente violento o anaffettivo o in cui le emozioni vengono represse: quello è garanzia assoluta di tirar su un figlio incapace a comprendere le emozioni nel migliore dei casi, un bullo / un campione del patriarcato nel peggiore.
Essere empatici, questo non te l’ho ancora detto, richiede purtroppo una altissima dose di auto-consapevolezza. Questa auto-consapevolezza i bambini non ce l’hanno, e sta a noi genitori fargliela sviluppare, ma se non ce l’abbiamo neppure noi, come si fa? Eh. Non tutti ne abbiamo voglia, ma un lavoro su noi stessi va fatto, per forza. Come diceva la Montessori, spesso impropriamente sulla bocca di tutti, quando in una famiglia arriva un bambino è come se qualcuno ci dicesse “Guarda, c’è un’altra vita: vivi meglio!”.
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Riassumendo: 1) occorre lavorare sulla nostra empatia di genitori; 2) dobbiamo offrire costantemente esempi di relazioni empatiche; 3) dobbiamo relazionarci empaticamente con il bambino; 4) dobbiamo riconoscere e nominare le emozioni, soprattutto con i maschi.5 Spesso ai maschi viene insegnato di più il concetto di responsabilità, ossia “queste sono le conseguenze delle tue azioni”, se fai questo succede quest’altro. Ma tutte le emozioni che circondano questo e quest’altro? Emozioni che riguardano il bambino e le persone che gli stanno intorno? Quello no, pare troppo scomodo insegnarlo. E poi diciamocela tutta, non sarà un po’ da femmine?6
Quindi, non c’è scampo: se non siamo empatici con noi stessi, se non ci mettiamo in ascolto delle nostre emozioni uscendo dal circolo vizioso di ansie e rigidità mentali, non possiamo essere empatici coi bambini. In qualche modo glielo dobbiamo: provare ad essere persone migliori per far sviluppare meglio anche loro. Anche perché è praticamente impossibile mettersi in ascolto di un’altra persona se non siamo capaci di ascoltare nemmeno noi stessi. Io per primo mi lamento che mio figlio guarda solo youtuberdelcazzo™️ (ormai è un marchio registrato in casa nostra) invece di dialogare con noi, ma vedo bene quanto è contento se mi siedo vicino a lui a guardare e commentare le ultime imprese degli youtuberdelcazzo, magari discutendo su cosa ci sarebbe di tanto divertente o sul perché sembrano tutti avere esageratissime reazioni di sorpresa e/o paura per delle cose che a noi adulti risultano incomprensibili.
Anche e soprattutto perché l’attuale tecnologia favorisce la relazione tra pari mediata da Whatsapp, dai giochi on line collaborativi, quando sono un po’ più grandicelli magari dai social. E odio dirlo, perché sembro un boomer, ma senza avere l’altro fisicamente presente è un po’ difficile sviluppare relazioni empatiche.
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In conclusione: cosa faccio se sono un maschio adulto con livelli di empatia vicini o pari a zero? Certo, è un problema. Magari hai vissuto traumi o abusi, magari hai una condizione neurologica o psicologica che non favorisce il riconoscimento delle emozioni. O magari, più semplicemente, sei cresciuto senza particolari modelli positivi di comportamento empatico, e poi diciamoci la verità, non è che l’ambiente sociale in cui viviamo, tutto all’insegna della competitività e dell’individualismo favorisca lo sviluppo di un senso di connessione o di solidarietà con gli altri.
Puoi comunque allenare il “muscolo dell’empatia” affidandoti a un personal trainer (intendo unə psicologə, ovviamente) e facendo questi esercizi in casa:
allenati all’ascolto attivo (vuol dire che mentre l’altro parla non devi concentrarti sulla risposta che darai, soprattutto se è una risposta stupida)
non minimizzare o offrire soluzioni sommarie (lo so che lo fai, lo facciamo tutti, richiede un certo sforzo non farlo)
non offrire consigli non richiesti del tipo "fossi in te farei...", quello è praticamente mansplaining
piuttosto, fai delle domande e cerca di approfondire la situazione: questo fa sentire l’altra persona considerata e ascoltata
entra in contatto con le tue emozioni e sintonizzati su quella che prova anche l’altra persona (come fa l’orso con la volpe nel video più sopra)
metti da parte i tuoi bias cognitivi, stereotipi e pregiudizi: questo è un esercizio da fare in generale nella vita, che ti può rendere molto più libero e felice.
Aggiungo una cosa: come padri, secondo me è fondamentale mostrarsi vulnerabili. Lo so che si dice che il padre è la persona che non dovresti mai veder piangere. Ma io penso che non sia così. Mostrare i propri sentimenti non toglie nulla al genitore e al suo ruolo educativo. Anzi, semmai la vulnerabilità ci rende persone reali e non soltanto ruoli statici.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
San Girolamo e Santa Paola ti insegnano a lavar via il make-up con le lacrime (Francisco de Zurbaràn, circa 1640-1650)
Dal Guardian, una delle mie fonti preferite per questo tipo di cose, uno studio approfondito su come la misoginia del cristianesimo medievale influenzi tuttora il giudizio che diamo delle donne. Tutta roba risaputa, ma è interessante leggerla. Soprattutto se vi intriga la patristica cristiana tra il 2° e l’8° secolo.
su Fanpage scrive a proposito del dibattito tutto italiano sulla necessità di una legge a tutela dei figli delle coppie LGBTQIA+ (duh). Fortunatamente abbiamo una corte costituzionale che definisce “vergognosa e inspiegabile” la latitanza del legislatore su questo come su altri temi. Chissà se servirà a qualcosa.Dal New Yorker, un focus su Candida Royalle e il porno femminista. Nel contesto delle cosiddette “pornography wars” dell’inizio degli anni ‘80, la Royalle credeva che la soluzione non fosse bandire il porno ma realizzare un porno diverso. L’occasione è l’uscita di una biografia a quanto pare molto accurata, che traccia una linea dalle produzioni Femme al sex work del secondo millennio, tra OnlyFans e Pornhub.
Nuovo mandato di cattura per Andrew Tate e nuovo pezzo di Rivista Studio sulla manosphere italiana. Francesco Gerardi si concentra soprattutto sulla comunità incel italiana (circa 50.000 uomini) e su quanto Andrew Tate (tipico esempio di chad) sia per loro come il fumo negli occhi. Ci sono più nomi e cognomi di quanti ne abbia voluti fare io in una precedente uscita sul tema…7
Un tema chiave per le donne statunitensi, ma in generale per la politica americana: la Corte Suprema USA sta per pronunciarsi sull’aborto farmacologico - l’unica via ancora praticabile per la maggior parte delle donne americane dopo il ribaltamento di Roe vs. Wade. Il Post fa un buon riassunto della questione.
24 slide molto chiare dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani sui diritti di chi fa sex work, via
. Attenzione alla slide 16, che fa una distinzione molto chiara tra sex work e sex trafficking che ancora oggi chiara non è per molte persone…Tre domande a… Irene Antoniono
Irene, insieme a Sara e Vichi che hanno collaborato alle risposte di questa piccola chiacchierata, gestisce un negozio vicino a casa mia: Raggomitolando. Si tratta di un negozio di filati che - oltre ad essere un punto d’incontro nel quartiere e un paese delle meraviglie per chi ama lana e cotone di ogni colore8 - è anche un Punto Viola, ossia un “rifugio” sicuro per persone che abbiano subito violenza o tentativi di violenza in strada.
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Ciao, e grazie della vostra disponibilità! Quando avete aperto eravate già intenzionate a non creare solo un negozio di filati ma un punto di incontro nel quartiere?
Sì, assolutamente! Anzi: l'idea del luogo di incontro è nata prima dell'idea della vendita. Tutte e tre per strade diverse ci siamo appassionate al mondo dei ferri e dell'uncinetto e abbiamo sperimentato sulla nostra pelle tutti i benefici dei lavori con i fili per stare bene con se stessi e per creare legami tra le persone. Venendo dal sociale, sognavamo un posto in cui le persone potessero stare bene, incontrarsi e sferruzzare insieme, scambiarsi consigli tecnici e saperi antichi ma anche racconti ed esperienze di vita. A quel punto è arrivata l'idea: potevamo vendere gomitoli per sostenere economicamente il progetto! Detto fatto, nel 2021 abbiamo aperto Raggomitolando. Essendo appunto l'incontro il cuore del nostro progetto, da subito abbiamo iniziato a proporre corsi per principianti per imparare a lavorare ai ferri e a uncinetto o lezioni private per chi è già capace ma ha richieste specifiche, con prodotti il più possibile naturali e che avessero un'alta qualità in tutti i passaggi della filiera, dal trattamento degli animali in origine, al prodotto finito. Una volta al mese il negozio rimane aperto fino alle 21 per il nostro aperitivo sferruzzante gratuito, o meglio "Aperisferruzzo", che è sempre un momento conviviale e divertente! Essendo anche mamme ed ex educatrici di nido, abbiamo creato anche un angolo con una poltrona per allattare e alcuni semplici giochi per i bambini che passano in negozio.
Come è nata l’idea di aderire al progetto dei Punti Viola? In questo modo siete un “rifugio” per donne in situazione di pericolo nel quartiere: mi ha colpito il vostro mettervi in gioco anche nel contrasto alla violenza di genere.
Abitare nel "borgo" di San Salvario9 ha tanti vantaggi (agli svantaggi non ci pensiamo), tra cui quello di conoscersi tutti: proprio in questo modo spesso nascono collaborazioni e amicizie con altri commercianti. La nostra amica Myriam, che gestisce una storica cartolibreria nel quartiere, ci ha lanciato questa idea: diventare un Punto Viola. Rispetto a tanti progetti che affrontano lo stesso tema, ci ha colpito che l'Associazione DonnexStrada desse la giusta importanza alla formazione nei riguardi di questo tema molto delicato. Il progetto infatti prevede la selezione, la sensibilizzazione e la formazione, svolta da professionisti del team legale e psicologico dell’Associazione, delle persone che di fatto vivono e lavorano nel Punto Viola. Il loro obiettivo è quello di creare luoghi sicuri aperti al pubblico (in questo caso negozi) dove le persone che vi lavorano siano sensibilizzate e formate contro la violenza di genere. Un obiettivo che si comincia a realizzare proprio sul territorio, nel piccolo, con la costruzione di una rete di persone. La proposta casca a pennello per Raggomitolando, che di reti a oggi ne ha tessute in abbondanza sia con le clienti sia con le altre realtà del quartiere. Ovviamente speriamo anche noi di lanciare l’idea a qualche nostro vicino!10
Insomma, sotto l’insegna di un “normale” negozio di vicinato, nascondete un centro di lotta alla cultura patriarcale…
Guarda: la nostra piccola lotta al patriarcato consiste nel promuovere ed accogliere con particolare entusiasmo lo "sferruzzo maschile" e possiamo dire che, in questi tre anni di attività, abbiamo incontrato uomini, ragazzi e bambini desiderosi di imparare a lavorare ai ferri o all'uncinetto o pronti a partecipare ai nostri incontri condividendo le proprie conoscenze, così da creare cerchi di scambi e chiacchiere attorno al macro mondo dei fili. Infine, tutte noi siamo particolarmente attente ad incoraggiare anche all'interno del mondo maschile l'avvicinamento al lavoro a maglia-uncinetto o comunque sempre a sottolineare la questione che non è possibile o più possibile trattare questo interesse come prerogativa del "femminile", e così vediamo uomini accompagnatori di donne sferruzzatrici uscire dal negozio con una strana luce negli occhi...
Cosa mi gira in testa?
Stavolta la palma per il film che “non mi esce dalla testa” va ad All of Us Strangers, il mélo queer di Andrew Haigh con quei due attori irlandesi che fanno vacillare la mia eterosessualità. Potrebbe essere ancora in qualche sala: ti consiglio vivamente di vederlo perché esplora le dinamiche del desiderio, del lutto, del “potere dell’amore” da un punto di vista maschile… e poi si piange tantissimo. Ne ho parlato un po’ più diffusamente qui. Parlando di libri, è un po’ che non leggo un bel romanzo. Ho cominciato e finito in pochi giorni Demon Copperhead di Barbara Kingsolver e mi ha appassionato moltissimo. Voglio dire, è piaciuto anche a Stephen King, quindi chi sono io per contraddirlo? La storia e la narrazione sono assolutamente dickensiane, però l’ambientazione è moderna, sud degli Stati Uniti. È uno di quei libri che gli americani definiscono page-turner, ed è la storia di un bambino nella Virginia rurale degli anni ‘90 tra famiglie affidatarie e laboratori di meth, lutti personali e lavoro minorile.
Andrew Scott e Paul Mescal in All of Us Strangers - Photo by Parisa Taghizadeh © Searchlight Pictures
Dal punto di vista musicale, questo è stato un mese felice per rimettersi in pace con la musica italiana, dato che sono usciti i nuovi album di Cosmo (Sulle ali del cavallo bianco), Subsonica (Realtà aumentata) e La Crus (Proteggimi da ciò che voglio): ed era ora! Cosmo, in particolare, con cui condivido un’adolescenza eporediese11, ha rilasciato da qualche tempo anche un documentario molto interessante su Mubi: Antipop. Nel film emerge molto chiaramente l’attitudine di Marco Jacopo Bianchi (il suo vero nome) ad essere un “operaio” della musica, attento a fare bene il suo senza entrare più di tanto nelle logiche del mercato, che è uno dei motivi per cui lo apprezzo da sempre.
Siamo alla fine, come sempre ti ringrazio di aver letto fin qua (stavolta un vero tour de force). Sai, alcuni mi dicono che le mie mail le leggono a pezzi, un paragrafo al giorno. Io questa cosa la trovo bellissima. Stai bene e ancora buona Pasqua.
Buongiorno Pietro,
anche se non sono il tuo target (sono una donna che prova a seguire alcuni principi del femminismo intersezionale) mi sono iscritta alla tua newsletter.
In realtà quello che avrei voluto tantissimo era che lo facesse l'uomo che vive accanto a me, ma ovviamente questo non è successo.
Ho letto l'ultimo tuo intervento sull'intelligenza emotiva e devo dire che mi trovo d'accordo su molte cose.
Prima di tutto è proprio vero che l'empatia non è una caratteristica innata in noi, ma che va allenata. Io stessa che sono una mamma e ho condotto studi di psicologia, rileggendo i tuoi "esercizi" mi sono resa conto che non sempre li applico. Non voglio prendermi i sensi di colpa corrispondenti: la situazione di forte pressione e richieste che mi avvolgono, anzi mi stritolano, non mi rende capace di essere sempre serena e quindi di avere il tempo e le energie per stimolare il "muscolo empatico". Ma una cosa sto cercando di fare più di tutte: sospendere il giudizio. Mi piacerebbe che lo facessero anche molte altre persone intorno a me, anche perchè spesso mi sembra di essere l'unica e mi scoraggio.
Comunque penso una cosa: mai come oggi penso che essere un buon esempio per i nostri figli sia importante; lavorare su di noi è importante. Il rischio però è quello di cadere nella "performatività": devo essere perfetta/o per dare il buon esempio a mio/a figlio/a. Ricordiamoci, come ho detto ad un'altra mamma pochi giorni fa, che Winnicot ci ha salvato dal mito della perfezione, dicendo che basta una mamma (leggi oggi figura di riferimento: babbo, nonna/o, educatore/trice...) SUFFICIENTEMENTE buona. Raggiungere la sufficienza non ci spingerà a pretendere il massimo da noi e permetterà di non logorarci.
Nel mio piccolo credo che un primo passo molto importante che tutt* dovremmo fare, è riuscire a distinguere quello che possiamo cambiare, che parte quasi sempre da noi, e quello che da fuori ci impone certi comportamenti, e che quindi non possiamo cambiare da singoli, ma solo in un movimento collettivo. Secondo la mia opinione il primo passo da fare per gli uomini è quello di ascoltarsi e dire: ok, cos'è questa "cosa" che provo? E' mia! Ascoltiamola, parliamone....
Spesso infatti la prima cosa che fanno è trasferire la responsabilità su qualcun altr* e di solito è una donna.
Ovviamente queste considerazioni sono frutto di pura esperienza personale.
In ultimo ti volevo segnalare un gioco che mi hanno fatto scoprire i mie* figl*, per la precisione mio figlio più piccolo. Si tratta de "I colori delle emozioni. Il gioco da tavola", ispirato al libro di Anna Llenas. L'abbiamo trovato in biblioteca (che ha anche una sezione di giochi da tavolo). Sul tabellone ci si muove sui colori delle emozioni e quando si finisce su una casella si deve raccontare un episodio nel quale si è vissuta quell'emozione.
All'inizio non mi attirava il gioco, mi sembrava una situazione troppo finta e artificiosa per stimolare le emozioni. E invece ho constatato che i mie* figl* non avevano difficoltà a parlare di quello che li faceva gioire, soffrire, arrabbiare, impaurire; e mi è piaciuto, anzi ho avuto un paio di conferme e ne ho scoperto qualche altra. Lo consiglio a tutti, anche se penso che l'età consigliata sia bassa, 6-10 anni.
Mi piace molto la newsletter, ormai questo ti sarà chiaro.
Un saluto
E.F.
Sto tornando a Roma dopo le vacanze pasquali a Torino, città dove ho vissuto tantissimi anni! Conosco molto bene “Donnexstrada” e non conoscevo il negozio che descrivi, la prossima volta ci devo passare 🩵