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Buongiorno Pietro,

anche se non sono il tuo target (sono una donna che prova a seguire alcuni principi del femminismo intersezionale) mi sono iscritta alla tua newsletter.

In realtà quello che avrei voluto tantissimo era che lo facesse l'uomo che vive accanto a me, ma ovviamente questo non è successo.

Ho letto l'ultimo tuo intervento sull'intelligenza emotiva e devo dire che mi trovo d'accordo su molte cose.

Prima di tutto è proprio vero che l'empatia non è una caratteristica innata in noi, ma che va allenata. Io stessa che sono una mamma e ho condotto studi di psicologia, rileggendo i tuoi "esercizi" mi sono resa conto che non sempre li applico. Non voglio prendermi i sensi di colpa corrispondenti: la situazione di forte pressione e richieste che mi avvolgono, anzi mi stritolano, non mi rende capace di essere sempre serena e quindi di avere il tempo e le energie per stimolare il "muscolo empatico". Ma una cosa sto cercando di fare più di tutte: sospendere il giudizio. Mi piacerebbe che lo facessero anche molte altre persone intorno a me, anche perchè spesso mi sembra di essere l'unica e mi scoraggio.

Comunque penso una cosa: mai come oggi penso che essere un buon esempio per i nostri figli sia importante; lavorare su di noi è importante. Il rischio però è quello di cadere nella "performatività": devo essere perfetta/o per dare il buon esempio a mio/a figlio/a. Ricordiamoci, come ho detto ad un'altra mamma pochi giorni fa, che Winnicot ci ha salvato dal mito della perfezione, dicendo che basta una mamma (leggi oggi figura di riferimento: babbo, nonna/o, educatore/trice...) SUFFICIENTEMENTE buona. Raggiungere la sufficienza non ci spingerà a pretendere il massimo da noi e permetterà di non logorarci.

Nel mio piccolo credo che un primo passo molto importante che tutt* dovremmo fare, è riuscire a distinguere quello che possiamo cambiare, che parte quasi sempre da noi, e quello che da fuori ci impone certi comportamenti, e che quindi non possiamo cambiare da singoli, ma solo in un movimento collettivo. Secondo la mia opinione il primo passo da fare per gli uomini è quello di ascoltarsi e dire: ok, cos'è questa "cosa" che provo? E' mia! Ascoltiamola, parliamone....

Spesso infatti la prima cosa che fanno è trasferire la responsabilità su qualcun altr* e di solito è una donna.

Ovviamente queste considerazioni sono frutto di pura esperienza personale.

In ultimo ti volevo segnalare un gioco che mi hanno fatto scoprire i mie* figl*, per la precisione mio figlio più piccolo. Si tratta de "I colori delle emozioni. Il gioco da tavola", ispirato al libro di Anna Llenas. L'abbiamo trovato in biblioteca (che ha anche una sezione di giochi da tavolo). Sul tabellone ci si muove sui colori delle emozioni e quando si finisce su una casella si deve raccontare un episodio nel quale si è vissuta quell'emozione.

All'inizio non mi attirava il gioco, mi sembrava una situazione troppo finta e artificiosa per stimolare le emozioni. E invece ho constatato che i mie* figl* non avevano difficoltà a parlare di quello che li faceva gioire, soffrire, arrabbiare, impaurire; e mi è piaciuto, anzi ho avuto un paio di conferme e ne ho scoperto qualche altra. Lo consiglio a tutti, anche se penso che l'età consigliata sia bassa, 6-10 anni.

Mi piace molto la newsletter, ormai questo ti sarà chiaro.

Un saluto

E.F.

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Avatar di Serena Blasi

Sto tornando a Roma dopo le vacanze pasquali a Torino, città dove ho vissuto tantissimi anni! Conosco molto bene “Donnexstrada” e non conoscevo il negozio che descrivi, la prossima volta ci devo passare 🩵

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