I giovani d'oggi son tutti transgender
O comunque tutti queer ma per imitazione, perché si sa che la varianza di genere è una malattia infettiva contagiosissima.
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Ciao, e grazie di aver aperto anche questo nuovo numero di Patrilineare, la newsletter con la quale cerco di fare breccia nel tuo cuore indurito da maschio etero e cisgender (se non sei maschio etero o cisgender non importa, do per scontato che un posticino nel tuo cuore per me c’è comunque - o almeno nella tua casella email). Hai mai notato che sta prendendo piede questa narrazione un po’ ambigua1 secondo la quale “i giovani d’oggi” sono tutti transgender e - aggiungerei - transgender “per imitazione”? Solo nel 2024 a me è capitato di sentirlo almeno 4 o 5 volte, da interlocutori a volte insospettabili (cioè, non tutti ultracinquantenni come me). E se non sono tutti trans sono comunque tutti “fluidi” o tutti “non binary”: metto le virgolette solo per sottolineare il tono virgolettato delle persone che ti dicono queste cose durante una normale conversazione.
Questa cosa dell’esperienza trans “per imitazione” - ma io userei anche, sempre tra virgolette, l’espressione “per contagio”, perché mi sembra più adatta alla visione nemmeno troppo nascostamente transfobica di chi lo dice - deriva dall’osservazione di due fatti. Il primo fatto: rispetto a dieci, quindici anni fa si parla molto di più di identità di genere, c’è una maggiore disponibilità di informazioni non distorte e soprattutto c’è una cultura (anche “pop”) che ha dato negli anni sempre maggiore visibilità alle persone trans. E questa probabilmente è già una cosa che sta sul culo a moltissimi italiani.
Dell’opportunità della rappresentazione abbiamo già parlato molte volte, ma ti metto qui sotto una vecchia uscita dedicata proprio a questo tema, così magari butti un occhio e poi ritorni qua con maggiore cognizione di causa (se no vai avanti senza cliccare che va bene uguale).
Non puoi essere quello che non vedi
Barney e Logs in Dead End: Paranormal Park, © NBC Universal / Netflix
Sì, è proprio così: anche nei cartoni animati adesso ci sono le persone trans o non binary. Questo vuol dire che i bambini che guardano quei cartoni diventeranno transgender? O gay? Che poi magari non hai ancora capito proprio bene bene la differenza? Ovviamente no, ti pare. Se vai a uno spettacolo di drag, diventi tu stesso drag? Se vedi un film o una serie tv con persone trans, diventi tu stesso trans? No, giustamente. Ah, ma c’è il secondo fatto: sempre negli ultimi dieci o quindici anni è aumentato nettamente il numero di bambini e adolescenti con varianza di genere che sono stati presi in carico da un centro affiliato all’ONIG - si tratta di numeri in assoluto esigui, ma comunque in crescita: 251 tra il 2005 e il 2018, di cui per esempio 7 nel 2010, 31 nel 2015, 48 nel 2016, 64 nel 2017, 77 nel 2018. Dal 2018 ad oggi sembra che in Italia abbiamo smesso di raccogliere questi dati. Ovviamente dobbiamo anche pensare che queste sono le famiglie che si sono rivolte a un centro ONIG (l’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere), ma ci può essere anche un maggior numero di casi in cui le famiglie non si sono rivolte all’ONIG perché temono il giudizio sociale o perché non hanno informazioni adeguate sui centri cui rivolgersi o più semplicemente perché l’incongruenza tra identità di genere e sesso biologico nel minore non crea sofferenza.
Però ad alcuni fa comodo dire “eh, in 8 anni i casi sono aumentati di dieci volte tanto”, facendo due più due con “si vedono troppi trans in TV”, con quel piglio che mi fa sempre venire in mente la scena - ormai meme - dei Simpson in cui la moglie del reverendo Lovejoy strilla “Ma perché, perché nessuno pensa ai bambini?”.2Ai bambini ci si pensa, ovviamente, e nonostante alcuni ritengano o abbiano il timore che si facciano diagnosi un po’ alla leggera o si somministrino trattamenti senza attente valutazioni, le cose non vanno proprio così. Non ti devi immaginare, insomma, che i ragazzi e le loro famiglie si rivolgano a questi centri “per cambiare sesso” o per fare operazioni chirurgiche (quella semmai è una cosa che la persona può decidere di fare una volta maggiorenne).
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Intanto conviene fare una bella differenza tra la varianza di genere e la disforia di genere. La varianza è una condizione abbastanza diffusa e normale per cui un bambino o un’adolescente (o anche un adulto, aggiungerei) si comporta o si presenta in modi tradizionalmente associati allo stereotipo del genere opposto. Di per sé non rappresenta un problema, sicuramente non è una patologia e tantomeno ha bisogno di essere “corretta”: l’unico problema della varianza (che spesso può essere una questione più di espressione di genere che non di identità di genere)3 è che nella società patriarcale viene tradizionalmente stigmatizzata e dà origine ai ben noti fenomeni di bullismo, mobbing etc. La varianza di genere è sempre esistita in tutte le società e le culture e non è che sia più frequente oggi perché se ne parla di più.
Ma non tutti ə ragazzə che oggi si sentono “fluidi” e non hanno intenzione di riconoscersi nel binarismo di genere sono anche persone che soffrono di disforia di genere. La disforia è un disturbo della salute sessuale che causa una sofferenza che può compromettere la qualità della vita. La disforia viene diagnosticata a seguito di un percorso psicologico ed è una condizione che - se trascurata - può anche causare depressione, disturbi d’ansia, pensieri suicidi. Proprio perché la disforia a volte si manifesta già nel periodo della pubertà in cui il corpo comincia a cambiare, vengono prescritti i cosiddetti “bloccanti della pubertà” (bloccanti ipotalamici prescritti da un endocrinologo). Si tratta comunque di un trattamento che “mette in pausa” lo sviluppo e che può essere completamente reversibile - una volta che si smette, la pubertà fa comunque il suo corso. Questi farmaci fino al 2018 li pagavi cari, poi sono stati presi in carico dal Servizio Sanitario Nazionale: la qual cosa ovviamente ha tutto di positivo, se non fosse che per farteli prescrivere devi farti diagnosticare una disforia di genere, che non è una cosa proprio così diffusa - puoi benissimo essere transgender senza disforia. Quindi vedi bene che non si danno farmaci a pioggia a ragazzi e ragazze non appena li chiedono (e mi permetto di dire che se li chiedono, comunque, un motivo serio ci sarà).
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In conclusione, il punto è come sempre l’autodeterminazione della persona: anche di un adolescente, che va creduto nel momento in cui ha il coraggio di esprimere un suo disagio a livello di genere. Abbiamo visto insieme recentemente proprio su Patrilineare che sta prendendo piede un modo di gestire nella quotidianità anche una semplice varianza di genere, senza fare troppo clamore: la carriera scolastica alias, da attivare anche senza certificato medico.4 Se ti senti genericamente a disagio per la piega che sta prendendo la società e pensi che tutte queste siano “follie woke” (cit.), ti suggerisco semplicemente di parlare con dei genitori di bambini o adolescenti con varianza di genere. Li trovi se cerchi nelle associazioni GenderLens o Agedo: impari molte più cose da loro che non da me, che per forza di cose ho semplificato un po’ tutto.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
Il prof. Antonio Vercellone dell’Università di Torino, santino del giorno di Patrilineare
Davvero insultare la gente on line è diventata una pratica da normalizzare? Gianluca Nicoletti su La Stampa commenta la richiesta di archiviazione per il caso di Cristina Seymandi.
"La guerra punica è importante, ma capire che nel sesso l'altro non è solo un oggetto lo è altrettanto": la lettera di Luciana Littizzetto al ministro Valditara.
I brand e la rappresentazione maschile: un bel pezzo di Chiara Bertoletti su Mark Up, da comunicatore totalmente condivisibile.
Chiara Scarfò su Geopolitica.info analizza la storia di Ahoo Daryaei e dell’uso del corpo come strumento di resistenza (ma anche delle contraddizioni che questo gesto si può portare dietro nel contesto di un femminismo occidentale che guarda alle culture differenti con un occhio “viziato” dalle proprie lotte).
Alessandra Pellegrini De Luca su Il Post prova a sistematizzare tutto quello che dovremmo sapere sulla GPA in 10 questioni etiche e pratiche. Da stampare e appendere al muro.
Dobbiamo veramente essere sempre incazzati e aggressivi? Anna-Lena Schlitt su Internazionale pensa di no. L’empatia si può imparare - o allenare - anche da adulti!
Sempre da Il Post, una storia di angoscia e di speranza: dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin le operatrici del 1522 - il numero gratuito per le donne vittima di violenza e stalking - si sono trovate a lavorare molto più del solito…
E se gli stupratori fossero più tutelati delle vittime? Non è distopia, succede in diversi paesi africani, come racconta la redazione di Nigrizia.
Cultura pop, anzi, nazionalpopolare (ché la Clerici ci unisce tuttə quantə): Gabriel, figlio di una coppia omogenitoriale, va in finale a The Voice Kids. Per me la rivincita delle famiglie arcobaleno passa anche da queste cose.
Un esperimento interessante al comune di Roma: una IA spulcerà tutti i documenti comunali per scovare espressioni stereotipiche ed esempi di linguaggio non inclusivo. Vedremo come andrà a finire!
IoDonna intervista Claudia Segre - presidente di Global Thinking Foundation - sul tema della violenza economica.
Le parole d’odio lasciano i segni: proprio a livello di sviluppo neurologico. Lo spiegano una sociolinguista e una neurologa dell’università di Tor Vergata in questo articolo (c’è anche il video del loro evento).
Il femminismo radicale coreano - tornato alla ribalta in questi giorni dopo il maldestro tentativo di colpo di stato del presidente Yoon Suk Yeol - sta prendendo piede anche negli Stati Uniti, secondo Matilda Ferraris su Domani.
Il prof. Antonio Vercellone è l’eroe del mese di Patrilineare: egli ha deciso di aprire un corso di Teoria Queer all’Università di Torino. Per approfondire, abbiamo anche l’intervista che gli ha fatto Pasquale Quaranta, il diversity editor di La Stampa.
Se per caso non l’avessi ancora colta, su Fanpage mette giù a chiare lettere la grande lezione di Gino Cecchettin, all’indomani della sentenza di ergastolo per Filippo Turetta: abbiamo perso tutti.
Un lungo editoriale del New Yorker ci spiega come stanno le cose per la contraccezione in USA: in un momento in cui dopo 20 anni di sforzi la pillola è disponibile per tutte senza prescrizione medica, c’è un’ondata di disinformazione mirata verso la contraccezione in generale, descritta come il “cavallo di troia” per l’aborto. La follia, insomma.
Questo reportage di Valentina Pigmei su Internazionale spiega molto bene il pantano giuridico in cui si muovono gli aspiranti genitori che pensano all’adozione in Italia.
Dal 3 dicembre, in Norvegia il diritto all’aborto è esteso fino a 18 settimane. Intanto in Spagna, Sanchez pensa di inserire aborto, matrimonio egualitario e salario minimo in costituzione. E noi stiamo a guardare.
Ludovica Billi ha scritto questo pezzo molto interessante su Valore D a proposito delle barriere invisibili nei confronti di certe disabilità. Si parla in particolare della Lingua Italiana dei Segni.
La notizia kawaii della settimana: esce un set Lego dedicato alle disabilità nascoste (neurodivergenze, disturbi dello spettro autistico, cardiopatie, sclerosi multipla, sordità, per fare alcuni esempi). Qui c’è anche il reel dell’associazione Hidden Disabilities Sunflower.
La sex/ed che vorrei
Ultimo episodio della nostra cavalcata di educazione sessuale: stavolta parliamo del sesso femminile, di contraccezione e malattie sessualmente trasmissibili (eh, oh, praticamente l’unica cosa di cui si parla in educazione sessuale tradizionale, l’ho lasciata per ultima).
Ep. 11 - Le femmine, le api e i fiori
Per un adolescente maschio, le femmine sono un mistero. È sempre stato così e probabilmente sarà così ancora per molto tempo. Eppure non sarebbe così difficile documentarsi. Basta chiedere. E non sto parlando di nozioni da corso di educazione sessuale: sto parlando proprio di come le femmine vivono le emozioni, le relazioni, di come si pongono di fronte al sessismo, al conformismo, all’amicizia, all’amore, al piacere, al sesso, alla pornografia, all’identità di genere, e via dicendo.
L’ho già detto e lo ripeto: non c’è nulla di male a chiedere, il confronto onesto e il dialogo con gli amici, con i partner, con chiunque susciti in te interesse è la base della reciproca comprensione e accettazione. Se tutti ascoltassimo di più invece di voler solo parlare più forte degli altri, il mondo sarebbe un posto migliore e anche noi maschi vivremmo molto più serenamente. Detto ciò, è ovvio che non puoi approcciare la prima ragazza che incroci e chiederle a bruciapelo qualcosa sulla sua clitoride. Sarebbe quantomeno una molestia, no?
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In realtà, orientarsi tra le gambe di una donna non è molto più difficile di quanto non lo sia farlo tra le gambe di un uomo. Basta fare attenzione a quello che si studia sui libri di scienze, e il resto viene con l’esperienza e il dialogo. Da bambini ci si accontenta di sapere che c’è chi ha il pisellino e chi ha la patatina. Intorno agli 11-12 anni, il “mistero della patatina” per molti diventa un’ossessione, solitamente placata dalla pornografia (che - a una certa età - può anche essere traumatizzante invece che eccitante).
Impariamo dunque che l’organo sessuale femminile - la vagina, altrimenti nota come “fica” e - in varianti regionali più o meno volgari - “mona”, “fessa”, “fregna”, “sticchio”, “gnocca”, “sorca”, “topa”, “passera” - non è un blocco unico buttato lì tra le cosce ma che, esattamente come il nostro pene, è un organo complesso e soprattutto diverso da persona a persona. Intanto la parte esterna si chiama più precisamente vulva: alla vagina ci arriviamo dopo. La vulva è, diciamo così, la parte visibile dell’organo genitale femminile. È composta dal monte di Venere (un modo grazioso per chiamare il pube femminile), dalle grandi labbra, dalle piccole labbra e dal clitoride. Le grandi labbra sono la parte più esterna della vulva e - in modo simile alle labbra della bocca - possono aprirsi o chiudersi rivelando le piccole labbra, la clitoride e l’ingresso della vagina.
Le piccole labbra sono nascoste dalle grandi labbra e sono - appunto - più piccole, prive di peli, di aspetto molto diverso a seconda della persona. Non se ne trovano di perfettamente uguali, proprio come nei maschi il pene è sempre diverso da una persona all’altra. Alla congiunzione superiore delle piccole labbra si trova la clitoride, che in sé e per sé è una sorta di piccolo pene: ha un glande, un prepuzio e ha i suoi corpi cavernosi. Si tratta dell’organo più ricco di terminazioni nervose e che se stimolato provoca le sensazioni più intense.5
Protetto dalla parte interna delle grandi labbra sta l’ingresso della vagina propriamente detta, che è il canale che mette i genitali femminili esterni in comunicazione con quelli interni (la cervice, l’utero, le ovaie). La vagina - che normalmente è un canale a “pareti chiuse” rivestito da diverse pieghe, molto innervato e vascolarizzato - si può dilatare per accogliere il pene durante i rapporti sessuali; in caso di fecondazione accoglie lo sperma facendolo passare dalla cervice all’utero e ovviamente in caso di parto funziona come canale attraverso il quale passa il nascituro. D’accordo, lo so. Ti ho tolto ogni poesia riguardo alla parte del corpo maggiormente sognata e immaginata dal genere maschile. Ho usato parole come “vascolarizzato” e “cervice” e ti sembra di essere su un libro di scuola. Però queste sono le basi.
Molti maschi trovano strana o inquietante l’anatomia femminile. Non è che la nostra anatomia sia poi meno strana, buffa o minacciosa. È solo che noi al nostro pisello ci siamo abituati fin da piccoli. Troppi maschi, poi, provano disgusto pensando all’organo genitale femminile e ad un fenomeno ad esso legato: le mestruazioni. Ma se il sentimento prevalente è quello del disgusto, o della risatina imbarazzata e del cringe, il problema è semplicemente che non si è mai parlato abbastanza del corpo femminile. Ma parlato veramente, non solo in senso goliardico. Il disgusto per il femminile è tipico di una società in cui “di certe cose non si parla”, e che vede la vagina soltanto come un canale da penetrare per soddisfare un desiderio maschile. Invece, esattamente come è fondamentale conoscere il tuo corpo, è altrettanto importante conoscere quello femminile. Si parte da questo e si arriva a comprendere un mondo di emozioni e desideri speculare al nostro.
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Le mestruazioni, dicevamo. Come forse già sai se sei stato attento in classe, si tratta di una periodica perdita di sangue dalla vagina, che avviene all’incirca ogni 28 giorni e rappresenta una “prova di fertilità”. Cioè, una donna che ha le mestruazioni (dal latino menstrum, “una volta al mese”) può avere un figlio. Tipicamente il primo ciclo mestruale - il menarca - arriva nelle ragazze in un periodo che può spaziare dai 10 ai 16 anni. Cosa succede esattamente? Non è nulla di trascendentale: se non c’è stato un rapporto sessuale, una fecondazione e quindi un inizio di gravidanza, lo strato superficiale dell’endometrio, un tessuto molto irrorato di sangue che riveste l’utero, si sfalda e fuoriesce dalla vagina. Viene eliminato perché non c’è bisogno di un “ambiente favorevole” a un embrione che deve crescere. Ecco perché una ragazza attiva sessualmente fa affidamento sul fatto di non avere ritardi nel suo ciclo mestruale per sapere di non essere incinta. Un ritardo nel ciclo potrebbe essere un indizio di gravidanza.
Le mestruazioni si portano dietro dalla notte dei tempi un non so che di sporco, misterioso o peccaminoso. Forse perché, nella Bibbia, Eva viene “maledetta” dal ciclo mestruale e dal “partorirai con dolore” perché ha commesso il peccato originale, trascinando con sé nel fango anche il povero, irretito Adamo. (Tra l’altro mi viene sempre da pensare, ma come avrebbero fatto Adamo ed Eva a riprodursi, prima)? Ma non sottilizziamo. Il punto è che le mestruazioni non devono essere un tabù. Certo, esce del sangue, sono necessari assorbenti o tamponi, il tutto si porta dietro spesso dolori o stanchezza e irritabilità. Ma è semplicemente una condizione fisiologica che non può e non deve suscitare né disgusto, né agitazione o chissà cosa. Peraltro, ti dico un segreto. Non c’è niente di male a fare sesso durante il ciclo, non esiste un problema di infezione: basta lavarsi prima e dopo. Si riduce anche il rischio di gravidanze indesiderate. L’importante è che entrambi i partner lo desiderino (il consenso, ricordi?) e che ci si fermi se c’è del disagio, sia maschile che femminile: nessuno è obbligato a fare niente che non voglia.
Fare sesso, in generale, comporta dei rischi. Te l’ho già accennato quando parlavo di sesso e comunicazione, ma sento che devo approfondire un po’ la questione qui. Ti presento una serie di virus, parassiti, funghi e batteri che sono un po’ come gli alieni cattivi di una serie animata (al microscopio ne hanno anche l’aspetto). Tra i virus abbiamo l’HPV, l’HSV e l’HIV. L’HPV è il virus del papilloma umano, contro il quale fortunatamente dovresti essere vaccinato, anche perché può arrivare a causare dei tumori mortali. L’HSV è il comune virus dell’Herpes: probabilmente lo conosci per aver già sperimentato il classico herpes labiale. Si piazza su un angolo della bocca e non se ne va più, bisogna usare un sacco di creme e capita che ritorni. Ecco, immaginatelo su una parte del corpo delicata come il glande o le piccole labbra. Evitiamolo, per favore. L’HIV è il virus che causa l’AIDS, la sindrome da immunodeficienza acquisita. Questa non è una malattia “solo” sessuale, la si contrae anche in altri modi, e pur non essendo mortale come quando ero adolescente io, è ancora pericolosa.
I parassiti: simpaticissimi! Abbiamo le piattole, altrimenti dette “pidocchi del pube” (e non devo aggiungere altro), il protozoo Trychomonas e la scabbia, causata da un acaro che si inserisce sottopelle e predilige le parti basse. Vorrei dire che già solo per questi inquietanti soggetti val la pena lavarsi più volte al giorno, non credi? Nel regno dei funghi abbiamo la Candida, un fungo che può causare infezioni molto dolorose dentro la bocca o sugli organi genitali (macchie bianche, piaghe rosse, bruciore intenso). Infine, le malattie causate dai batteri: la gonorrea, la sifilide, la clamidia, le uretriti. Nomi apocalittici che ci fanno pensare a cause di morte ottocentesche, ma che sono sempre lì in agguato, ogni volta che pratichiamo sesso orale, sesso vaginale, sesso anale. Ora, tu mi dirai che voglio solo spaventarti allo scopo di farti passare ogni desiderio di fare sesso. Nulla di più sbagliato. Esiste un modo che ogni maschio sul pianeta terra ha alla sua portata per evitare tutti i funghi, i batteri, i parassiti e i virus di questo mondo: il preservativo. Lo stesso preservativo che è uno dei vari metodi contraccettivi che si possono usare per evitare di incappare nel problema di una gravidanza indesiderata.
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La contraccezione (dall’inglese contraceptive, parola composta da “contra” e “conception”, contro il concepimento) ha origini che si perdono nella notte dei tempi. Senza usare un metodo contraccettivo di qualche tipo, ogni volta che si ha un rapporto eterosessuale in linea teorica si può dare inizio a una gravidanza. Il coito interrotto, ossia uscire tempestivamente dalla vagina un attimo prima di eiaculare, è uno dei metodi più diffusi (c’era già nella Bibbia, per dire) ma è talmente inefficace che non merita nemmeno di essere citato in un discorso sulla contraccezione. Sai già, per esempio, che esiste una cosa chiamata liquido pre-seminale che molte volte è sufficiente a causare una gravidanza in una partner sessuale. E arriva già molto prima dell’eiaculazione.
Senza addentrarci troppo nel tecnico, abbiamo metodi di contraccezione femminili (cioè usati tipicamente dalle femmine) e maschili (usati dai maschi). Mentre dal punto di vista femminile esistono il diaframma, la spirale, il preservativo femminile, la spugna con spermicida, il cerotto transdermico, diverse varietà di pillole anticoncezionali e la pillola del giorno dopo, dal punto di vista maschile abbiamo solo il preservativo. O la vasectomia (che mi sembra un’opzione un po’ drastica). O il coito interrotto (che è una non-opzione). Quindi, solo il preservativo. Ma il preservativo, lo abbiamo visto, è anche la principale barriera contro le malattie trasmissibili sessualmente. Ne consegue che nella concezione popolare, la responsabilità della contraccezione o comunque del controllo delle nascite è sulle spalle della donna, mentre all’uomo resta la responsabilità di non contagiare e non farsi contagiare dalle malattie. Che poi, alla fine, il vero maschio è più forte di ogni malattia, no?
La mia ultima frase era ovviamente una provocazione: purtroppo sono ancora troppo pochi, specialmente tra gli adolescenti, i maschi che usano il preservativo. O che lo usano bene, seguendo le istruzioni. Voglio dire, oggi come oggi esistono anche i tutorial su YouTube a proposito di come indossare correttamente un preservativo (spoiler: srotolandolo delicatamente tutto fino alla base del pene, senza usare le unghie o strattonarlo male e schiacciando la punta dove di solito rimane un po’ d’aria). La maggior parte dei maschi che non usano il preservativo lo fanno per motivi tipo “non ho pazienza di metterlo” (fallo mettere alla/al partner, è più divertente), “puzza di lattice”, “provo meno piacere perché diminuisce la mia sensibilità” o simili. Ora, a parte che esistono diversi tipi di preservativo per ogni evenienza e gusto, ti svelo un altro segreto. Se anche diminuisci di un tantino la sensibilità del pene, potresti avere la piacevole sorpresa di durare più dei canonici 45 secondi, e di scoprire che il sesso può andare oltre una rapida eiaculazione. Ed ecco che di colpo il preservativo può diventare il tuo migliore amico.
A parte tutto, comunque, il preservativo protegge anche te dalle malattie. Se poi è abbinato anche ad un metodo di contraccezione femminile, c’è maggior sicurezza di non diventare genitori adolescenti. Dal 2010, poi, stanno sperimentando anche una pillola anticoncezionale per il maschio (che - con una fantasia purtroppo degna della società in cui viviamo - hanno chiamato “il pillolo”): si tratta di un metodo contraccettivo ormonale che in breve funziona eliminando gli spermatozoi nel liquido seminale. Ci vogliono tre mesi perché entri in funzione con sicurezza e se poi si vuole avere un figlio basta interrompere la somministrazione e dopo altri tre mesi si è di nuovo in grado di fecondare una partner. Il problema - indovina un po’? - è che avrebbe dovuto essere in commercio ormai da anni e invece… non si è più saputo nulla, probabilmente perché la resistenza della società all’idea che un maschio possa essere responsabile in prima persona della pianificazione delle nascite è troppo forte.6
Di certo sarebbe un notevole salto in avanti in tema di contraccezione: non eliminerebbe la necessità del preservativo per proteggersi dalle STD, a meno che tu non sia in una relazione stabile e monogama, dove si è ragionevolmente sicuri di non collezionare batteri, funghi e parassiti in giro. Ma di certo porterebbe un maggiore equilibrio nella coppia per quanto riguarda il controllo delle nascite, oggi lasciato quasi completamente sulle spalle della donna. E alla fine volevo arrivare proprio qui: nel rapporto tra il maschio e la femmina quello che serve non è “essere uguali”. Mi pare ovvio che tra generi diversi ci siano notevoli differenze. Quello che serve è porsi in una condizione di parità. Pari opportunità, pari responsabilità, pari diritti, pari doveri, nel sesso esattamente come in tutto il resto.
Cosa mi gira in testa?
In questi giorni ho avuto la fortuna di ritagliarmi degli spazi per andare in sala a vedere due film cui tenevo particolarmente. Il primo è ovviamente Wicked (da un broadway geek come me non potevi aspettarti altro). Sono rimasto a bocca aperta anche perché… non avevo capito che queste quasi tre ore di film sono solo il primo atto! Per capirci, il musical a teatro dura tre ore in tutto, intervallo compreso. E insomma, Wicked è tanta roba - ne ho scritto qui, come sempre. Totalmente diversa l’esperienza di Vermiglio, il film che rappresenta l’Italia agli Oscar 2025, che ho visto in sala a una matinée (non mi capitava di andare al cinema di mattina in periodo non festivaliero da almeno 30 anni, ma ho approfittato di un giorno estemporaneo di ferie). Vermiglio è un film magnetico, semplice e diretto eppure stratificato, che vorrei rivedere almeno altre due volte per assorbirlo bene. Di Vermiglio scrivo qui (già sai che il mio approccio alla critica cinematografica è un filo eretico, eh).
Tutti a cantare Defying Gravity insieme, dai! © Universal Pictures
Invece una cosa che definirei guilty pleasure e che ho scoperto da poco è Pietro Mio, un artista “a tutto tondo” milanese trapiantato a Bologna che fa questa roba qua (non picchiarmi, per me è meraviglioso)!
Confido di essere andato lunghissimo anche stavolta (ma sono gli ultimi fuochi) e ti saluto qui. Appuntamento a pochi giorni prima di Natale per salutarci in attesa del nuovo anno che - se ascoltiamo gli ineffabili color experts di Pantone - sarà, come dire… un po’ merdosetto.
Nell’ordine, come sempre, grazie se mi lasci apprezzamenti o commenti, di più ancora se diffondi Patrilineare spammandolo ai tuoi conoscenti che pensano che c’è troppa frociaggine nella società italiana odierna, ma soprattutto grazie se mi lasci due euro (o anche qualcosa in più, non mettiamo limiti alla gentilezza degli sconosciuti) cliccando qui sopra la GIF di Ko-fi. Alla prossima!
Su uso del preservativo, vasectomia e responsabilità maschile sulle gravidanze consiglio il bel saggio di Gabrielle Blair "Eiaculate responsabilmente".