Un frizzo, un lazzo, un gesto istrionico: performance di genere e controllo sociale
Ti ha mai beccato la polizia del gender? O sei tu stesso un poliziotto del gender? E quanto sei bravo a recitare il tuo ruolo? Scopriamolo insieme qui sotto.
Elaborazione dell’autore sulla copertina di Gender Police: A Diary
Come stai? Hai passato bene le feste? Sei consapevole che sta arrivando il “blue monday” (no, non era l’8 gennaio)? Io sono abbastanza carico, nonostante i proverbiali giorni di ferie passati a smazzare incombenze e a stare malato invece di viaggiare. Mi rifarò con le “vacanze di carnevale” (chi ha figli, sa). Oggi ho pensato di parlarti di quella che i paesi anglosassoni chiamano la Gender Police, cioè la “polizia del genere".
La polizia del genere comincia la sua attività già dal momento in cui un essere umano nasce. Anzi, a dire il vero la polizia di genere rompe già i coglioni quando la gravidanza è ancora in corso1. La cosa principale che la gente vuole sapere di un bambino appena nato o che deve nascere è se si tratta di un maschietto o di una femminuccia: da qui ha origine il fiorente mercato degli accessori coordinati nei colori azzurro e rosa per farlo capire, per renderlo chiaro e manifesto.
Chi, da genitore, entra nel loop della polizia di genere, di norma si accorge molto preso di quanto anche i giocattoli acquistabili siano quasi sempre divisi in categorie “da maschio” o “da femmina”. A questo proposito io sono sempre stato molto d’accordo con un famoso diagramma sui giocattoli che in sostanza rifiuta questa dicotomia dicendo “Lo usi con i tuoi organi genitali? Se sì allora non è un giocattolo per bambini; se no è un giocattolo che va bene per tuttə ə bambinə”.
Tra le scuole elementari e le medie, la polizia del genere stabilisce che sport o attività fisica devi fare, come ti devi vestire, cosa devi “dimostrare”. Se sei un maschio devi praticare sport di squadra o arti marziali,2 se sei una femmina devi fare danza o ginnastica artistica. Devi insomma ribadire costantemente che tu “sei maschio” o “sei femmina”. Il genere è una performance reiterata, ma il genere è anche performativo nella misura in cui la performance ripetuta ogni giorno contribuisce a formare nel soggetto una identità di genere conforme al sesso biologico.3 Noi siamo abituati a considerare, ad esempio, il drag come una performance di genere, peraltro portata ad un eccesso stilizzato. Ma nella vita quotidiana tutti quanti recitiamo - performiamo - chi meglio e chi peggio un ruolo di genere.
In particolare, per i maschi è prevista e auspicata una continua dimostrazione di virilità e di assenza di caratteristiche femminili. Quando sei adolescente fai il tuo vero debutto nella società dei pari, cominci a fare gruppo: questo è il momento in cui la tua performance di genere, se ben “recitata”, determina se sei popolare o sfigato, strano, fuori posto. E questo giudizio costante continua anche in età adulta, ad esempio con la scelta di lavoro o dello stile di vita personale e relazionale.
La polizia del genere, quindi, a ben vedere ha a che fare soprattutto con prescrizioni e/o limitazioni sull’espressione di genere! In altre uscite di Patrilineare ho parlato molto di identità di genere, un po’ anche di preferenze sessuali, ma non ho ancora parlato - lo farò di sicuro più avanti - di orientamento sessuale e romantico, o di comportamenti sessuali (monogamia, poliamore, astinenza).
In particolare non ho mai parlato di espressione di genere, che è una cosa molto diversa da quelle citate. L’espressione di genere ha a che fare con il modo in cui preferiamo mostrarci al mondo esterno, con le categorie di mascolinità, femminilità o androginia e anche questa caratteristica, proprio come tutte le altre, è rappresentabile con uno spettro. Si posiziona in punti diversi di questo spettro chiunque utilizzi abbigliamento, accessori o caratteristiche estetiche considerate come attribuibili al genere opposto.
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L’espressione di genere può accordarsi con l’identità di genere, ma anche no. L’espressione di genere è indipendente da tutto il resto (soprattutto è indipendente dall’orientamento sessuale)4 ed è in un certo senso il cuore della performatività del genere teorizzata da Butler. L’espressione considerata conforme per i maschi è la virilità, quella non conforme l’effemminatezza, o - in un punto meno estremo dello spettro - l’androginia. Le femmine sono non conformi quando sono “maschiacci”.5
Io, per esempio, da giovane esprimevo il mio genere in modo non conforme: ero androgino, mi truccavo, ero cresciuto con Annie Lennox, David Sylvian, Robert Smith. Adolescevo nel trionfo dell’estetica “new romantic”. E ovviamente venivo bullizzato per questo. Oggi sono un maschio adulto a proprio agio con manifestazioni sia di mascolinità che di femminilità. Mi piace portare la barba ma anche i capelli molto lunghi. Mi piace mettere lo smalto, uso probabilmente più cosmetici io di mia moglie e al tempo stesso amo i pantaloni cargo e le felpe informi col cappuccio. Se devo acquistare un abito lo faccio scegliendo colori che siano totalmente in contrasto con la norma della moda maschile. Per me un’espressione di genere non sclerotizzata solo su un estremo è indice di consapevolezza e fiducia in sé. Anche se non metto la gonna in pubblico.
Ma non è solo una questione di “moda”. La polizia del genere, in quanto espressione del patriarcato, limita il maschio in molte altre cose, perché - semplificando all’osso -ritiene che l’unica funzione del maschio giovane sia quella di diventare uno strumento di morte - un guerriero, uno che compete - così come l’unica funzione della giovane femmina sia quella di essere semplicemente un vettore per dare la vita.6
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Per esempio, la polizia del genere impedisce ai maschi di scegliere alcuni lavori come il maestro di scuola per l’infanzia. Forse, se fossero meglio pagati, l’uomo sceglierebbe anche questi lavori (fare i soldi è uno degli obiettivi che il maschio di successo deve perseguire), ma il fatto che non siano pagati molto fa capire quanto poco la società tenga al lavoro di cura e all’educazione dei bambini. E poi si creerebbe una situazione paradossale: fare i soldi con un lavoro di cura mette in contraddizione due “regole” o falsi miti della mascolinità.
È uno dei tanti circoli viziosi del patriarcato: in una società in cui la scuola e l’educazione sono tenute in scarsa considerazione, i bambini crescono più ignoranti fino a diventare a loro volta nuovi “poliziotti del genere” in un ciclo infinito di repressione e di gabbie mentali. Che noi padri, nel nostro piccolo, dobbiamo contribuire a smantellare.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
Io la porterei più lunga, ma è una cosa mia - Photo by Ron Lach on Pexels.com
A me piace moltissimo andare alle mostre d’arte. A volte mi sposto nel raggio di un paio di regioni per vederne di interessanti. A Genova c’è una mostra su Artemisia Gentileschi che però sta creando qualche problema… Per “maggiore appeal” è incentrata sullo stupro della Gentileschi. Non si riesce a parlare di violenza di genere senza strumentalizzare il discorso e trasformarlo in pornografia del dolore? Grazie a Lorenzo per la segnalazione!
Conosci Educare alle differenze? Si tratta di una rete nazionale di associazioni che si occupano di educazione al genere e alle differenze e di contrasto alle violenze e alle discriminazioni eterocispatriarcali nelle scuole. Anna Franchin su Internazionale intervista tre docenti che partecipano alla rete.
Sì, va bene, sono un maschio e sono femminista, ma… quanto? Phineas Harper sul Guardian pone tre domande molto semplici, all’ultima delle quali il 99% dei maschi italiani risponderebbe “no”. Indosseresti una gonna in pubblico? Eppure indossare una gonna è liberatorio, e del resto le femmine hanno lottato anni per poter portare i pantaloni: perché non può valere il contrario?
Perché ci sono pochi corsi di studi femministi nelle università italiane? Se lo chiede Annalisa Camilli in un lungo e interessante articolo che cita anche Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi e Nonostante Platone di Adriana Caravero (due testi ripubblicati proprio nel 2023). Se ci fosse un corso di laurea in studi di genere nella mia città io mi ri-iscriverei subito all’università!
Lo scompiglio e la meraviglia: Jennifer Guerra racconta il libro postumo di Michela Murgia appena uscito, “Dare la vita”.
La sex/ed che vorrei
Inauguro questa rubrica che è sostanzialmente una revisione di alcuni testi che ho scritto in passato sotto forma di “lettere a mio figlio adolescente” (preparate prima che fosse effettivamente adolescente perché ho questa fissa da vecchio sabaudo che la morte sia sempre dietro l’angolo e non volevo lasciare la Creatura senza un’adeguata educazione sessuale e affettiva, dato che - se aspettiamo che la facciano a scuola - veramente abbiamo tempo a crepare). E si parte con…
Ep. 1 - I cambiamenti della pubertà
E così, ci sei arrivato. Sei passato attraverso la pubertà. I peli ovunque, i brufoli, la voce stridula, le mani sudate, i piedi giganti, quella appendice sotto la cintura che sembra incontrollabile. Ora sei un teenager e alla confusione sono seguite la paura, la rabbia, il dolore. La gioia, anche. Ma soprattutto la paura. Di non essere come gli altri, di non essere abbastanza figo, abbastanza simpatico, abbastanza uomo.
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Lo sai cosa vuol dire esattamente “pubertà”? Ha a che fare con l’età in cui si diventa capaci di avere un figlio, e deriva - come puoi immaginare - da pube. Il pube, poi - a sua volta definito come la regione sopra i genitali che si ricopre di peli durante la pubertà - è indicato da una parola molto interessante. “Pubes” in latino significa virilità, dalla radice indoeuropea pu- che indica l’atto di generare la vita. Ora che ti ho fatto questa inaspettata digressione linguistica, che peraltro mi fa interrogare sul fatto che il pube ce l’hanno anche le femmine e quindi tutta questa virilità non ha molto senso, parliamo un attimo di cosa è successo al tuo corpo.
Fino a pochi mesi fa giocavi ignaro a Minecraft e presentavi una pelle liscia, una lieve peluria biondiccia e un corpo abbastanza proporzionato nonostante la tua passione per il cibo spazzatura. Poi, all’improvviso, quella piccola ghiandola che sta alla base del tuo cervello, l’ipofisi, si è svegliata e ha iniziato a fare il suo lavoro. Una pioggia di ormoni che - nel tuo caso e nel caso di tutte le persone con un pene - ha a sua volta risvegliato i testicoli che si sono messi a produrre spermatozoi (la famosa capacità di generare) e ti ha fatto crescere in altezza, in massa muscolare, ti ha fatto cambiare la voce, ti ha fatto crescere peli nei posti più impensabili e, soprattutto, ti ha fatto crescere il pisello.
Insomma, prima eri una creatura moderatamente aggraziata, per quanto può esserlo un bambino iperattivo, svagato e con la testa tra le nuvole; adesso sei un trampoliere maleodorante dalla voce stridula, con brufoli nei posti meno felici, ossessionato dai tuoi genitali. Non offenderti. Ci siamo stati dentro tutti: poi passa. Più o meno.
Le cose a questo punto stanno così: sei entrato nell’adolescenza (per convenzione si definisce pubertà o preadolescenza l’età tra i 12 e i 15 anni e adolescenza l’età tra i 15 e i 20 anni). Permettimi di approfondire un momento questo concetto, poi torniamo alle questioni del corpo. L’adolescenza (così come la preadolescenza) è un’invenzione recente. Importante, perché è importante capire cosa succede nella testa di una persona durante questo periodo, ma comunque un’invenzione. La pubertà no, quella è “reale”. L’adolescenza invece è un fatto culturale.
Tu sei adolescente, io sono stato adolescente, tuo nonno è stato adolescente. Le persone anche di poco più vecchie di tuo nonno non sono stati adolescenti. Semplicemente perché l’adolescenza non esisteva. Un attimo prima eri un bambino e un attimo dopo ti trovavi a lavorare nei campi o in fabbrica. Poi è arrivato il rock, e le cose sono cambiate. Le persone che rientravano in quella forbice di età, i cosiddetti teenager (dal suffisso -teen degli anni tra 13 e 19 in inglese) sono diventate consumatori perfetti, un bersaglio ideale per prodotti ritagliati su misura, magari non più i giochi per i bambini ma nemmeno i prodotti seri e noiosi per gli adulti. Ed ecco come siamo arrivati da Chuck Berry a Fortnite (o chissà quale altro gioco multiplayer on line starai giocando quando leggerai queste righe).
L’adolescente a sua volta è spesso trattato come uno stereotipo, cioè identificato con un insieme di caratteristiche fisse e un po’ rigide, semplificate. L’adolescente ideale è ombroso, depresso, facile agli scatti di rabbia, in perenne ribellione, impegnato sempre a fare le cose più assurde per mettersi alla prova. E un fondo di verità c’è. Ma la colpa, per tornare a una dimensione più fisica, è degli ormoni.
Gli ormoni causano i cambiamenti nel corpo, e il corpo non è più quello di prima. La reazione più tipica consiste nell’andare in confusione. Tutti questi peli, fondamentalmente, chi li vuole? Se già prima avevi difficoltà nella coordinazione, come fare adesso che braccia e gambe si sono allungate? E per quanto riguarda il pisello… beh, no, quello va bene, dai.
[continua…]
Cosa mi gira in testa?
Stavolta comincio con l’audio: in questo inizio d’anno sto ascoltando molto il podcast Amare Parole di Vera Gheno, sul linguaggio e i suoi cambiamenti, anche perché devo recuperare diverse puntate pregresse e sono tutte molto interessanti.7 Musicalmente parlando sono presissimo da Spira, l’album di Daniela Pes (musicista sarda che proviene dal jazz) che con la produzione di iosonouncane ha creato un mondo sonoro affascinante e inedito che mi fa pensare a una via di mezzo tra il primo Battiato più sperimentale e i primi album dei Cocteau Twins, per via della lingua inventata.
Koji Yakusho se la ride in Perfect Days - © Master Mind Ltd
Al cinema ho inaugurato il 2024 con Perfect Days di Wim Wenders. Un film sorprendente ed emozionante, come non mi capitava di vedere da tempo. Ne ho scritto qui. Dal punto di vista più casalingo, mi sento di consigliarti la serie doc Raffa su Disney+, per saperne di più sulla donna più influencer influente d’Italia e quel capolavoro di Hilda su Netflix che purtroppo è giunta all’ultima stagione (ma che stagione).
Una cosa curiosissima che ho letto in questi giorni: Canzoniere d’amore adolescenziale di Giulio Aureliano Pistolesi. Una raccolta di versi, nientemeno, dedicate al primo amore queer del poeta.
Grazie di leggermi anche nel 2024! Mi puoi trovare anche su Instagram e Threads come @pietroizzo, o se ti va puoi scrivermi una mail. Intanto, se vuoi lasciarmi un cuoricino, un commento o un restack, io sono contento.
Spettacolare questa puntata Pietro: è sempre più bella Patrilineare, anche nel suo formato di consigli - con cui trovo grande sintonia e dentro cui scopro sempre qualcosa di nuovo.
"Hilda" fumetto bellissimo, così come la serie e il film: la scoprii qualche anno fa e da allora ho iniziato a suggerirlo ai miei nipoti. Alcuni di loro adesso sono in fissa anche con "Avatar - La leggenda di Aang", altra serie animata (e fumetto) fatti benissimo.
La polizia di genere inizia prestissimo: mia figlia a 3 anni é stata redarguita dalle compagne di asilo perché i calzini di Spiderman sono da maschio. Lì mi sono davvero resa conto di quanto siano limitanti queste categorie per entrambi i generi: come diceva Michela Murgia é come se avessi un armadio pieno di vestiti ma metà ti proibissero di metterli.
Che spreco, e anche che noia.