WhatsApp: autorevolezza e controllo
Affermazione probabilmente impopolare: io controllo le chat WhatsApp di mio figlio (11 anni). Vediamo però il come e il perché.
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Ehilà! Mentre ci avviciniamo a grandi passi alla primavera,1 rieccomi a fare capolino nella tua casella email con un nuovo Patrilineare. Ma com’è? Ti sta piacendo? Perché dal tasso di apertura delle email a me pare che la maggior parte dellə iscrittə non apra nemmeno i messaggi. Vabbè, ma questo è un problema intrinseco di Substack, che ti fa crescere i numeri tirando per i capelli anche gente che magari non ha nessuna intenzione di leggere di patriarcato, gender studies, femminismi, riflessioni sul maschile o sulla genitorialità. Veniamo a noi: questa è una di quelle uscite un po’ più personali, in cui “ti racconto i cazzi miei” sul dibattutissimo tema preadolescenti e device digitali.
Rapidissima intro che riassume gli ultimi 11 anni: Dalla nascita di mio figlio fino al compimento del sesto anno di età siamo riusciti a tenere lontano ogni device dalle sue manine rapaci. Mentre vedevamo altri bambini nel passeggino o sui seggioloni ipnotizzati da smartphone piazzati davanti agli occhi al solo scopo di evitare rotture di coglioni, noi ci auto-compiacevamo della scelta di ricorrere esclusivamente a quadernetti e pastelli colorati.2 Lo screen time era riservato a quei canali all-cartoons che io alla sua età avrei pagato per avere, tipo Boing, K2, Super, Ray YoYo, etc. Al primo anno di scuola primaria sono arrivati nell’ordine la pandemia, il lockdown e la DAD. La digitalizzazione ha avuto un’accelerazione improvvisa e caotica. Al terzo anno di primaria, metà della classe di mio figlio aveva uno smartphone3 con su installati YouTube, TikTok, WhatsApp, giochi vari. All’ultimo anno di primaria, era rimasto l’unico assieme forse ad un altro paio di bambini a non avere uno smartphone. Per la fine del ciclo gli abbiamo regalato un tablet, per giocare ai videogame che tanto gli piacciono, ma - ovviamente - senza SIM.
Già durante l’ultimo anno di primaria, però, spinto dal gruppo dei pari che aveva abbandonato YouTube Kids4 per la versione “normale” di YouTube, i video di gaming sono diventati la sua principale ossessione e il contenuto più streammato sulla Smart TV di casa.5 Iniziato il primo anno di scuola secondaria di primo grado (le medie, santiddio, ma perché hanno smesso di chiamarle medie?!?) abbiamo ceduto alla pressione sociale e gli abbiamo passato un vecchio iPhone di dieci anni fa su cui abbiamo messo una SIM e installato WhatsApp. Andando e venendo da solo nel tragitto casa-scuola che è di quasi 3 km, ci è sembrato opportuno far sì che potessimo tenerci in contatto. Ne è scaturita una tempesta digitale che stiamo iniziando a domare adesso.
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Prima di continuare con la storia attuale, qualche riflessione a margine. Fosse anche solo per il lavoro che faccio da più di trent’anni, non sono certo io quello che abolisce la tecnologia in casa e demonizza gli strumenti digitali. Assolutamente. Io sono uno di quelli che sostiene l’opportunità di dotare i minori di strumenti digitali SE PERÒ ci si sforza (almeno) di accompagnare il minore nell'educazione digitale e anche di monitorare gli strumenti che ha a disposizione.
Pensa per un attimo a quanto stiamo noi adulti col cellulare in mano. Per molti minori, il rapporto con i dispositivi mobili è ancora più intenso e - che tu lo voglia o no - coinvolge ogni aspetto della loro socializzazione. On line si stringono nuove amicizie, si mantiene il contatto con i compagni e si vivono esperienze ludiche molto addictive. Però sappiamo tutti che l’eccesso di immersione nel digitale può causare isolamento sociale, dipendenza e forme di disagio psicologico.
Giuseppe Lodeserto, autore di un recente libro intitolato Adolescenti e social media. Tra opportunità e pericoli dice (corsivo mio):
Sette adolescenti su dieci ammettono di non riuscire a staccarsi dalla rete, mentre quasi la metà non si confronta con i genitori sui contenuti condivisi online. In questo scenario, la rete diventa al contempo architetto e palcoscenico della costruzione dell’identità, plasmando desideri, aspettative e modelli di comportamento.
Capisci bene che mettere uno smartphone - che peraltro dopo qualche mese si è autodistrutto per sopraggiunto limite di sistema operativo e possibilità di aggiornamento, costringendoci a comprare un nuovo smartphone di fascia bassissima MA COMUNQUE aggiornato al 2025 e quindi potenzialmente adatto a installarci la qualunque - in mano a un undicenne è come mettere una scimmia bonobo al volante di una Ferrari.
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Ai tempi della scuola primaria, dato che doveva comunque interagire molto con il PC,6 abbiamo portato a termine insieme un programma di educazione digitale di Google chiamato BeInternetAwesome: esiste tuttora, è un bel percorso interattivo che sfrutta la gamification per far passare dei concetti chiave come la privacy personale, la netiquette, il fact checking e - diciamo così - il buon senso nell’uso delle tecnologie digitali. Ma nulla ti può preparare all’uso devastante che i preadolescenti fanno di WhatsApp. Per la maggior parte di loro WhatsApp è la porta di ingresso al mondo delle relazioni digitali e viene usato proprio come se fosse un social media (solo preadolescenti e anziani, per esempio, usano gli Stati di WhatsApp, che sopperiscono a un post social quando non hai - ancora - un account su Instagram o TikTok). Per non parlare del vortice di sticker inviati e ricevuti (con una certa percentuale di sticker che vanno dal vagamente inadatto al decisamente volgare) e dell’abuso totale e globale di messaggi vocali che il 90% delle volte durano due o tre secondi (rutti, interiezioni e versi animali non meglio identificati, ma questo può valere più che altro per chi ha figli maschi).
Ed è così che i tuoi migliori amici diventano le Impostazioni Famiglia (su iOS) o il Family Link (su Android). Qui ti chiedo un segnale. Nessuno dei genitori che conosco di persona applica controlli parentali sugli smartphone dei figli con i due sistemi che ho appena citato: dimmi se sono solo in questo mio delirio o se anche tu hai di queste preoccupazioni. Io ad esempio, sia sul tablet che sullo smartphone, imposto dei tempi massimi giornalieri di utilizzo e controllo le app che può usare sempre, quelle che non può usare mai e quelle che sono a loro volta temporizzate.7 Va anche detto che spesso devo tirar giù la madonna e tutti i santi (in particolare S. Aranzulla) per capire come fare le impostazioni di fino che si incasinano sempre. Però mio figlio mi guarda, mi sorride e sembra comprendere. O quantomeno non fa la faccia della vergogna quando deve dire a un suo amico “aspetta che chiedo se posso avere del tempo in più sul device”.
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Il patto tra noi è proprio questo: per tutta la scuola secondaria di pri per tutte le medie, noi genitori dobbiamo avere il suo pin e dobbiamo poter vedere cosa combina. La privacy è un concetto chiave, ma la privacy in famiglia è relativa. Non voglio farmi i cazzi suoi, ma vorrei evitare che finisse in chat poco raccomandabili (e ne ho viste già alcune borderline) o che si scambiasse incautamente messaggi razzisti, sessisti, omotransfobici o antisemiti su WhatsApp (anche questo - a livello molto light - l’ho già visto capitare). E lì è dove io intervengo, anche solo per spiegare quando e come è opportuno usare un certo registro linguistico. Non mi formalizzo per il linguaggio volgare (che comunque non è una caratteristica che vedo usare da mio figlio) né mi sconvolgo per il fatto che - spero al massimo tra qualche anno - lui possa guardare on line dei filmati pornografici: l’importante è che sia arrivato prima io a “rovinargli la festa” spiegandogli che la pornografia NON è il sesso.8 L’importante è aver chiaro già a 11 anni che di scambiarsi certe foto o certi messaggi non è assolutamente il caso.
Anche se adesso è ancora fondamentalmente intrippato con Spongebob Squarepants9 e al minimo accenno ad un discorso che riguardi la sfera sessuale (cioè, tipo, anche a parlare di peli pubici) urla e si tappa le orecchie inorridito.10 Dal mio punto di vista è tutta roba che serve per dopo.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”… E se le notizie non sono qui, non disperare: a volte ce le scambiamo sulla chat di Patrilineare!
“Jin, jiyan, azadi” (Donna, vita, libertà) © Elke Scholiers, Getty
Non è nuovissima ma meritava una segnalazione: quanta tristezza fa un panorama politico e mediatico in cui bisogna fare il debunking delle dichiarazioni di un ministro? Si parla ovviamente di Salvini e dei suoi deliri social sulla Commissione Europea che “vorrebbe eliminare la parola uomo”. Qui su Pagella Politica e qui su Facta.news. Sarebbe bello lasciare agli USA questo tipo di… uhm… cazzate.
Mmmmmhhh… Vabbè. La proposta di Alessandro Amorese (FdI) sul consenso informato dei genitori all’educazione sessuale e affettiva a scuola… Già mi vedo quelli che “noi facciamo economia domestica come materia alternativa perché abbiamo scelto di non fare educazione sessuale”. E ci sta, nella loro visione delle cose, che sia un tema analogo all’insegnamento della religione cristiana. Io però continuo a basire (“F4 basito”).
Uno “spettacolo di autocoscienza maschile” raccontato da Micol Ronchi su MowMag11: si tratta di Emotivamente Disponibile di Lorenzo Marangoni e Matteo Cellerino in collaborazione con Carolina Capria, Karen Ricci, Mica Macho e Fondazione Libellula alla Santeria di Milano. Oh, sembra bello.
Su InGenere, riappare questo meraviglioso discorso di Angela Davis sul femminismo internazionale all’Università di Costa Rica: “La liberazione delle donne e il riconoscimento delle donne trans“. Un antidoto perfetto ad altri tipi di video che sicuramente ti sarà capitato di vedere in questi giorni.
Violenza contro le donne anche nella politica locale: ne parla Maria Esposito su Il BO Live citando i dati di Avviso Pubblico.
Antigone, il femminismo e il disturbo borderline: un bel pezzo di Martina Lodi su Il Tascabile che mi tocca particolarmente da vicino (il disturbo borderline era quello di mia madre, vedi sotto).
A quanto pare, è il momento della menopausa. Sapevatelo.
Attenzione perché questo è l’articolo più importante che leggerai questo mese: Ash Sarkar sul Guardian si chiede perché le sinistre perdono ovunque e la risposta è il problema - già accennato in altre uscite di Patrilineare - di come abbiamo affrontato le politiche identitarie: parlando di sesso, di razza, di identità di genere o di orientamenti sessuali ma mai di CLASSE. Se vogliamo che i maschi bianchi etero di basso ceto sociale (la maggioranza che oggi vota a destra) tornino a votare a sinistra è importante applicare veramente l’intersezionalità e (ri)cominciare a parlare di lotta di classe, perché questo è. Far capire che l’attenzione alle minoranze discriminate non è a scapito di altri soggetti sociali e che il maschio bianco etero non è (per forza) (sempre) (solo) un nemico o un alleato, ma anche lui un soggetto a suo modo oppresso e che il nemico non sono i gay e le femministe, ma l’1% di miliardari che se la ridono cagandoti in testa.
Il tredicenne omofobo che non vuole salire gli scalini della scuola perché sono dipinti arcobaleno e lui è “contro la comunità LGBTQIA+” è diventata una questione ideologica. O meglio, i genitori - che in prima battuta hanno educato il ragazzino a opporsi ideologicamente a un’intera comunità di persone - ne hanno fatto una questione ideologica ribaltando l’accusa di “ideologia” sulla scuola (ideologia GENDER, ovviamente). Ma sui gradini ci sono solo termini genericamente orientati al rispetto e all’inclusione. In che modo educare al rispetto può essere una scelta ideologica? “F4 basito”, again.
Non fai in tempo a riaccoglierli negli USA che subito inciampano in una nuova indagine! I fratelli Tate vs. la Florida. LOL.
Se hai letto i reportage di Zerocalcare dalla Siria, sai di cosa stiamo parlando. Natasha Walker su Internazionale racconta la sua esperienza tra le combattenti delle Ypj (Unità di Protezione delle Donne) in Rojava.
Europa Settegiorni è un notiziario video del canale Arte: questa settimana si parla della controoffensiva reazionaria nei confronti delle donne in Europa.
La bella storia dell’associazione Portami per mano onlus che fa dell’inclusione una pratica quotidiana raccontata da Silvia Trisolino su Giovani Genitori.
“Sesso è potere” è una ricerca di info.nodes e OnData che racconta come il potere (economico, mediatico, sociale e politico) sia ancora saldamente in mano agli uomini. Ne parla anche il Post in questo riassunto della ricerca in cui è coinvolta anche !
Il Lovers Film Festival di Torino è imminente (dal 10 al 17 aprile): quest’anno concorre il documentario “Prima di tutto” di Marco Simon Puccioni sulla storia di gestazione per altri di Cynthia Kruk, presente in sala alla proiezione.
In tempo per l’8 marzo, l’avventurosa storia di Abotak, la prima clinica per l’aborto farmacologico a Varsavia. Sempre in tempo per l’8 marzo, da noi si sta pensando a introdurre il reato di femminicidio (ma se ne deve discutere il Parlamento).
E parlando di 8 marzo, vorrei ancora dirti: di norma non faccio auguri perché questa cosa della “festa” della donna mi è sempre stata sul gozzo. Ma sono qui a sottolineare l’importanza di lottare insieme in una “giornata nazionale”. E lo faccio con leggerezza ma con l’obiettivo ben chiaro di picconare il patriarcato per un mondo che sia migliore per tuttə, diffondendo il messaggio della Donna Laser di Sio. Più donne laser, meno patriarchi! (Anche se tu stai leggendo questa uscita l’11 o magari anche il 12 marzo e l’8 marzo e già passato, non importa: la donna laser è buona per tutti i giorni dell’anno).
Cosa mi gira in testa?
Finita anche la buriana degli Academy Awards, ti ripropongo qui alcune recensioni che a suo tempo ho scritto e che magari ti sei perso sui maggiori film candidati. Sotto ti metto i link e un veloce commento tra parentesi. The Brutalist, ti dico già che non ce la posso fare.
Nickel Boys era sicuramente il film più “strano” candidato agli Oscar - © Orion Pictures
Alien: Romulus (Mmmh… ma sì va’)
Anora (Bellissimo, godo per il miglior film)
A Complete Unknown (Partivo con basse aspettative e invece, daje!)
Conclave (Come sopra)
Emilia Pérez (A me è piaciuto ma è problematico sotto molti aspetti)
Flow (Poesia visiva pura)
Gladiator 2 (Trashata, ma divertente)
Inside Out 2 (Mmmmh… anche no)
Memoir of a Snail (Sorprendente)
Nickel Boys (Difficile da seguire ma ti lascia tanto)
Nosferatu (Pensavo meglio, sinceramente)
A Real Pain (Il vero gioiello nascosto del gruppo)
The Substance (Meritava molto di più)
Wicked (It’s time to tryyyy defyyyyying graaaaavityyy!)
The Wild Robot (Inusuale e coinvolgente)
Ti ricordo che è sempre attiva la “Raccolta punti di Patrilineare”! clicca sul pulsante “Invita un amico” e manda il link a una persona che potrebbe iscriversi. Ma anche due persone, eh… anche tre!
Per ogni persona che si iscrive grazie al tuo link, la tua posizione salirà nella leaderboard. E più sali in classifica più premi guadagni (sotto forma di pubblicazioni legate a Patrilineare, scoprile tutte guardando la leaderboard). Onestamente, che stai aspettando? Guarda che basta poco! Con cinque inviti già ti becchi il primo premio.
Ti ringrazio from the bottom of my heart, come diceva Stevie, per essere arrivato anche stavolta alla fine, e ti invito a supportarmi (oltre che sopportarmi) anche su Ko-Fi, se pensi che Patrilineare ti porti del valore. Io lo scrivo per passione, ma ci impiego del tempo. Già sai.
Siamo veramente alla fine, stai bene, alla prossima e ricordati di pensare alla lotta di classe!
Ascolto e annoto mentalmente perché arriverà pure il nostro momento (e il panico dilaga). Scherzo, quasi.
Quoto tutto. Da madre di 11enne, controllo messaggi e cerco di supervisionare il supervisionabile. Trovo anche un po' assurda la narrazione del preservare la privacy dei figli quando sono così piccoli e così in balia di uno strumento più grande di loro (e di noi).