Mia madre, i minotauri e il congedo di paternità
Ovvero come ho imparato a odiare il patriarcato e a sfruttare gli spazi di manovra, più qualche sassolino che mi devo togliere dalla scarpa.
Foto di famiglia, circa 1949
Bentrovato! Come stai? Spero bene. Ti immagino mentre apri questa nuova mail e sono curioso di sapere come la troverai, perché qualcosa è cambiato e qualcosa ancora cambierà. Sono relativamente nuovo nel “giro” delle newsletter, e negli ultimi giorni ho avuto la sensazione di essermi giocato tutto quello che avevo da dire nelle prime dieci uscite. Ma non è esattamente così.
Ti avevo promesso che a volte sarei andato più sul personale, e questa è una di quelle volte. Siamo all’ultimo “episodio” del 2023 di Patrilineare, e vorrei raccontarti come sono arrivato qua. Certo, molto di quello che ho scritto e che continuo a scrivere è dovuto a interesse personale e sicuramente la nascita di mio figlio, nel 2013, mi ha spinto ancora di più a studiare le categorie della maschilità, nel tentativo di essere un padre più consapevole e più attento a quello che può trasmettere.
Ma c’è un altro motivo per cui il 2023 è stato l’anno in cui ho deciso di rendere pubblica questa cosa. Tra pochi giorni è Natale, e tra pochi giorni sarà un anno che mia madre è morta. La ragazza bruna che distoglie lo sguardo che vedete in alto a destra nella foto qui sopra è lei, circondata dai suoi cuginetti ma già smarrita in un suo mondo purtroppo poco accogliente.
Mia madre è cresciuta tra bombardamenti, rastrellamenti nazisti e fucilazioni di partigiani allineati davanti al muro della sua casa (la sfiga di essere la figlia dei custodi della locale Casa Littoria). A cinque anni ha subito le prime molestie sessuali. A undici anni è stata sottoposta dal parroco ad una sorta di esorcismo perché, a causa dell’ansia, aveva vomitato la comunione. A quattordici anni, più o meno l’età che aveva nella foto, ha subito abusi sessuali in famiglia. A diciassette anni ha incontrato un uomo sposato che per anni l’ha tenuta legata a sé in una relazione tossica a base di manipolazioni psicologiche violente e maligne.
Non è una sorpresa quindi che mia madre abbia sviluppato seri disturbi psichiatrici che l’hanno accompagnata per tutta la vita, rendendola emozionalmente disabile. Disturbi che naturalmente si sono aggravati nell’ultimo anno di vita con l’insorgere della demenza senile. Quando era in vita - e quando era ancora lucida - scherzava dicendo “lo so che vorresti scrivere un libro su di me, ma ti avverto, non farlo mai finché non sarò morta e sepolta”.
Il 2023 per me è stato un anno difficile, ho dovuto svuotare l’appartamento dei miei genitori - un processo lungo e doloroso in cui ho voluto buttarmi a capofitto, nell’idea che forse quello poteva essere un modo come un altro di elaborare il lutto. Ma mentre lo facevo, e ripensavo alle storie dell’infanzia e adolescenza di mia madre, ho realizzato che lei era la prima vera vittima del patriarcato che conoscessi di persona. Una donna violata fisicamente e psicologicamente da un mondo e da una società che semplicemente “poteva farlo”.
A posteriori penso che questa può essere stata una scintilla, la scorsa estate, per iniziare questo viaggio. Non ti nascondo che procedo tra mille dubbi, e spesso mi confronto con amici e conoscenti su questi temi. Ho un’amica di famiglia americana (che conosceva bene anche mia madre), femminista storica, che legge poco l’italiano ma mi chiama dopo ogni uscita per discuterne insieme.
Recentemente mi ha detto che la violenza di genere è un problema che ha alla sua radice le madri - nella fattispecie, che l’uomo violento che uccide la sua compagna vuole in realtà uccidere la madre. Io sono rimasto un po’ interdetto, perché la mia posizione è piuttosto quella di riconoscere nello scambio tra generazioni diverse di maschi il perpetuarsi del patriarcato e (complice il fatto che parliamo in inglese e magari mi è sfuggito qualcosa) ho pensato che facesse del facile psicologismo e che buttasse un po’ troppo facilmente la “colpa” sulle madri1.
The Mermaid and the Minotaur - Cover detail © Harper Colophon
Poi ho scovato questo libro, The Mermaid and the Minotaur. Sexual Arrangements and Human Malaise, di Dorothy Dinnerstein2. Passa per essere un testo fondamentale del femminismo cosiddetto “della seconda ondata” e incrocia il pensiero femminista con la psicoanalisi kleiniana. La tesi del libro è effettivamente questa: quando la cura genitoriale è totale appannaggio della madre (perché il padre vive “nel mondo esterno” e non nella famiglia) i figli maschi diventano “minotauri”, cioè esseri che tendono a usare violenza e sopraffazione sulle donne, le figlie femmine invece si trasformano in “sirenette”, cioè esseri seduttivi che tenderanno a posizionarsi sotto il dominio maschile. Tutto questo in reazione ad un’opprimente figura materna che - attenzione - è opprimente nella misura in cui è costretta ad assumersi tutto il carico di cura. In una società in cui invece venga adottato un modello di dual parenting - dove cioè madre e padre si assumono il lavoro di cura a pari titolo - l’evoluzione psicologica dei figli è diversa e indubbiamente più equilibrata.
Ecco quindi la prima cosa che si può fare - da maschi - per lottare contro il patriarcato. Rivendicare il nostro ruolo di padri, rivendicare la cura dei bambini e delle bambine, rivendicare - ad esempio - il congedo di paternità e lottare perché venga aumentato. Io il mio congedo di paternità l’ho usato quasi tutto - ho preso il mese facoltativo al 100% subito, per stare col bambino appena nato, e sono stato criticato o preso in giro da persone insospettabili3. Tengo ancora gelosamente da parte alcuni giorni di congedo parentale perché si sa: l’assenza per malattia del figlio è ingiustificata dopo che il figlio ha compiuto 8 anni (ovvio, no?) e quindi sempre meglio avere qualche giorno di congedo da parte fino al compimento dei 12 anni.
Può sembrare una sciocchezza ma non lo è. In Italia su questo procediamo col freno a mano tirato, perché sotto sotto è ben chiaro a chi deve legiferare che adeguarsi ai paesi nordici (ma anche a Spagna e Portogallo, per dire) vorrebbe dire dare una mazzata incredibile al sistema patriarcale nazionale: più maschi a casa, più condivisione del lavoro di cura, magari un adeguamento salariale femminile che superi il gender gap e non costringa sempre a “sacrificare lo stipendio più basso”, bambini che crescono più equilibrati. Cazzo, sarebbe un sogno. Poi ci svegliamo di colpo, e appollaiata ai piedi del letto troviamo Eugenia Roccella.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
Noi siamo un trio, allegri e pieni di brio - Photo by La Presse
Quando si parla di femminicidi si tende spesso a portare dei numeri, o dei confronti, che possono essere anche molto in contrasto tra loro (Donata Columbro ci insegna che ai dati si può far dire un po’ quello che si vuole). In questo articolo, Marco Simoni spiega perché non esistono dati sulla violenza di genere comparabili a livello europeo.
È di poche settimane fa la vicenda di Jezebel, il sito di notizie femminista che ha chiuso licenziando il personale e che in seguito è “risorto”, grazie all’acquisto (della testata e a quanto pare di gran parte del personale) da parte di Paste Magazine. Per chi non sapesse di cosa sto parlando, The American Prospect fa un bel profilo di un organo di informazione cruciale negli ultimi 15 anni, attraverso il quale è passato il dibattito sul #metoo e sulle discriminazioni di genere4.
Le parole sono importanti: ad esempio le parole deliranti di Roccella ad Atreju (cito a memoria: “La questione del gender è un rischio neo-patriarcale perché nega l’identità femminile”) o quelle di Antonella Cuccureddu, avvocato difensore di Ciro Grillo, sulle quali Giulia Blasi ha scritto un articolo perfetto su Valigia Blu. Cultura dello stupro e mentalità patriarcale non sono solo appannaggio dei maschi, it is known.
Tutte le famiglie sono uguali. Ma alcune famiglie sono più uguali delle altre. Scherzi e citazioni orwelliane a parte (me nemmeno troppo), mi piace segnalarvi la campagna Love & Equality di Famiglie Arcobaleno che prova a raccontare le difficoltà quotidiane di alcune famiglie che inspiegabilmente non hanno ancora gli stessi diritti delle altre.
L’educazione sessuale e affettiva (specialmente del maschio) è un tema che mi sta molto a cuore e che tratterò ancora nella newsletter, magari con uno spazio fisso. In Italia, da parte delle istituzioni, c’è alternativamente un silenzio assordante, o i proclami psichedelici di Valditara e della sua maggioranza. Per fortuna che invece c’è Durex, che in partnership con ALA Milano Onlus e con l’aiuto di Sabina Fasoli e Nicola Macchione5 lancia il progetto A Luci Accese. Teniamolo d’occhio.
Dialoghi con Giancoso
Giancoso - te lo presento nel caso non lo conoscessi - è quell’amico che abbiamo un po’ tuttə, quello che ti dà di gomito e ti fa le domande scomode (o che lui crede scomode) dall’alto della sua comprensione dei fenomeni immutabili della società e della natura che non possono certamente essere scalfitti da qualche lustro di “cultura woke”.6
Portrait of Giancoso - Photo by stockking on Freepik
Giancoso - Non si sta parlando un po’ troppo di femminicidio? È diventata la moda del momento sui media…
Patrilineare - Grazie Giancoso dell’opportunità che mi offri di parlare ancora di questo. È certamente vero che i media cavalcano i fenomeni e le notizie offrendo ai lettori o agli spettatori sempre lo stesso piatto una volta che capiscono che il menu funziona. Va anche capito però come il piatto viene cucinato. Ad esempio, fino a poco tempo fa andava di moda la narrazione sui migranti, che quasi sempre era orientata a spiegare come gli sbarchi fossero una “emergenza” dalla quale occorre “difendersi”. Quando avevo 20 anni, ricordo per qualche anno la moda dei pedofili, non si parlava d’altro (adesso i pedofili sono spariti dal radar, ma di delitti di quel tipo è ancora pieno il mondo). Il femminicidio è un caso per certi versi analogo ma per altri molto diverso. Intanto è già da qualche anno che i media spingono molto l’argomento - a dimostrazione che il problema è percepito da tempo come reale - ma nelle ultime settimane se ne parla in modo diverso, includendo nella discussione e nella presentazione dei fatti una riflessione sulle cause del problema e un punto di vista sistemico che non tratta ogni caso come un’eccezione. Che se ne parli in questo modo è certamente positivo, ed è dovuto, credo, soprattutto allo spartiacque del delitto Cecchettin.
Giancoso - Giulia Cecchettin è stata una delle tante, perché adesso questo caso è diventato speciale?
Patrilineare - Certo, Giancoso: i femminicidi sono moltissimi e la violenza di genere un problema sistemico (non sono sicuro che tu volessi ammettere questo quando dici “una delle tante”, ma preferisco pensarla così). Perché il caso Cecchettin si distingue? Forse perché per la prima volta la famiglia stessa della vittima ha colto l’occasione per farsi sentire con un discorso lucido e politico che ha messo il dito sulla piaga. Questa piaga si chiama patriarcato e probabilmente è grazie ai Cecchettin se la parola che tanto ti infastidisce è diventata “di moda”. Altrimenti, come per tutti gli altri casi, ci ritroveremmo soltanto con un pugno di articoli di colore sull’assassino, dipinto alternativamente come “un ragazzo tranquillo che ha avuto un raptus” o “uno che la amava troppo” o “un mostro senza empatia” e saremmo ancora qui a dire “non tutti gli uomini”.
Giancoso - Ma non è che ti vuoi “creare il personaggio” perché va di moda il femminismo?
Patrilineare - Questa, Giancoso, a me pare una domanda un po’ offensiva. Ma non voglio darti la soddisfazione di incazzarmi. Il tuo stesso concetto di “moda” lo trovo superficiale. Tu pensi che il femminismo vada di moda adesso, nel quarto trimestre 2023, perché ogni giorno apri un quotidiano e trovi l’articolo femminista. Io ti rispondo che studio e mi appassiono a questi temi (femminismi, questioni di genere, maschilità, sessualità) da quasi 10 anni. Prima no, è vero. Prima ne sentivo un bisogno confuso ma non focalizzato. Per me non è questione di posizionamento (e poi: frega qualcosa a qualcuno?) o di crearmi un personaggio. Parlo di quello che mi interessa, e in questo momento mi interessa questo. Oltre a mille altre cose, ma questo argomento per me negli ultimi tre anni è diventato molto importante.
Cosa mi gira in testa?
Uno dei problemi che più mi pongo, da quando ho lanciato Patrilineare, è quello di sembrare una persona pallosa e monotematica. Cioè, questa è indubbiamente una newsletter tematica, e questi - l’ho ribadito più volte - sono i temi che raccolgono maggiormente il mio interesse negli ultimi anni.
Ma se non mi conosci di persona posso dirti che sono un giornalista, un social media manager, un esperto di comunicazione digitale, un insegnante, un amante del cinema (in particolare horror, animazione e musical) un binge watcher di serie TV, un avido lettore e - con disappunto di Spotify che me lo ha fatto notare nell’ultimo Wrapped - un ascoltatore di album “dall’inizio alla fine”7.
Peter Gabriel is not amused - Photo by Nadav Kander
Ti linko qui qualche esempio di quello che mi gira in testa in questi giorni. Per esempio ho visto Obliterated su Netflix e l’ho trovato molto divertente anche nella sua decostruzione del mito maschile dell’action hero (è una serie estremamente anni ‘80 che però è scritta con una sensibilità molto attuale)8. Un album che sto sentendo tantissimo e a ripetizione nell’ultimo mese è i/o di Peter Gabriel: ci ha messo 20 anni a farlo uscire ma è un capolavoro. Una cosa che ho letto da poco e che mi ha lasciato deliziato è Veleno a colazione di Lemony Snicket, lo scrittore per ragazzi più frainteso del mondo (nel senso che secondo me è tutto tranne che uno scrittore “per ragazzi”). Sto anche ascoltando un podcast molto interessante sul capitalismo di Matteo Boccacci, si chiama You Don’t Hate Mondays. Oh, poi se ti interessa questo tipo di segnalazioni ti rimando al mio blog9 dove per la fine dell’anno c’è sempre il tradizionale post con il listone dei film, dischi e libri più rilevanti dell’anno (secondo me).
Grazie di leggermi, come sempre. Se vuoi lasciarmi un cuoricino o un commento, il mio Natale sarà più lieto (e il mio compleanno anche, ché sono nato il 24 dicembre)!
Ti auguro buone feste, e ci risentiamo nel 2024!
Ti avrei preferito noioso, e invece mi trovo a iscrivermi. Complimenti per le riflessioni e l'impegno. La (ri) costruzione dell'identità maschile necessita di questo.
Finalmente pensieri e spunti di riflessione non banali e “dall’interno”!
Buon compleanno in ritardo e grazie per i link: sto ascoltando Peter Gabriel da questa mattina (cioè da quando ho letto la newsletter) e ho scaricato il libro di Lemony Snicket (sulla fiducia, non lo conosco!)
Felice Santo Stefano di avanzi e divano! 🎄