Modelli di mascolinità positiva, ieri e oggi
C'è un personaggio quasi mitico - Atticus Finch - che è considerato il role model positivo maschile per eccellenza. Oggi è ancora così?
Gregory Peck e Mary Badham in Il buio oltre la siepe © Universal Pictures
Bentrovatə! La primavera ti causa sbalzi d’umore o più semplicemente dolori articolari? A me entrambe le cose. Come ne esco? Ovviamente dando voce ad alcuni pensieri che ogni tanto si affacciano all’anticamera del mio cervello e che non riesco mai a fissare per bene. Ad esempio, la faccenda dei role model positivi al maschile.
Spesso si insiste (l’ho fatto anche io molte volte) sul fatto che i media forniscono al giovane maschio modelli di comportamento - ma chiamiamoli pure con il loro nome: stereotipi di genere - assolutamente tossici. Il tipico eroe protagonista di film, serie TV, fumetti, canzoni popolari è di norma un “maschio standard”, cioè non in contatto con le proprie emozioni (rabbia esclusa), solitario, dedito alla vendetta e al rancore, che agisce invece di pensare e che sostanzialmente ragiona come Conan il Barbaro.1
Il fascino di questo tipo di eroe è innegabile. Ricordo perfettamente che tra gli 11 e i 14 anni io e i miei amici volevamo essere quel tipo di eroe, ognuno ne sceglieva uno e ci comportavamo di conseguenza (io avevo scelto Snake “Jena” Plissken, il protagonista di 1997: Fuga da New York di John Carpenter, di cui mi affascinava soprattutto l’aspetto anarco-punk nichilista). Volevamo essere duri, insensibili, votati alla legge dell’occhio per occhio, muscolosi, sporchi, le donne potevano solo cadere ai nostri piedi e noi lo avremmo a malapena notato.
Si pensa meno a quelli che sono stati i modelli di mascolinità positiva, che comunque esistono. Ad esempio, nel cinema hollywoodiano classico, si citano spesso George Bailey (il protagonista di La vita è meravigliosa di Frank Capra interpretato da James Stewart) e soprattutto Atticus Finch, l’eroe di Il buio oltre la siepe, romanzo di Harper Lee del 1960 e due anni dopo film di Robert Mulligan con un iconico Gregory Peck nel ruolo del protagonista. Quel romanzo ha definito per quarant’anni almeno il “canone” delle antologie scolastiche americane. Tutti gli studenti di legge volevano essere Atticus, i genitori chiamavano Atticus i bambini: Atticus era il padre single di Scout (la vera protagonista e voce narrante del romanzo, che nel film è messa in ombra dal padre) e del fratello Jem; dimostrava gentilezza, empatia (o quanto meno la capacità di vedere le cose dal punto di vista di un’altra persona) e integrità morale.
Atticus Finch è stato, soprattutto, il personaggio che ha insegnato all’America bianca cosa vuol dire confrontarsi con il diverso dal punto di vista della razza. Ma attenzione: nel 2015, la pubblicazione di Va’, metti una sentinella - l’ultimo romanzo di Harper Lee che poi è morta nel 2016 - ribalta la questione. Ambientato 20 anni dopo le vicende del romanzo che lo ha reso celebre, il libro presenta Atticus Finch in una luce completamente diversa, impegnato come un qualsiasi gentiluomo del sud a opporsi al movimento per l’integrazione dei neri nelle scuole.2
Atticus è un razzista! Un trauma enorme per tutti gli americani cresciuti nel mito di questo personaggio inscalfibile. Atticus uomo del suo tempo, direi io. D’altronde anche nel romanzo del 1960, non è che fosse un paladino dell’integrazione razziale (negli anni ‘30, poi!): semplicemente un avvocato che crede nella giustizia. Di razzismo e classismo sotterraneo sono piene le pagine (spoiler: chi ha violentato Mayella in realtà è il padre, e Atticus spiega alla figlia che “certi crimini sono connaturati alle famiglie più povere”).
Se anche gli eroi più celebrati sono difettosi (come è giusto che sia, se parliamo di personaggi complessi e non di figurine), dove possiamo guardare oggi per trovare un modello positivo per un maschio bianco etero cis?
Illustration by freepik - Freepik.com
Innanzitutto vediamo quali caratteristiche dovrebbe avere un role model maschile positivo e non tossico. A quel punto potremmo applicare ai media una sorta di test di Bledchel3 spuntando le caratteristiche che devono esserci per forza. Secondo me, un modello di mascolinità positiva dovrebbe essere un personaggio che abbia significative relazioni sociali. Questo esclude tutta la rosa di quei personaggi eroici (ovviamente sempre presentati come positivi) che però agiscono da “pistolero solitario” o che comunque tengono a debita distanza gli altri personaggi perché sono “tormentati”, così come esclude anche un certo tipo di mentori stile “mago saggio” come Yoda, Gandalf o Mr. Miyagi, sostanzialmente dediti all’eremitaggio.
La seconda caratteristica fondamentale è che il personaggio sia in contatto con le proprie emozioni - abbia cioè una buona intelligenza emozionale. Questa è difficile, perché purtroppo raramente nei media i personaggi maschili vengono mostrati come uomini di parola o di empatia e sono invece più uomini d’azione (o uomini che hanno deflagrazioni emotive non sempre sanissime, diciamo).
La terza casella da spuntare è il rifiuto della violenza e della competitività. Ci tengo a porre l’accento anche sulla competitività non perché la ritenga in sé un concetto negativo, ma quando un uomo basa il suo valore e la sua autostima sul continuo vincere le competizioni (ossia, quando un uomo deve dimostrare sempre di essere più uomo degli altri) ecco che la competitività diventa un tratto tossico. Per quanto ad esempio Capitan America e Black Panther (per fare esempi tratti dall’universo Marvel) siano spesso citati come role model positivi, un supereroe non potrà mai esserlo, per il semplice fatto che agisce in un quadro narrativo caratterizzato da scontri violenti e competitività.
Il quarto tratto fondamentale è la compassione, o comunque la gentilezza verso gli altri, l’amore e/o la protezione disinteressata (tratto che bene o male dovrebbe esserci se un personaggio ha già buone relazioni sociali, è in contatto con le proprie emozioni e non è violento o competitivo). Cioè, se uno ha già queste caratteristiche ma viene comunque dipinto come uno stronzo, direi che è il personaggio che è scritto male.
Sean Astin nel ruolo di Samwise Gamgee © New Line Cinema
Infine, direi che un vero role model maschile positivo dovrebbe essere “completo”, cioè… non irrisolto. Il problema è che siamo in una sorta di guado. Non vanno più di moda i modelli di mascolinità dominanti fino agli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso (il classico action hero, per intenderci). Ma il modello che va per la maggiore adesso è il personaggio problematico che nel corso della narrazione impara a diventare un diverso tipo di maschio. Che è già qualcosa, intendiamoci. È un modello ispirazionale e non aspirazionale, se vogliamo: non è veramente un modello di comportamento, ma ci spinge ad avviare un cambiamento. Sono così molti padri nei film d’animazione (Marlin in Alla ricerca di Nemo, Ralph in Ralph spacca Internet, il Capo Tui in Oceania, Mack in Prendi il volo) e sono così molti protagonisti adolescenti che maturano diventando uomini migliori (è il senso del sottogenere coming of age).4
Entriamo di nuovo nella questione della rappresentazione: il maschio etero viene oggi rappresentato come un personaggio problematico che può essere “aggiustato”. Noi siamo così: dolcemente danneggiati. Chiaramente va detto che un personaggio costruito in questo modo è molto più interessante di un “buono a tutto tondo” perché è un personaggio che si evolve, e dal punto di vista dello storytelling questo costituisce il tratto che fa la differenza tra un personaggio riuscito e uno non riuscito. Ma esistono per noi dei modelli aspirazionali che abbiano tutte e cinque le caratteristiche del “test”? Personalmente, ne avrei qualcuno: Samwise Gamgee in Il Signore degli Anelli, Ashitaka in La principessa Mononoke, Samuel Perlman (il padre di Elio) in Chiamami col tuo nome, Arthur Weasley nella saga di Harry Potter, ma soprattutto, nelle sue varie incarnazioni, il Dottore in Doctor Who.5
E tu? Hai in mente qualche modello maschile positivo? Fammelo sapere nei commenti o via mail!
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Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
Una coppia all’Europride Vienna 2019 - Photo by Ladsgroup on Wikimedia Commons
Torino si candida per ospitare l'Europride 2027: una buonissima notizia per la mia città, spero vada in porto dato che siamo comunque la culla del movimento LGBTQIA+ italiano…! Arriveremmo dopo Salonicco 2024, Lisbona 2025 e Amsterdam 2026.
JK Rowling è decisa a non smettere mai di inquinarci l’antica passione per la saga di Harry Potter proseguendo con le sue uscite da TERF. La sua ultima cazzata, una serie di tweet provocatoriamente transfobici in occasione dell’entrata in vigore del Hate Crime Act scozzese, non è stata però considerata reato. Per i più curiosi, qui c’è il testo della legge che - proprio come il DDL Zan da noi6 - non è minimamente incentrato sulla limitazione alla libertà di espressione ma all’estensione all’identità di genere e alla disabilità di una serie di disposizioni già attive per razza o religione.
Come vivono gli studenti non binary nel Regno Unito? Una ricerca sul Journal of Gender Studies cerca di andare al di là della pipì e dei pronomi (con riferimento ai bagni gender neutral e alla richiesta di essere chiamati con il giusto pronome personale he, she, they/them). Un’università dovrebbe andare oltre questi aspetti impostando anche spazi didattici e di socializzazione veramente inclusivi.
Ne abbiamo parlato di recente su Patrilineare7: ABI e Ministero per le Pari Opportunità hanno prodotto una Guida contro la violenza economica che si può scaricare dal sito e rappresenta un utile e sintetico vademecum per chi si occupa di questi temi.
A chi - come me - ha perseguito la carriera giornalistica tra gli anni ‘90 e i primi 2000, questo pezzo di Daniele Cassandro su Lucy sulla Cultura farà un effetto nostalgia dirompente. Il tema è il lavoro di un redattore maschio in una rivista femminile, nella fattispecie Kiss Me. Sicuramente una scuola di vita.
Dopo 10 anni di uso di ormoni per bloccare la pubertà, il sistema sanitario nazionale inglese riflette su luci ed ombre dei GIDS (Gender Identity Development Services) grazie al rapporto della pediatra Hilary Cass. Inutile dire che sta scoppiando una polemica infinita dato il tema “caldo”. Nel mirino non tanto le terapie ormonali quanto le liste d’attesa, i supporti psicologici e la mancanza di dati in follow-up. Ne sta parlando molto il Guardian, qui, qui e qui. Comunque la pensi tu, un dibattito da seguire.
La sex/ed che vorrei
Dopo aver parlato per tre uscite consecutive del pisello, espandiamo la nostra analisi dei cambiamenti dell’adolescenza al resto del corpo. Il corpo come immagine, il corpo come mezzo di espressione, il corpo come campo di battaglia.
Ep. 4 - Il corpo, l’immagine, l’espressione
Torniamo a una visione più generale: il tuo corpo è cambiato. Ti guardi allo specchio e sono più le volte che non ti riconosci o che ti sembri, fondamentalmente strano. Nei fumetti e nei film di supereroi è il momento in cui il protagonista scopre di avere i superpoteri (che ovviamente non sa come gestire). L’immagine di te - in inglese la body image - è una costruzione mentale. Cioè: come ti vedi tu non è come sei veramente. L’immagine di te, poi, è la somma di diversi punti di vista: non è formata solo da come ti vedi tu, ma anche da come ti vedono gli altri, ossia da quali rimandi ti forniscono sul tuo aspetto. E ovviamente come ti vedono la mamma e il papà è un conto, come ti vedono gli amici un altro conto, come ti vedono le ragazze un altro conto ancora.8
Abbiamo già parlato di come la televisione, la pubblicità, il cinema, i fumetti o i videogame lavorino tutti per costruire un’immagine stereotipata di “come deve essere” un maschio. Ma i maschi, proprio come le femmine o le persone transgender, esistono in milioni di aspetti diversi e non necessariamente aderiscono a quelli che chiamiamo “stereotipi di genere”.
Fino a qualche anno fa, un discorso sulla body image veniva probabilmente fatto più che altro alle ragazze. Tradizionalmente, i problemi legati all’immagine di sé sono stati considerati una questione femminile. Ed è vero: la pressione degli stereotipi di genere è sempre stata ed è tuttora molto più forte per le donne. Doversi confrontare con corpi sempre perfetti, dalle misure prestabilite, sempre desiderabili per il maschio, può creare molti problemi. Ma non è che gli adolescenti maschi non siano anche loro vittime di questi stereotipi.
Come dev’essere il maschio perfetto? Lo abbiamo già detto: alto, magro, atletico, muscoloso, simmetrico e possibilmente con un pisello di dimensioni notevoli. A questo punto, consentimi una breve digressione. Poco sopra ho scritto che il corpo femminile rappresentato dai media deve essere “desiderabile per il maschio”. Ora, secondo te, il corpo maschile rappresentato dai media è configurato in questo modo per essere “desiderabile per la femmina”? Se hai risposto “sì”, è la risposta sbagliata. La rappresentazione del “maschio alfa” è un trucco per mettere i maschi in competizione tra loro, semplicemente.
Immagine elaborata con Pikaso AI
L’adolescenza è un periodo a tratti orribile, e una delle cose più orribili è proprio la costante pulsione a creare delle classifiche basate sull’aspetto fisico, tipo “lui è più muscoloso, lei ha le tette più grosse” e magari anche a isolare delle parti del corpo sulle quali concentrare una morbosa attenzione (questo sono certo che i maschi lo fanno, sulle femmine non posso metterci la mano sul fuoco).
Ci sto girando forse un po’ troppo intorno, ma quello che voglio dirti è questo: esci da questa competizione il prima possibile. Il confronto con i tuoi amici può essere una cosa sana, finché non diventa un’ossessione. Stare sempre col righello in mano non ti serve a nulla, se non a fare statistica. Questa o quella parte del corpo di un altro o di un’altra che per te possono essere motivo di eccitazione non esistono in sé come pezzi di carne, ma fanno parte di una persona, di un “pacchetto completo” (poi ci sta che tu possa avere delle predilezioni, si chiamano fetish, ma ne parleremo più avanti).
Moltissimi adolescenti prediligono pizza, hot dog e patatine e non amano l’attività motoria: ci può stare che tu non abbia propriamente un fisico atletico. Non importa, finché non diventa una questione di salute. Qualunque forma abbia il tuo corpo, qualunque disabilità presenti, va bene così. Tu vai bene così come sei, questa è la frase più bella e più vera che ti posso dire. Questa la chiamiamo body positivity, un atteggiamento di positività e accettazione verso il nostro corpo.9
Non so se conosci i disturbi alimentari. Anche questi, tradizionalmente, sono stati associati alla metà femminile del mondo. Ma tantissimi maschi ne soffrono. Maschi che non hanno un buon rapporto con il proprio corpo, che si sentono ad esempio troppo grassi, troppo magri, poco atletici. L’anoressia e la bulimia nervosa cominciano a diffondersi anche tra gli adolescenti maschi, e il disturbo da alimentazione incontrollata (o - per dirlo in inglese - binge eating disorder) è una cosa che molti maschi conoscono fin da bambini.10
Li chiamano “disturbi” ma sono molto più di un disturbo. Sono situazioni complicate e angoscianti, che vanno curate e che possono portare conseguenze gravissime. E derivano tutte da un’immagine di sé negativa. Non è nemmeno facile rendersi conto di averli, questi disturbi. L’unica cosa che posso dirti è di parlare molto non solo di come ti senti ma di come ti vedi, confrontarti con gli adulti e con i tuoi amici, spiegare se hai un’immagine negativa di te e perché.
Ma soprattutto, posso darti questo consiglio: rifiuta categoricamente l’immagine di maschio che ti propongono i media. Non siamo tutti supereroi, non siamo tutti strafighi, non dobbiamo nemmeno esserlo. Accettare quello stereotipo vuol dire sottostare a un modello estetico che viene deciso da una società che ci vuole ingabbiati in determinati ruoli, incasellati in uno spazio ristretto che non ci lascia liberi di fare altro che non sia… comprare prodotti, vestiti, soluzioni per sembrare sempre più aderenti al modello.
L’immagine di sé è anche un’immagine che vogliamo proiettare e che se ha dei rimandi positivi dagli altri ha l’effetto di aumentare la nostra autostima. Alla body image e alla sua espressione si legano la moda, il make-up, e perché no, le modificazioni del corpo. Non sto parlando di chirurgia estetica, che in un certo senso è un po’ l’ultima frontiera, ma semplicemente di tatuaggi, piercing, colorazioni particolari dei capelli, o anche - perché no - il cosplay, cioè il travestirsi come personaggi di fantasia.
Avrai intuito che il corpo di una persona è una specie di “campo di battaglia” tra l’individuo e la società. Questo vale in massima parte per il corpo delle donne, sul quale si combattono molte battaglie cruciali, ma anche per il corpo maschile. Non sarò mai - o almeno ci proverò - il padre che ti impedisce di farti un tatuaggio o un piercing o di colorarti i capelli. Possiamo discutere sulle qualità estetiche di un progetto di tatuaggio prima che tu lo faccia, magari. O sull’opportunità di bucarti proprio quella parte del corpo e non un’altra. O ancora sulla sfumatura di verde più adatta ai tuoi capelli.
Per ogni adolescente, queste modificazioni corporee sono - consciamente o meno - un gesto che vuole dire “il corpo è mio e voglio renderlo una mia espressione, sputando in faccia alla società”. Ecco, se l’intenzione è quella, benvenuti tatuaggi. Se invece vuoi farlo perché lo fanno tutti, o perché il vero maschio deve avere il tatuaggio x o y, ti direi sicuramente di ripensarci almeno dieci volte.
[continua…]
Cosa mi gira in testa?
In questi giorni sto guardando solo cose in bianco e nero. Prima di tutto Ripley, la nuova miniserie di Steven Zaillian su Netflix, con il sempre meraviglioso Andrew Scott nel ruolo di Tom Ripley, il truffatore e assassino di Patricia Highsmith - un ruolo che effettivamente sembra nato per lui e per il suo sorriso sfuggente. Non ricordo chi mi ha detto (o dove ho letto) che le storie d’amore queer viaggiano sempre sull’ambivalenza tra il “voglio lui” e il “voglio essere lui” (o lei). Qui l’ambivalenza è chiarissima ed esplicitata, la storia è nota (ci sono i film precedenti con Alain Delon e Matt Damon nel ruoli di Ripley) ma sviluppata in modo molto più dettagliato e aderente al romanzo. E poi c’è una ricostruzione dell’Italia anni ‘60 che è veramente notevole. A proposito di ricostruzioni in bianco e nero, su Netflix (e Sky) continua il successo costante di C'è ancora domani di Paola Cortellesi: ne parlo più diffusamente qui.
Andrew Scott in Ripley - © Netflix
Sono a metà di Le schegge di Bret Easton Ellis: come tutti i suoi romanzi mi sta prendendo e nello stesso tempo respingendo, ma vado avanti con fiducia. Ti segnalo su Spotify il podcast di Rivista Studio “Stilnovo”, dedicato ad alcuni neologismi spuntati sui social di recente (il progetto è spiegato qui) e già che sei lì dai una chance a Cowboy Carter, il nuovo album “country” di Beyoncé, che oltre ad essere bello, ricco e stratificato è anche un’opera capace di far parlare di sé e dibattere su un genere tradizionalmente associato ai maschi bianchi di mezza età e che invece nasce, come sempre, dall’apporto dei neri.11
Ti ringrazio di essere arrivato fino qui e ti chiedo un piccolo favore: se Patrilineare ti è piaciuto, prova a inoltrarlo a qualcuno che pensi possa apprezzare la lettura. Diversamente puoi mettermi un cuoricino, oppure fare Restack (se mi leggi su Substack, è il tastino con cui puoi rilanciare il mio post nelle tue Note). Insomma, amiamoci da lontano: già solo questo mette in crisi il patriarcato.
Che meraviglia Il buio oltre la siepe! Grazie per questa bella riflessione. Ultimamente è capitato anche a me di riflettere sulla competitività che effettivamente non è negativa in sé, ma può diventarlo quando non è costruttiva, ma riduce tutto a un "io vinco, tu perdi".
gran libro, sì sì
tornando ai tuoi cinque punti
mi sa che l’unico a poterli spuntare tutti davvero è
Jehoshua Ben Joseph (aka Gesù)
;-)