Violenze economiche e dove trovarle (in casa, di solito)
L'8 marzo è passato, ma qui continuiamo a portare all'attenzione temi importanti con leggerezza (e temi leggeri con la massima serietà)
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Ciao! Come hai passato l’8 marzo? Ti prego di non dirmi “alla disperata ricerca di una mimosa” o “a mandare messaggi broadcast con immagini di mimose a tutta la mia rubrica”. Io sono stato alla locale manifestazione di #nonunadimeno e ho contribuito ad evidenziare il disagio collettivo nei confronti di un’Italia che è indietro su tutto quanto potrebbe rendere migliore la nostra società. Prendendomi nel contempo qualche secchiata di pioggia in testa.
Detto ciò, vado a introdurti il tema del giorno che è (di nuovo?) la violenza di genere. Ma stavolta parliamo di qualcosa che è ancora troppo poco discusso, mentre è di fondamentale importanza portarlo al centro del discorso pubblico: la violenza economica. Che può essere generalizzata e anche istituzionale, ma di solito è indirizzata verso uno specifico genere. Quello femminile, ovviamente.
Che cos’è dunque questa violenza economica? Se ne parla (in sedi istituzionali) dal 2002, anno in cui il Consiglio d’Europa la aggiunge a una “raccomandazione” contro la violenza di genere.1 Questa raccomandazione - attraverso il successivo lavoro del CAHVIO (Comitato ad hoc per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica) - ha dato origine alla Convenzione di Istanbul del 2011, di cui ti ho parlato più volte e che l’Italia ha ratificato nel 2013 (in vigore dal 2014). Questo per dire che la cultura antiviolenza è veramente giovanissima. Dieci anni sono forse troppo pochi per vedere un cambiamento in atto. Ma per questo bisogna continuare a parlarne.
Dicevo che la violenza economica, come aspetto particolare della violenza di genere, viene citata per la prima volta nel 2002, e viene definita come un insieme di atti di controllo del comportamento di una persona in termini di uso e distribuzione del denaro, con la costante minaccia di negare risorse economiche, esponendola a debiti, o ancora impedendole di avere un lavoro e un'entrata finanziaria personale e di utilizzare le proprie risorse secondo la sua volontà. Ti suona familiare? Forse perché in molte famiglie che abbiamo conosciuto e conosciamo, in cui la donna è definita “casalinga”, in modo più o meno manifesto è presente una forma di violenza economica.
E da dove trae origine la violenza economica? D’accordo, è una domanda super-retorica, perché se mi segui da un po’ dovresti già saperlo: nasce dagli stereotipi di genere. Gli stereotipi che sono il nucleo dei pregiudizi e l’humus culturale da cui ha origine più o meno tutto quello di cui parlo in questa newsletter, dalle molestie alla cultura dello stupro, dal gender pay gap al privilegio maschile. Non solo la violenza economica nasce dagli stereotipi, ma finisce per alimentarli, in un circolo vizioso ad elevata tossicità: le femmine che hanno introiettato la cultura patriarcale fin da piccole tendono ad autolimitarsi, a scegliere percorsi di studi che portino a lavori che in linea di massima possano offrire una maggior conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Impieghi che poi, solitamente, sono quelli meno pagati.2
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Di violenza economica in Italia parliamo poco e male, anche perché non esistono ancora dati confrontabili (nemmeno in molti altri paesi europei siamo messi molto meglio). Se il gender pay gap è più misurabile (anche perché è una forma istituzionalizzata di violenza economica), quello a cui ci riferiamo è una questione molto più sotterranea, che fino a pochi anni fa veniva vissuta come inevitabile.
Quando 22 anni fa io e mia moglie ci siamo sposati, abbiamo fatto sollevare più di un sopracciglio perché non abbiamo voluto rinunciare a una gestione separata dei nostri rispettivi conti in banca.3 Inconsciamente stavamo già lavorando per evitare la potenziale violenza economica di controllo del reddito o delle decisioni finanziarie solo da parte di uno dei due (nella fattispecie non so nemmeno se avrei potuto essere io il “controllore”, dato che ho un’educazione finanziaria sotto lo zero e quando entro in banca mi sembra di entrare in un quadro di Escher dove tutti mi parlano un linguaggio incomprensibile).
Se le radici della violenza economica stanno nella dipendenza finanziaria, nella scarsa alfabetizzazione, nell’assenza di reti di supporto e - ovviamente - anche in un quadro legislativo sempre e comunque sbilanciato a sfavore del genere femminile, come possiamo risolvere (o meglio, contrastare) il fenomeno? Secondo Enrico di Bella, professore di statistica sociale all’Università di Genova che ho avuto il piacere di seguire in un webinar dedicato a questo tema, in tre modi.
Il primo è ovviamente l’educazione finanziaria nelle scuole e in famiglia, un tema di cui per esempio nella mia città si occupa molto il Museo del Risparmio.4 Anche perché, se non puntiamo sulle nuove generazioni, non so proprio come possiamo uscirne. Il secondo è una diversa legislazione in tema di famiglia. Possiamo vedere il congedo di paternità obbligatorio non soltanto come un metodo per condividere equamente il lavoro di cura, ma anche come un modo per ridurre il privilegio maschile sul lavoro, e rendere così anche gli uomini tra i 25 e i 35 anni “soggetti a rischio”.5 Il terzo potrebbe essere una diversa tassazione dei redditi sotto una certa soglia, in modo da rendere poco desiderabile l’idea di “rinunciare allo stipendio più basso”, la tipica strada che intraprendono molte famiglie nel momento in cui nasce un figlio e ti rendi conto che lo stipendio da maestra, da infermiera, da segretaria copre appena le spese per la baby sitter o la retta del nido.
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Il tema è complesso, e non si risolve in uno schiocco di dita. Ci sono aspetti pratici e culturali che si intrecciano. Mi ha colpito molto una delle esortazioni che
ha fatto ai “maschi del futuro” nell’ultimo numero della sua newsletter: “mettete vostra moglie in condizione di lasciarvi”. A molti maschi questa frase potrebbe arrivare come un pugno nello stomaco6: eppure sta tutto qui. Il potere del controllo sulle risorse economiche della famiglia va condiviso, è così semplice. E quando questo non accade, oggi ci sono reti di supporto che fino a poco tempo fa non esistevano. Mi piace citare in conclusione il progetto monetine.eu, una piattaforma di educazione finanziara al femminile la cui strategia comunicativa è stata curata da .Insomma, comunione dei beni è un concetto nobile e bellissimo. Finché non si separano le persone, e allora sono cazzi.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
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Tanto carino con le coppie omosessuali e poi mi cadi sul GENDER… In questo pezzo di Jennifer Guerra per Fanpage si parla delle ultime, imbarazzanti uscite di Bergoglio sulla bufala dell’ideologia gender. Da stampare e affiggere nella tua locale parrocchia.
Parliamo ancora di rappresentazione. Marianna Gatta su Internazionale scrive di Iwajù, la nuova serie animata su Disney+ totalmente prodotta in Africa da creativi nigeriani e ugandesi: personaggi neri in una Lagos del futuro con storie ispirate alla cultura africana. Subito in watchlist!
Due inchieste abbastanza agghiaccianti a proposito degli influencer minorenni negli USA. I profili sono gestiti dai genitori, ma non sempre questi fanno il bene dei propri figli… D’altra parte Rivista Studio ce lo dice, che Internet ci ha fatto diventare genitori orrendi.
Da le Monde (via Internazionale) MaÏa Mazaurette racconta quanto è ancora forte nella cultura occidentale - e patriarcale - il fascino di quella che Luciana Littizzetto chiamerebbe “rivergination”. Quello che vale in Francia, vale dieci volte tanto in Italia (e intanto i mangiarane hanno inserito il diritto all’aborto nella costituzione, tiè).7
Per chi ha conosciuto il femminismo tramite Freeda, qui c’è un bell’estratto dal nuovo libro di
“Il femminismo non è un brand” (Einaudi) che ti spiega - appunto - le origini di Freeda e il capitalismo che cerca di mangiarsi la teoria antagonista.Due rimandi a due newsletter folgoranti:
in “Gemini troppo progressista, il queer nei dataset ci salverà” che racconta un progetto di per-versione dell’AI di Google e con “Imparare a desiderare“ a proposito delle ragazze in carriera: mi sono iscritto da poco a “Una figlia per amica”, ma la sento come una newsletter speculare alla mia.Ho scoperto da
che la parola “pegging” è tra le più cercate dai solutori di cruciverba in Europa. Il che mi ha poi portato a questo articolo di GQ che spiega come il pegging può migliorare la vita sessuale del maschio. Io confesso che non l’ho provato, ma in linea puramente teorica mi domando: perché dovremmo lasciare quel tipo di piacere sessuale solo agli uomini gay? Esplorare è per tutti!La sex/ed che vorrei
Sempre più cringe (ma dalla prossima volta ci spostiamo in territori meno fisici). Il nuovo episodio del sesso spiegato a mio figlio è nuovamente incentrato sulle meraviglie del pisello, perché sì, c’è ancora qualcosa da dire a questo proposito.
Ep. 3 - La manutenzione dell’impianto
Il primo modo di prenderti cura del tuo pisello, ovviamente, è la pulizia. Lo so, certe volte lavarsi sembra un optional, una perdita di tempo, una curiosità astrusa che la società intorno a noi sembra non pretendere dal maschio, che “deve puzzare” (salvo poi venderti a caro prezzo deodoranti dalle fragranze improbabili). Ma lavarsi lì sotto è fondamentale.
Ti devi lavare bene fuori e dentro al prepuzio, il lembo di pelle che copre il glande, e poi asciugare con cura. All’interno del prepuzio, se non ti lavi regolarmente, si forma una sostanza biancastra chiamata smegma che se si accumula può creare problemi, il più lieve dei quali è un odore sgradevole. Ma in una scala da uno a dieci, il problema da dieci è la balanopostite, che consiste in un arrossamento e rigonfiamento molto doloroso della parte più delicata del pisello. Ed è una roba da antibiotici e creme al cortisone e ti assicuro che non la vuoi provare.
Va da sé, quindi, che il prepuzio va ritirato sempre indietro per potersi lavare bene, e poi riposizionato in avanti a coprire il glande. C’è però un altro potenziale problema, abbastanza diffuso, che è la fimosi. Avere la fimosi vuol dire avere un prepuzio talmente stretto e/o spesso da non riuscire a tirarlo indietro per scoprire il glande. Una persona con la fimosi deve usare per forza altri metodi per lavarsi, tipo spruzzare acqua con una siringa tra il prepuzio e il glande, ed è purtroppo molto più soggetto a problemi come le balanopostiti.
La soluzione più radicale per una fimosi è la circoncisione. Una persona circoncisa ha il glande sempre semiscoperto, perché il prepuzio stretto o spesso che aveva gli è stato tagliato. Questa è una cosa che in alcune culture si fa in maniera automatica nel primo anno di età mentre in altre si fa... quando serve. Si tratta di un intervento in anestesia locale non troppo fastidioso. Oddio, non è come farsi bucare un orecchio, ma nemmeno come farsi togliere un dente. È una via di mezzo. Ovviamente viene tagliato anche il frenulo, in modo che la meccanica del pisello possa funzionare senza problemi, ma di solito resta sempre una parte di prepuzio che può coprire parzialmente il glande (se invece vieni circonciso per ragioni culturali no, tendono a tagliare tutto il tagliabile).
Ti chiederai perché è così importante scoprire questo benedetto glande: quando un pene è in erezione, il glande dovrebbe scoprirsi da sé, perché durante l’attività sessuale c’è solitamente un movimento che implica che il prepuzio scorra facilmente avanti e indietro.
E arriviamo al secondo modo in cui prenderti cura del tuo pisello: la masturbazione, il farsi le seghe, le pippe o come vuoi chiamarle. Metto subito le mani avanti: troverai un sacco di gente che ti dirà che la masturbazione è una cosa sconveniente, sporca, poco sana. O forse non la troverai più, perché sarai nel 2030 e ci sarà stata un’epidemia che ha falcidiato gli idioti e vivrai benissimo. Il punto è che la masturbazione è una cosa sana, bella, utile e perfettamente normale. A meno che non diventi il fulcro della tua vita - un rischio che in effetti per gli adolescenti maschi a volte si presenta.
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La masturbazione è una coccola che facciamo a noi stessi e un modo per capire meglio il nostro corpo, cosa ci piace e cosa non ci piace. Tutti si masturbano: uomini, donne, animali, piccoli, grandi, belli e brutti. Perché è piacevole. E non crea problemi né di relazione né di malattie sessualmente trasmissibili. Funziona anche come “allenamento” per quando ti troverai ad affrontare situazioni sessuali con altre persone. Ovviamente, è una cosa assolutamente privata: non è il caso di farlo in pubblico come capita a volte ai bambini di due o tre anni. A quell’età provoca risolini imbarazzati, da grandi si rischia una denuncia.8
E come funziona questa masturbazione? Beh, per i maschi consiste in sostanza nell’usare una mano per impugnare l’asta del pisello in erezione e tirare indietro e avanti ritmicamente tutta la pelle, in modo da scoprire e ricoprire il glande che è la parte più sensibile. Ognuno ha i suoi metodi, il suo ritmo, le sue pause. Ognuno è libero di esplorare tutte le parti che gli danno più piacere, i testicoli, l’interno delle cosce, il perineo (sarebbe la zona tra i testicoli e l’ano dietro la quale si trova anche la prostata) o l’ano. Alcuni usano del lubrificante (mi raccomando, a base acquosa, pena arrossamenti), altri no, alcuni esplorano tutte le zone del corpo che possono dare piacere, altri si concentrano sul pisello (ma fidati che è limitativo).
Durante la masturbazione può iniziare ad uscire del liquido trasparente dall’uretra. Si tratta del liquido pre-seminale, che in genere9 non contiene spermatozoi e serve a lubrificare il canale preparandolo per l’eiaculazione che arriva - inarrestabile come uno starnuto - a concludere il tutto con l’emissione di alcuni schizzi di sperma associati ad una sensazione di intenso piacere fisico e psicologico. Questo è il famoso orgasmo, una roba un po’ incasinata e molto bagnata, ma bellissima.
Mi rendo conto che questo discorso può risultare imbarazzante, ma il punto è proprio questo. Uno dei più grandi tabù che dobbiamo rompere è proprio quello sulla masturbazione: magari non ne vuoi parlare con tuo padre, ma sicuramente sarà opportuno parlarne tra amici, o con persone di cui ti fidi. Perché è importante capire cosa ci piace ma è importante anche saperlo comunicare a un’altra persona che potrebbe voler fare sesso con noi, e che a sua volta ha imparato cose sul suo corpo che può spiegarti. Intimità vuol dire anche questo.
[continua…]
Cosa mi gira in testa?
In questi giorni ho visto due cose che mi hanno colpito molto: una di queste è American Fiction, film candidato a molti Oscar che però è “poco chiacchierato”. Invece è un gioiello di commedia satirica focalizzato sul tema della rappresentazione “black” e di come il mercato pretenda proprio gli stereotipi più beceri da chi lavora dall’interno di una minoranza (ma magari non ha nessuna voglia di essere identificato con la sua razza, per dire). Ne parlo diffusamente qua.
L’altra cosa che ho visto è Supersex, la serie Netflix liberamente ispirata alla vita di Rocco Siffredi con Alessandro Borghi, Jasmine Trinca e Adriano Giannini. Bella. Non che io sia un fan del personaggio Siffredi, anche se conosco bene diversi suoi lavori. Ma mi ha stupito vederlo rappresentato con una tale profondità e con un tale disagio. Supersex mi mette il magone perché mi riconosco in quel Rocco bambino che sfogliava le avventure di Gabriel Pontello10 credendo che quello fosse il modo giusto di rapportarsi al genere femminile. Rocco ha avuto a che fare per anni con un fratello maggiore idealizzato che era un campione di mascolinità tossica e con una madre che insisteva a dipingergli il genere femminile come un esercito di diavolesse. Io forse mi sono salvato perché non avevo nella mia cerchia familiare ristretta esempi di questo tipo. E poi c’è un bel discorso sul desiderio maschile e sull’energia dell’eros che fa da contrappunto alla rappresentazione dell’arrembante mondo del porno anni ‘80 e ‘90. A scanso di equivoci, Supersex è scritto da unadonna™️: Francesca Manieri, già al lavoro su molte altre produzioni Groenlandia.11
Marco Fiore è Rocco da piccolo: Supersex è un “coming of age”, letteralmente - © Groenlandia
Un po’ di musica nuova: i dischi del mese per me sono TANGK degli IDLES (una delle cose più british che si possano sentire oggi), Drop 7 di Little Simz (una delle cose più british e più black che si possano sentire oggi) e Loss of Life degli MGMT (una delle cose più brit ah, no: ho scoperto da poco che sono newyorchesi, diamine! Avevo sempre pensato che fossero tipo di Eastbourne).
E per stavolta è tutto, stai bene e prenditi cura di te. Io lo farò.
La costante di quando leggo la tua newsletter è che annuisco in continuazione e poi mi dico da sola "Esatto" oppure "E infatti" e il classico "Ma certamente!"
Il discorso sulla violenza economica è urgente ed è rimasto inascoltato per tantissimo tempo, lo scopro ogni giorno scavando tra le mie memorie e leggendo maestre come Alba de Céspedes o Goliarda Sapienza. Le voci delle casalinghe sono state considerate inutili e laterali troppo a lungo. Eppure sono sempre state lì. Grazie per questo pezzo e grazie infinite per la citazione, una sorpresa bellissima :)