Bella riflessione. Ma perché non esplorare una direzione più affine anche a chi non ne vuole sapere di queerness oppure coppie aperte? Una volta le famiglie coabitavano (fratelli adulti, zii e nipoti, nonni).
A me la “famiglia allargata” in questo senso piace tantissimo ed ho vissuto quasi tutta la mia infanzia con queste alchimie di prossimità che permettono case confortevoli e grandi, tante mani per aiutare e la sensazione di non essere mai abbandonati.
Possibile anche tra amici, tra persone affini, non implica una intimità sessuale: c’è una intimità calda di focolare domestico in queste relazioni, che comunque vanno gestite con mediazioni cui la società odierna ci disabitua (lascio un po’ per te e tu lasci un po’ per me)
Verissimo. Ho lasciato volutamente da parte questo aspetto partendo dalla mia esperienza personale: la mia famiglia nucleare vive in una città, i miei genitori (quando erano in vita) vivevano in un’altra città, i genitori di mia moglie in un’altra città ancora, parenti e affini sparsi in diverse regioni d’Italia e anche in altri Paesi. Perciò per me è difficile parlare di famiglia allargata nel senso che mi dici tu. Poi bisogna anche dire che spesso i legami di sangue portano con sé problematiche a volte pesanti che non hai con le persone “che ti scegli”. Ma il punto comunque è non essere soli.
Data la scarsa praticità di stabilire oggi l’idea di una mini comunità con la famosa coppia di
migliori amici, in effetti stiamo già parlando di trasferirci in una villa nel Sud della Francia quando saremo in pensione, cioè tra millemila anni...! 😉
Io ho diverse coppie di amici che non hanno avuto figli e, già adesso a quarantacinque, cinquant'anni sentono il bisogno di progettare una vita di comunità per quando avranno raggiunto un'età... diciamo veneranda. In realtà poi a ben pensarci anche chi ha figli (fortunatamente per loro) non è che abbia il diritto di considerarli una specie di RSA surrogata, anche perché (sempre fortunatamente per loro) è possibile, se non probabile, che scelgano di andare a vivere lontano da noi, riproponendo la questione del: chi si occuperà di me? E non parlo soltanto del prendersi cura in caso di malattie, tocchiamo ferro, ma anche di alleviare una solitudine che per chi vive in città rischia di diventare particolarmente acuta.
Ciò scritto, a livello personale sono un'amante della solitudine e a volte anche la convivenza con (gli amatissimi) figlio e marito mi sta un po' stretta, quindi non oso immaginare che fatica farei a dover dividere gli spazi (e i rumori) con altre persone al di là del tempo di una vacanza!
Mi permetterei solo di dire che non sono i maschi bianchi etero ricchi che programmano i bias delle macchine, è il materiale su cui sono addestrati che statisticamente riflette quello stereotipo.
Ma non è che volevo fare il precisino eh? È solo che credo sia importante far cadere le responsabilità nei posti giusti.
Molti software sono magari anche progettati per non essere inclusivi o fortemente stereotipati verso un ideale maschile e femminile tossico, ma non mi pare che questo sia il caso, anzi.
Bella riflessione. Ma perché non esplorare una direzione più affine anche a chi non ne vuole sapere di queerness oppure coppie aperte? Una volta le famiglie coabitavano (fratelli adulti, zii e nipoti, nonni).
A me la “famiglia allargata” in questo senso piace tantissimo ed ho vissuto quasi tutta la mia infanzia con queste alchimie di prossimità che permettono case confortevoli e grandi, tante mani per aiutare e la sensazione di non essere mai abbandonati.
Possibile anche tra amici, tra persone affini, non implica una intimità sessuale: c’è una intimità calda di focolare domestico in queste relazioni, che comunque vanno gestite con mediazioni cui la società odierna ci disabitua (lascio un po’ per te e tu lasci un po’ per me)
Verissimo. Ho lasciato volutamente da parte questo aspetto partendo dalla mia esperienza personale: la mia famiglia nucleare vive in una città, i miei genitori (quando erano in vita) vivevano in un’altra città, i genitori di mia moglie in un’altra città ancora, parenti e affini sparsi in diverse regioni d’Italia e anche in altri Paesi. Perciò per me è difficile parlare di famiglia allargata nel senso che mi dici tu. Poi bisogna anche dire che spesso i legami di sangue portano con sé problematiche a volte pesanti che non hai con le persone “che ti scegli”. Ma il punto comunque è non essere soli.
Concordo. In tempo di COVID anche io riflettevo sul vantaggio di un nucleo familiare allargato (per spazi, supporto, economie di scala)
Bel post! Ultimamente si leggono sempre più notizie di gruppi di amici/amiche che comprano casa insieme per creare delle mini comunità e darsi sostegno a vicenda. Ne linko uno ma ne ho letti vari: https://www.vanityfair.it/news/storie-news/2019/07/06/una-villa-per-invecchiare-insieme-la-scelta-di-sette-amiche
Bisognerebbe davvero cominciare a ripensare il nostro stile di vita.
Un'altra iniziativa interessante che va nella stessa direzione (ossia uscire dall'isolamento) è la Festa dei vicini (http://www.comune.torino.it/festadeivicini/)
Data la scarsa praticità di stabilire oggi l’idea di una mini comunità con la famosa coppia di
migliori amici, in effetti stiamo già parlando di trasferirci in una villa nel Sud della Francia quando saremo in pensione, cioè tra millemila anni...! 😉
Stai facendo un lavoro molto bello. Volevo dirtelo.
Grazie 🙏🏼😘
Io ho diverse coppie di amici che non hanno avuto figli e, già adesso a quarantacinque, cinquant'anni sentono il bisogno di progettare una vita di comunità per quando avranno raggiunto un'età... diciamo veneranda. In realtà poi a ben pensarci anche chi ha figli (fortunatamente per loro) non è che abbia il diritto di considerarli una specie di RSA surrogata, anche perché (sempre fortunatamente per loro) è possibile, se non probabile, che scelgano di andare a vivere lontano da noi, riproponendo la questione del: chi si occuperà di me? E non parlo soltanto del prendersi cura in caso di malattie, tocchiamo ferro, ma anche di alleviare una solitudine che per chi vive in città rischia di diventare particolarmente acuta.
Ciò scritto, a livello personale sono un'amante della solitudine e a volte anche la convivenza con (gli amatissimi) figlio e marito mi sta un po' stretta, quindi non oso immaginare che fatica farei a dover dividere gli spazi (e i rumori) con altre persone al di là del tempo di una vacanza!
Ahahah anche questo è vero... e anche io come te ho bisogno di solitudine per ricaricarmi
Riguardo sessualizzazione e a me è piaciuto molto questo pezzo: https://www.technologyreview.com/2022/12/12/1064751/the-viral-ai-avatar-app-lensa-undressed-me-without-my-consent
Mi permetterei solo di dire che non sono i maschi bianchi etero ricchi che programmano i bias delle macchine, è il materiale su cui sono addestrati che statisticamente riflette quello stereotipo.
Hai ragione, grazie della precisazione 🙏🏼
Ma non è che volevo fare il precisino eh? È solo che credo sia importante far cadere le responsabilità nei posti giusti.
Molti software sono magari anche progettati per non essere inclusivi o fortemente stereotipati verso un ideale maschile e femminile tossico, ma non mi pare che questo sia il caso, anzi.
Ma certo, effettivamente è dovuto a un materiale di base che è già di per sé orientato in un certo modo