No significa no: ripensare il desiderio maschile attraverso il consenso
Manca una legge sul consenso: la devono fare i nostri rappresentanti. Manca anche una cultura del consenso: a quella dobbiamo pensare noi.
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Bentrovato! Stavolta esordisco subito al maschile perché questa uscita di Patrilineare è dedicata a te, amico eterobasico, e all’opportunità che hai di fiorire in prima persona e di far fiorire intorno a te una cultura diversa e di segno opposto alla mefitica cultura dello stupro che - ancora nel 2025 - è la normalità dell’aria che respiriamo. L’altra metà della platea di questa newsletter queste cose non ha nemmeno bisogno di leggerle, ma tu sì. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando, nell’ottobre 2023 scrivevo questo post…1
Poco dopo c’è stato il femminicidio di Giulia Cecchettin, che - pensavamo - avrebbe cambiato tutto. Invece non cambia mai nulla2, e in questa primavera di due anni dopo siamo qui a discutere dei femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula che - di nuovo - non cambieranno nulla. Perché a cambiare qualcosa dobbiamo pensarci noi.
Cacciatori e prede nel “gioco” dell’amore
Per prima cosa, un piccolo disclaimer: non è che ho deciso di tornare su questo tema per una questione di “reazione morale” ai crimini citati poco sopra. Certo, quello può essere stato un catalizzatore momentaneo. Ma il problema è proprio che vedo intorno a me la costante, anzi crescente, necessità culturale di parlare di consenso, andando anche oltre le definizioni e la teoria e magari entrando tra le pieghe della questione, andando a smuovere modelli interiorizzati.
Ho usato l’espressione logora “il gioco dell’amore” solo per smontarla subito. L’amore, o meglio: le relazioni, non sono un gioco. Non sono nemmeno una guerra di conquista. Eppure queste sono le metafore che tutti quanti, uomini, donne, etero, gay e persone transgender abbiamo interiorizzato fin dalla nascita (poi chi è riuscito a svincolarsi fa una vita più serena, ma intanto siamo tutti invischiati). Il canone dell’amore romantico ci spiega che quando la donna dice “no” in realtà vuol dire più precisamente “provaci ancora, perché non è che posso dirti subito di sì (anche perché passerei per una facile)”. Il consenso, che poi sarebbe “semplicemente” sincerarsi entrambi che quello che si vuol fare in una relazione - ad esempio, ma non solo, scopare - sia condiviso e accettato con entusiasmo da tutti e due, a quanto dicono certe persone “ammazza il romanticismo”. Per me questa frase vince il premio GAC3 2025. Per forza che ammazza il romanticismo: l’amore romantico codificato da secoli è una costruzione essenzialmente patriarcale; il consenso svela l’inganno e lo mette sotto gli occhi di tutti, riequilibrando il potere all’interno della coppia! Ed ecco che è mille volte più romantico (e anche sexy, se me lo chiedi) aspettare, rispettare, confrontare i rispettivi desideri.4
Ti deve entrare poi in testa che il consenso non è soltanto “no=no”, ma anche “silenzio=no”, “incoscienza5=no”, “sì per paura=no”. E che il consenso è anche “sì=sì” (vediamone il lato positivo), ma che questo sì potrebbe anche essere ritrattato in qualsiasi momento e che questo non deve rappresentare un problema. Da parte di una lei ma anche da parte di un lui. Non si è meno maschi a dire che si preferisce aspettare prima di fare qualcosa che ci mette a disagio, così come non si è meno maschi ad accettare un rifiuto. Non è così necessario farsi le tacche sull’uccello con tutte le conquiste fatte, perché entrare in relazione con qualcunə non è “una conquista”. Tu mi dirai: ma non c’è una legge che regola il consenso. No, effettivamente non c’è. E servirebbe. Tantissimo. Ma tu non la devi vedere solo come una questione giuridica, la devi vedere come una pratica relazionale. Intanto che aspetti che il Parlamento faccia una legge, tu devi fare cultura.
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Molti uomini che conosco sono totalmente a favore di una cultura del consenso ma poi mi scivolano sull’annosa questione del “provarci”. Cioè, dell’approccio. Cioè, in qualche modo dovrò pure farmi notare da una donna no? E va bene, questo è certo. Ma c’è modo e modo di farsi notare! I lettori che si sono affacciati al magico mondo del dating nel XXI secolo hanno bypassato un problema non indifferente, quello del contesto, grazie alle app di dating come Tinder, Bumble, OKCupid o Grindr e Wapa per chi ha un orientamento non etero. Su una app puoi permetterti di “scegliere” e chattare flirtando con una persona che in pratica è lì per lo stesso motivo per cui ci sei tu. Non ci sono dubbi, al massimo c’è lo swipe.6 Ma se sei nel mondo reale - che so, in un locale, in palestra, in un’aula studio, alla fermata del bus - tu hai il dovere di saper leggere il contesto.
Sta leggendo? Sta parlando con un’amica? Sta ascoltando musica in cuffia? Sta insomma in una situazione che non prevede che uno sconosciuto si avvicini per farle un complimento? E allora non dovresti avvicinarti né fare complimenti (che poi a pochi entra in testa che anche un “innocente” complimento, con tutta la buona volontà, non può che essere interpretato come una molestia, per il solo fatto che stai invadendo uno spazio). Se proprio devi - e se sei ragionevolmente sicuro che la persona in questione sia disposta a conoscere qualcuno - puoi presentarti e dire qualcosa che implichi un apprezzamento per il gusto che lei dimostra. Cioè, seguimi: “questo vestito ti fa un bel culo” = NO; “questo vestito ha attirato la mia attenzione, è particolarissimo, dove l’hai preso” = SÌ. E non ti preoccupare che non sembrerai gay se parli di un vestito senza alludere a quello che c’è dentro.
Sorvolando sul linguaggio del corpo, che è importante tanto quanto quello che ti esce di bocca, un approccio da galletto italiota ti garantisce al 99% un rifiuto, poi magari tu ti incazzi e lei ha doppiamente ragione nel considerarti un molestatore. Un approccio diverso - e soprattutto un educato “dai, non ti preoccupare, buona serata” in caso di rifiuto - molto probabilmente ti fa diventare una persona interessante.
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Accettare un rifiuto e andarsene di buon grado (peraltro con la consapevolezza che il mare è pieno di pesci) significa rifiutare la performance di genere che ti è stata imposta fin da piccolo dal patriarcato. Significa uscire da uno stereotipo maschile tossico e inadeguato. Significa rifiutare il “gioco della conquista”, gettare le armi a terra in un certo senso, e dimostrare di essere capace di iniziare una relazione in modo paritario. Questo non ti rende meno uomo, anzi.
Non è la conquista che ti definisce, non esisti solo in relazione ad un’altra persona, non devi essere per forza in coppia per “valere”. Questa cosa mi gira in testa quando penso a tutti gli assassini un po’ smarriti e catatonici che vedo: vale per Filippo Turetta, vale per Mark Samson, vale per Stefano Argentino. Ragazzi che si cristallizzano in una relazione che alla fine distruggono perché hanno l’unico interesse dello status che quella relazione può conferire loro, la rappresentazione di un potere, di una dominazione esplicita o passivo-aggressiva. O che si fissano sul desiderio di possesso e all’opposizione di un rifiuto “cancellano” la scomoda testimone/attentatrice della loro supposta scarsa virilità. La tristezza di queste persone è che vivono interpretando un ruolo, quello del maschio dominatore/controllore, impedendosi di fiorire, di entrare in contatto con la propria interiorità, di essere più liberi, più autentici, più umani.
Molti uomini vivono il “nuovo” scenario relazionale come una continua prova da superare, un esame. Ma nessuno ti obbliga a stare in una relazione. Vivere in coppia non è un diritto da rivendicare, è un incontro che si costruisce giorno dopo giorno, ovviamente tra mille alti e bassi. E può finire. L’alternativa? Diventare uomini capaci di desiderare e di mettere in gioco il desiderio, non solo di possedere e controllare.
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Se ti dico che “il consenso è sexy”, intendo proprio questo: è la forma più avanzata dell’amore adulto. Rendersi disponibili al no, alla frustrazione, alla messa in discussione: è questo il nuovo romanticismo. Pensaci.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”… E se le notizie non sono qui, non disperare: a volte ce le scambiamo sulla chat di Patrilineare!
Ritratto di Christine de Pizan, miniatura tratta dal manoscritto "Libro della Città delle Dame", ms. 609, c. 2v, 1401-1500, Bibliothèque nationale de France, Parigi
Vorrei iniziare, tanto per cambiare, con una notizia che instilla un po’ di speranza in un cambiamento culturale (ovviamente non in Italia, ma speriamo di venire presto contagiati): in Francia cambia la legge sullo stupro e viene introdotto il concetto di consenso.
Se riportiamo lo sguardo al di qua delle Alpi, però, sembra tutto un déjà vu. Vedi ad esempio Il Post a proposito dei dati sui femminicidi e Annalisa Camilli su Internazionale che spiega cosa servirebbe per ridurre il numero dei femminicidi. Sempre Il Post ci ricorda anche come si dovrebbe parlare di femminicidi sui giornali (spoiler: non come fanno da 80 anni in qua).
Ormai lo hanno capito anche i sassi, la violenza sessuale è un punto d'onore nell'amministrazione Trump: ne parla Carter Sherman in un lungo pezzo sul Guardian e da noi su ValigiaBlu - se te lo fossi perso - con uno dei titoli più belli degli ultimi mesi (bello perché vero in modo abbagliante).
La deriva del Careggi, Marta Impedovo su Il Post.
Alessandro Zan lavora nell'ombra e fa passare gli emendamenti EU per riconoscere le identità nonbinary.
Sex work is work: e allora la maestra di Treviso? Arianna Montanari su Rivista Studio riflette sulla nostra sessuofobia.
La Valle d'Aosta e gli assorbenti gratuiti nelle scuole: le grandi conquiste, un territorio alla volta (ce n’est qu’un debut).
La redazione di Futura News parla di Lorenzo Gasparrini e del suo intervento a Biennale Democrazia a Torino.
Su ReWriters Stefano Ferri recensisce il libro “La mascolinità è tossica?” Di Andrew Smiler.
“Taci, anzi parla”, il diario di Carla Lonzi: ne parla Michelina Borsari su Il Manifesto.
Eteropessimismo: le donne ci vedono davvero così male? Mi sa di sì. Io mi farei qualche domanda (il pezzo è di Rachel Connolly sul Guardian).
Clara Latorraca su Luce a proposito del divieto del Ministero dell'Istruzione di usare schwa e asterischi nelle comunicazioni ufficiali.
Ma torniamo anche stavolta a parlare di manosphere e incel, ché qui l’eco di Adolescence non si è mica esaurito! Partiamo con la maladolescenza franchista in Spagna, da Sam Jones sul Guardian. È interessante vedere che non sono solo gli adulti a discuterne: Deborah Disparti parla di cyberbullismo e sottoculture incel da Deborah Disparti su Studenti.it. Per Letizia Pezzali su Domani l’estremismo incel non è solo un problema dei social (avoja!). Infine, grazie alla segnalazione di Mara, ho ripescato un podcast breve e incisivo che non avevo mai segnalato su Patrilineare e che invece dovreste ascoltare: Oltre, il podcast di Beatrice Petrella su Raiplay parla della comunità incel italiana in 4 comodi episodi, agghiaccianti tanto quanto quelli di Adolescence.
Alleggeriamo in chiusura: Christine de Pizan e Taylor Swift nello stesso articolo su Ms. Magazine? Curioser and curioser!
Sul Post, la dimostrazione che la storia è una spirale infinita e che le mode arrivano, scemano, e poi ritornano. Le app di incontri pare abbiano fatto il loro tempo.
Infine, momento video: Giulia Santerini intervista Serena Dandini su Metropolis a proposito di donne, patriarcato e del suo libro "C'era la luna" (consigliatissimo, ovviamente).
Cosa mi gira in testa?
Come puoi notare dall’immagine sottostante con i corpi sudaticci e sporchi di Daniel Craig e Drew Starkey, ho visto finalmente Queer di Luca Guadagnino. Non è un film facile. Potrei dire che è anche un film abbastanza noioso e spiazzante, ma non per i motivi che pensavo (cioè, perdonatemi, ma comunque Burroughs per quanto io lo abbia sempre trovato molto affascinante l’ho anche sempre considerato una palla smisurata). È comunque un film molto interessante e tutto sommato da non perdere, che cerca di scandagliare le profondità del desiderio maschile. Ne ho parlato un po’ qua.
Daniel Craig e Drew Starkey in Queer © A24
Invece sul fronte spensieratezza ma non troppa, che poi ci dimentichiamo che il mondo è una merda, ti consiglio vivamente una serie (già conclusa nel 2022 ma in questo caso sono arrivato lungo come le proverbiali palle del cane) che sto bingiando in questi giorni: Better Things, di e con Pamela Adlon, su Disney+. L’avevo in lista7 da un po’ perché trovo che Pamela Adlon sia una delle attrici più brave, più sensibili e più sottovalutate della sua (che è anche la mia) generazione. Magari la ricordi come Marcie Runkle in Californication. In Better Things lei è Sam Fox, madre single di tre ragazze di 17, 13 e 10 anni nella prima stagione. Sam risuona moltissimo con me e la mia attitudine alla genitorialità perché è incasinata, ci prova fortissimo e non sempre ci riesce, magari sbaglia approccio ma poi risolve con empatia. Un personaggio carico di difetti che è impossibile non amare per una serie che un po’ mette l’ansia ma tutto sommato è molto feel good.
Raccomandazioni
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Dai, basta così. Ti ricordo come ogni volta che puoi lasciarmi due euro buttandoli nella tazza di Ko-fi (clicca sulla GIF qui sotto). Ko-Fi ti permette anche, se vuoi, di lasciarmi tipo due euro ogni mese. Se lo fai dirò una preghiera apposta per te, o ti dedicherò una meditazione vipassana.
Riapri questa mail quante volte vuoi (tanto lo so che lo fai) e rifletti almeno una volta al giorno sul concetto di consenso. Se conosci qualcuno che non lo capisce o non lo conosce, parlane anche con lui. È cosa buona e giusta. Alla prossima!
Tanta roba il premio GAC 😅.
sarà che al momento sono bombardato da un raffreddore cosmico, ma leggendo questa newsletter mi sono venute in mente più cose contemporaneamente che non so se sono corenti, ma vabbè...
le prime sono dei video che si trovano facilmente on line con delle inteviste a giovanissime coppie siciliane del 1965 (https://youtu.be/jFZE93R_M2Q?feature=shared) e del 1978 (https://www.tiktok.com/@giuseppeplatania2profilo/video/7354704675427454241?is_from_webapp=1&sender_device=pc). La convinzione che il "no" non vuole dire "no" e che bisogna insistere nasce da quella cultura lì di convenzioni patriarcali e morale pseudocattolica e ignoranza che vuole che se un ragazzo e una ragazza parlano per più di una volta sono già "compromessi". E una ragazza non può compromettersi. Mentre il maschio ( come si evince dal video del '78) invece può far quel che vuole.
Poi mi è venuto in mente un pezzo recente di Francesca Cavallo che dice in relazione alle fiabe che il principe non è un personaggio ma solo una "funzione" in relazione alla protagonista. Non ha autonomia...per dire i 7 nani sono personaggi più autonomi e approfonditi del principe.
E questa caratteristica di definirsi solo in relazione alla funzione che hai rispetto alla donna la trovo profondamente vera.
D'altronde io alla prima domanda del podcast di Irene Facheris " quand'è stata la prima volta in cui ti sei accorto di essere un maschio" mi sono risposto " quando ho capito che potevo innamorarmi delle ragazze". E infatti ero un bambino fortemente romantico da che io mi ricordi...E il concetto di rendersi "degno" della principessa da salvare e che contemporaneamente ti redime ed eleva credo di averlo fatto molto mio.
Però nel momento in cui venivo rifiutato o lasciato il mio pensiero era sempre che sarebbe andata meglio con la prossima...come si arrivi alla radicalizzazione di questo meccanismo fino al punto di non lasciare scampo quello proprio non me lo so spiegare.