Grazie Pietro per aver citato il mio commento nella chat di Polpette 😊
Spesso in passato quando pensavo alla mia situazione di maschio eterno cis (praticamente quasi al centro della ruota) provavo uno strano senso di disagio. Ora ho capito che questo disagio era una legato al privilegio di cui solo adesso riesco ad avere un'idea.
Sull'intersezionalità e sulla marginalizzazione ci sarebbero fiumi di parole da scrivere sopratutto in relazione alla lotta di classe e alla lotta all'attuale sistema ultraliberistico
Grazie a te di leggermi innanzitutto! E poi sì: il problema degli ultimi anni è che abbiamo preso "alla lettera" una considerazione di 30 anni fa che sovrapponeva razza e genere per parlare di marginalizzazione; ma dobbiamo vedere il quadro complessivo e per vederlo non si può prescindere dalla classe sociale che sembra "passata di moda" ma non lo è per un cazzo e dalla scolarità, dall'accesso al lavoro, alla casa: i diritti sono anche questi, ma è così comodo dire che "quelli di sinistra pensano solo ai diritti" (sottintendendo "quelli delle donne, degli handic*ppati, dei ne*ri e dei f*oci").
Che poi a me non piace chi divide diritti civili e diritti sociali, sono diritti e basta. Perché i diritti danno a tutti e non tolgono a nessuno, perché garantire pari dignità alle donne, alle persone LGBT, agli immigrati significa che nessuno resterà mai indietro... E non sai mai la ruota della vita come gira...
Grazie Pietro per aver sottolineato il concetto di intersezionalità all'indomani di queste elezioni, non solo perché la sconfitta di Kamala Harris è inseparabile dal suo essere una donna nera (anche se non è stato l'unico fattore né a mio avviso, al contrario del 2016, quello determinante, come ho cercato di articolare qui: https://ancheunadonnaqui.substack.com/p/per-capire-cosa-e-successo-bisogna), ma anche per quello che esprimi molto bene dicendo: "Chi riflette sull’intersezionalità in modo superficiale si ferma alla dicotomia potere/marginalizzazione, privilegio/oppressione ed è portato a fare semplicisticamente una somma o sottrazione di privilegi trasformando l’intersezionalità in una questione individuale". È proprio questo fraintendimento del concetto di intersezionalità che ha spostato così tante persone verso Donald Trump, motivate dall'individualismo del "sono stanco di sentirmi dare dell'oppressore, le mie tasche sono vuote" ecc. È da qui secondo me che è necessario ripartire. Come? A mio parere, raffinando la comunicazione su questi temi con certi segmenti della società (o comunque è quello che farò io).
Ps. ti lascio questo mio pezzo oggi su Rivista Studio che penso possa interessarti, perché parla dello spostamento a destra della Gen Z a causa di una crisi della mascolinità di cui qui negli Stati Uniti solo Trump sembra aver colto la componente politica: https://www.rivistastudio.com/giovani-maschi-voto-trump/
Grazie Enrica, ho letto il pezzo su rivista studio e lo incamero per una prossima uscita perché offre spunti veramente interessanti. Il problema di comunicazione secondo me sta nel fatto che occorre far capire che ANCHE l’uomo bianco povero senza istruzione e con lavori precari è anche lui marginalizzato. Che l’unica parte sociale veramente non marginalizzata è il famoso 1% e che DI SICURO l’1% non lavora a favore dei bianchi poveri così come non lavora a favore delle donne o della comunità lgbtqia+ o chissà che altro. Vero, l’ossessione di catalogare è tipica di una certa sinistra ma dove sta l’errore di valutazione? C’è una frase nel tuo articolo che dice “per il maschio bianco è già stato fatto tutto, ora lui non merita più niente” o qualcosa del genere. Ma torniamo sempre lì: la coperta non è troppo corta, non è che se do qualcosa alle donne lo tolgo agli uomini. Poi a mio personale avviso (ma dovrei approfondire) in USA mancano quelle che da noi sono le scuole professionali anche di alto livello come gli ITS sui quali qui si punta molto proprio per dare buoni sbocchi professionali a lavori non da laureati. Boh, comunque è super complesso 😞 che sconforto.
Sono molto contenta che il pezzo ti sia interessato! Sì, anche l'uomo bianco povero senza istruzione è marginalizzato, infatti dovremmo davvero recuperare il concetto di classe (che un vero approccio intersezionale non dimentica) per cercare la strada per andare avanti. Come dici, non è un gioco a somma zero: c'è posto per tutti, e dobbiamo insistere sul comunicare questo concetto in una maniera che possa arrivare.
Quello che dici sulle scuole professionali è interessantissimo e affascinante, non ci avevo mai pensato! Hai ragione, qui la scuola superiore (high school) non è suddivisa in indirizzi come da noi (licei vari, istituti tecnici e professionali) ma sono quattro anni di istruzione generale. Ho appena chiesto al mio ragazzo americano e mi ha confermato che anche se esistono delle "trade school" per imparare mestieri a questo livello dell'istruzione, non sono per niente comuni. A livello universitario si possono ottenere "associate degrees" di due anni (diversi dal college degree di quattro anni) che sono, per così dire, mezze lauree pensate per lavori più manuali e tradizionalmente maschili. Però è comune, nella classe lavoratrice, andare a lavorare già dopo le superiori.
Ciao Pietro, interessante e molto approfondito come sempre. Secondo te, i bambini quando perdono la loro natura "by design" di vivere l'intersezionalità come una realtà positiva, senza pregiudizi e/o degrado verso becere marginalizzazioni? E quanto la colpa ricade sull'atteggiamento di noi adulti, che diamo il "cattivo esempio"?
Hai già centrato il punto, la perdono nel momento in cui iniziano a sentire i genitori che dicono "ah ma quel tuo compagno non ha mica un cognome italiano", oppure "quella lì è una zingara" o "eh poverino chissà che vita di merda sulla sedia a rotelle". Che poi son cose che capita a tutti di dire, ma bisognerebbe fare più attenzione, che i bambini sono spugne.
Grazie Pietro per aver citato il mio commento nella chat di Polpette 😊
Spesso in passato quando pensavo alla mia situazione di maschio eterno cis (praticamente quasi al centro della ruota) provavo uno strano senso di disagio. Ora ho capito che questo disagio era una legato al privilegio di cui solo adesso riesco ad avere un'idea.
Sull'intersezionalità e sulla marginalizzazione ci sarebbero fiumi di parole da scrivere sopratutto in relazione alla lotta di classe e alla lotta all'attuale sistema ultraliberistico
Grazie a te di leggermi innanzitutto! E poi sì: il problema degli ultimi anni è che abbiamo preso "alla lettera" una considerazione di 30 anni fa che sovrapponeva razza e genere per parlare di marginalizzazione; ma dobbiamo vedere il quadro complessivo e per vederlo non si può prescindere dalla classe sociale che sembra "passata di moda" ma non lo è per un cazzo e dalla scolarità, dall'accesso al lavoro, alla casa: i diritti sono anche questi, ma è così comodo dire che "quelli di sinistra pensano solo ai diritti" (sottintendendo "quelli delle donne, degli handic*ppati, dei ne*ri e dei f*oci").
Che poi a me non piace chi divide diritti civili e diritti sociali, sono diritti e basta. Perché i diritti danno a tutti e non tolgono a nessuno, perché garantire pari dignità alle donne, alle persone LGBT, agli immigrati significa che nessuno resterà mai indietro... E non sai mai la ruota della vita come gira...
Grazie Pietro per aver sottolineato il concetto di intersezionalità all'indomani di queste elezioni, non solo perché la sconfitta di Kamala Harris è inseparabile dal suo essere una donna nera (anche se non è stato l'unico fattore né a mio avviso, al contrario del 2016, quello determinante, come ho cercato di articolare qui: https://ancheunadonnaqui.substack.com/p/per-capire-cosa-e-successo-bisogna), ma anche per quello che esprimi molto bene dicendo: "Chi riflette sull’intersezionalità in modo superficiale si ferma alla dicotomia potere/marginalizzazione, privilegio/oppressione ed è portato a fare semplicisticamente una somma o sottrazione di privilegi trasformando l’intersezionalità in una questione individuale". È proprio questo fraintendimento del concetto di intersezionalità che ha spostato così tante persone verso Donald Trump, motivate dall'individualismo del "sono stanco di sentirmi dare dell'oppressore, le mie tasche sono vuote" ecc. È da qui secondo me che è necessario ripartire. Come? A mio parere, raffinando la comunicazione su questi temi con certi segmenti della società (o comunque è quello che farò io).
Ps. ti lascio questo mio pezzo oggi su Rivista Studio che penso possa interessarti, perché parla dello spostamento a destra della Gen Z a causa di una crisi della mascolinità di cui qui negli Stati Uniti solo Trump sembra aver colto la componente politica: https://www.rivistastudio.com/giovani-maschi-voto-trump/
Grazie Enrica, ho letto il pezzo su rivista studio e lo incamero per una prossima uscita perché offre spunti veramente interessanti. Il problema di comunicazione secondo me sta nel fatto che occorre far capire che ANCHE l’uomo bianco povero senza istruzione e con lavori precari è anche lui marginalizzato. Che l’unica parte sociale veramente non marginalizzata è il famoso 1% e che DI SICURO l’1% non lavora a favore dei bianchi poveri così come non lavora a favore delle donne o della comunità lgbtqia+ o chissà che altro. Vero, l’ossessione di catalogare è tipica di una certa sinistra ma dove sta l’errore di valutazione? C’è una frase nel tuo articolo che dice “per il maschio bianco è già stato fatto tutto, ora lui non merita più niente” o qualcosa del genere. Ma torniamo sempre lì: la coperta non è troppo corta, non è che se do qualcosa alle donne lo tolgo agli uomini. Poi a mio personale avviso (ma dovrei approfondire) in USA mancano quelle che da noi sono le scuole professionali anche di alto livello come gli ITS sui quali qui si punta molto proprio per dare buoni sbocchi professionali a lavori non da laureati. Boh, comunque è super complesso 😞 che sconforto.
Sono molto contenta che il pezzo ti sia interessato! Sì, anche l'uomo bianco povero senza istruzione è marginalizzato, infatti dovremmo davvero recuperare il concetto di classe (che un vero approccio intersezionale non dimentica) per cercare la strada per andare avanti. Come dici, non è un gioco a somma zero: c'è posto per tutti, e dobbiamo insistere sul comunicare questo concetto in una maniera che possa arrivare.
Quello che dici sulle scuole professionali è interessantissimo e affascinante, non ci avevo mai pensato! Hai ragione, qui la scuola superiore (high school) non è suddivisa in indirizzi come da noi (licei vari, istituti tecnici e professionali) ma sono quattro anni di istruzione generale. Ho appena chiesto al mio ragazzo americano e mi ha confermato che anche se esistono delle "trade school" per imparare mestieri a questo livello dell'istruzione, non sono per niente comuni. A livello universitario si possono ottenere "associate degrees" di due anni (diversi dal college degree di quattro anni) che sono, per così dire, mezze lauree pensate per lavori più manuali e tradizionalmente maschili. Però è comune, nella classe lavoratrice, andare a lavorare già dopo le superiori.
Ciao Pietro, interessante e molto approfondito come sempre. Secondo te, i bambini quando perdono la loro natura "by design" di vivere l'intersezionalità come una realtà positiva, senza pregiudizi e/o degrado verso becere marginalizzazioni? E quanto la colpa ricade sull'atteggiamento di noi adulti, che diamo il "cattivo esempio"?
Hai già centrato il punto, la perdono nel momento in cui iniziano a sentire i genitori che dicono "ah ma quel tuo compagno non ha mica un cognome italiano", oppure "quella lì è una zingara" o "eh poverino chissà che vita di merda sulla sedia a rotelle". Che poi son cose che capita a tutti di dire, ma bisognerebbe fare più attenzione, che i bambini sono spugne.