Come smettere di aggrapparsi al potere e vivere meglio
Questo è il seguito di un fortunato post dell'anno scorso e ti spiega cos'è il dispoteramento e perché ti dovrebbe interessare.
The Wanderer Above the Sea of Fog - Caspar David Friedrich, 1818
Ma buongiorno! Spero che questa email ti trovi bene… No, non è un pesce d’aprile, è che Patrilineare ha questa cadenza qua, sui numeri “uno” del mese. Stai vivendo bene la primavera? Io mi sento moderatamente carico (senza esagerare, perché sono pur sempre torinese) e ho preparato una sorta di “episodio due” di un post di qualche mese fa, che è stato uno dei più apprezzati della newsletter (toh, te lo piazzo qui sotto).
In questo episodio due andiamo a vedere insieme che cos’è il disempowerment (in italiano - lo so, è bruttino - dispoteramento) e perché per il maschio etero e cisgender che si definisce femminista è una pratica da coltivare. Come in quel vecchio post, le illustrazioni sono tutte tratte da quadri famosi che ritraggono modelli maschili di riferimento. Pronto? Preparati un caffé, sarà lunghissimo!
Oltre il privilegio, il dispoteramento
Allora: nel vecchio post (l’hai letto?) parlavo di come sfruttare a vantaggio di una società più equa - cioè, intendiamoci, una società transfemminista - il nostro privilegio maschile. Il punto cruciale, non dico d’arrivo perché anche questo è un processo continuo, sarebbe il cosiddetto disempowerment. Cos’è? Ma ovvio, è il contrario di empowerment! Ne sai quanto prima, lo so. Empowerment è un concetto che si sente spesso quando a parlare sono… uhm… le “femministe di destra”1. Voglio dire: empowerment è un bellissimo concetto, ha a che fare con il riconoscersi validə, con l’usare i propri punti di forza e con l’acquisizione di maggior potere (contrattuale, sociale, quello che vuoi). Chi insiste molto su questo concetto però in genere ragiona all’interno di un frame narrativo in cui “le donne devono avere lo stesso potere degli uomini” (chioserei: alcune donne, ma non voglio addentrarmi in territori pericolosi). Sia come sia, l’empowerment è di solito un concetto che viene associato alla metà femminile del mondo. La metà maschile non ne ha bisogno, è già “empowered”, per mille motivi.
Al maschio serve invece un disempowerment, cioè un “dispoteramento”. Praticare il dispoteramento vorrebbe dire lavorare per ridurre il potere che abbiamo sulle donne e su altre soggettività marginalizzate a causa del sistema patriarcale. Non si tratta di perdere fiducia o capacità personali, ma di rinunciare ai privilegi ingiusti che derivano dall'essere uomini nella nostra società.
Self Portrait - Joseph Mallord William Turner, 1799
Ti faccio un esempio pratico: immagina di essere in una riunione dove gli uomini tendono a parlare più delle donne. Un uomo che pratica il dispoteramento potrebbe scegliere di parlare meno, dando spazio alle colleghe per esprimere le proprie idee. Alla fine è semplice, molto si riduce a essere consapevoli delle proprie azioni: riflettere sul proprio comportamento per evitare di riprodurre dinamiche di dominazione maschile. Altri piccoli esempi di vita quotidiana e lavorativa: posso ridurre la mia presenza in ambienti dominati da voci maschili, promuovendo la leadership femminile. Posso segnalare opportunità lavorative e di visibilità a donne e soggettività marginalizzate. Posso lavorare sulla consapevolezza del mio corpo e della mia voce, cercando di capire “quanto spazio occupo”2. Più semplicemente posso ascoltare chi maschio non è, cercando di imparare qualcosa di nuovo.
Ma.. attenzione: il dispoteramento non è una questione stile Francesco d’Assisi, della serie “mi spoglio di tutto e vaffanculo”. È piuttosto un processo dinamico e adattato ai vari contesti, anche per evitare di incorrere in paradossi e contraddizioni. Il potere maschile è strutturale: anche se io cerco di “restituire” il potere che mi deriva dal patriarcato, questo non significa che la società lo redistribuirà automaticamente in modo equo. Ad esempio, se rifiuto un ruolo di leadership, questo potrebbe essere comunque occupato da un altro uomo anziché da una donna. E comunque sappiamo tuttə benissimo che alcuni privilegi maschili (come sentirsi più sicuri per strada di notte o essere presi più sul serio in contesti lavorativi) non dipendono da scelte individuali ma da norme sociali.
Allora, piuttosto che cercare un - impossibile - dispoteramento totale e immediato, è più utile pensarlo come un processo dinamico e contestuale. Non si tratta di abbandonare qualsiasi forma di potere, ma di usarlo in modi che ridistribuiscano risorse e opportunità quando possibile. Ovviamente poi è un processo nel quale si faranno errori. Basta accettare che sbagliare è inevitabile (nessuno nasce perfetto nel decostruire il patriarcato) e che è normale anche ricevere critiche, l’importante è non viverle come un attacco personale. Reagire giustificandosi, negando o assumendo un atteggiamento vittimista sono le spie che non lo stai facendo nel modo giusto. Se qualcunə ti fa notare che hai detto o fatto una cosa problematica, la cosa migliore è ascoltare bene, riflettere e ringraziare per l’opportunità di crescita personale.
Olivier Journu - Jean-Baptiste Perroneau, 1756
Scusa se mi dilungo più del solito, ma mi sembra utile anche fare questa distinzione nel momento in cui ti parlo di “potere”. Il potere non è un concetto monolitico, ma si manifesta in modi diversi. I femminismi hanno storicamente lavorato per redistribuire il potere e trasformarlo in una forza collettiva e inclusiva. Gli uomini femministi, invece, dovrebbero concentrarsi sul ridurre alcune forme di potere per non riprodurre dinamiche patriarcali. Ti faccio uno schemino, per capirci. Io distinguo:
“potere su” → dominazione e controllo sugli altri
”potere di” → capacità di agire e trasformare la realtà
”potere con” → potere condiviso, costruzione collettiva
Il potere su è il dominio sugli altri, il controllo esercitato in modo gerarchico e oppressivo. Il patriarcato si regge proprio su questa forma di potere, ed è questa forma di potere su cui dobbiamo soprattutto lavorare per dispoterarci. Il potere di è la capacità di agire e trasformare il mondo. È un potere personale e non gerarchico, legato all’autonomia, alla creatività e all’azione. I femminismi lavorano per aumentare il “potere di” delle donne, perché il patriarcato ha storicamente negato loro autonomia e possibilità di scelta. Per noi maschi, questo potere non va ridotto: va usato in modo diverso. In questo senso ti dico che non è necessario rinunciare alle proprie competenze, ma impiegarle per il cambiamento. Il potere con, infine, è il potere condiviso: la capacità di costruire qualcosa insieme. È una forma di potere positiva, ma diventa problematica quando si traduce in solidarietà maschile escludente, cioè nella tendenza degli uomini a sostenersi e proteggersi a vicenda a discapito delle donne. Sono sicuro che puoi trovare anche tu molti esempi di potere con tossico: quando sul lavoro gli uomini danno più credito ai colleghi maschi rispetto alle colleghe, quando nei contesti di abuso gli uomini proteggono altri uomini invece di schierarsi con le vittime, anche quando “semplicemente” tra amici il sessismo viene normalizzato (“sono solo battute”). Il potere con va condiviso con tuttə, non solo con il gruppo dominante.
Head of boy - Francis Bacon, 1960
Alla fine, il dispoteramento non è una “sfida da completare” né una forma di tafazzismo3. È un percorso continuo, fatto di consapevolezza, azione e revisione costante del proprio ruolo. Non significa rinunciare al proprio potere, ma utilizzarlo in modo consapevole. Nello specifico, noi uomini dovremmo ridurre il potere su (dominazione) e correggere le distorsioni del potere con (complicità maschile), e dovremmo invece impiegare il nostro potere di in modo responsabile, per aiutare a costruire una società più equa. Ti pare?
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”… E se le notizie non sono qui, non disperare: a volte ce le scambiamo sulla chat di Patrilineare!
Owen Cooper in Adolescence © Netflix / Plan B Productions
Parliamo di Adolescence? Parliamone! Io non ho molto di originale da dire, se n’è discusso un po’ sulla chat, l’ho vista tutta in una notte qualche settimana fa e sono stato malissimo. Intanto la serie è letteralmente esplosa e (meno male) ha portato nel mainstream la discussione sulla manosphere. Se ti va di approfondire, ti metto qui per cominciare l’approfondimento su The Italian Review a cura di , la puntuale recensione di Paolo Armelli su Wired, un interessante pezzo di Gary Barker su Ms. Magazine e un altro di Michael Flood sul Guardian - come vedi tutti molto incentrati a parlare di incel e mascolinità tossica on line e soprattutto di come noi padri possiamo crescere figli maschi diversi, che è proprio quello che si auguravano Jack Thorne e Stephen Graham quando hanno scritto la serie. A proposito di Jack Thorne, è molto bello questo profilo che ne fa Chris Bennion su Internazionale. E se grazie ad Adolescence la manosphere è sempre più mainstream (come testimonia anche Viola Stefanello sul Post), abbiamo anche i soliti sospetti che non fanno altro che buttarla in caciara… Per fortuna sul Guardian c’è chi invece ha intervistato dei veri adolescenti che dicono la loro su cosa significa essere ragazzi oggi tra influencer di merda, porno e amicizie difficili con ragazze. Ultime ma non da meno, su Maschi del futuro e su Sarò Brevi hanno dedicato due uscite veramente interessanti a questa miniserie (qui sotto).
Un altro prodotto culturale che ha dominato le news in questi giorni è l’esperimento del Foglio con l’intelligenza artificiale, che ti cito qui più che altro perché l’articolo d’esordio strilla fin dal titolo “solo una intelligenza artificiale può sfidare il politicamente corretto senza essere linciata”. Oh, bella! Ma allora anche l’AI ci conferma che non si può più dire niente? Beh, no… dipende molto da chi scrive i prompt (e da come li scrive). Ne parla in modo approfondito su The Slow Journalist nel post qui sotto (se chiedi a me, Alberto - insieme a - è la persona di riferimento in Italia per capire meglio il mondo delle intelligenze artificiali).
mi segnala un pezzo di Andrew Marantz sul New Yorker: se i giovani son tutti MAGA, in che modo la sinistra li può riconquistare?
Mirko di Meo su Luce parla degli uomini che rifiutano il privilegio maschile: siamo sempre di più!
Numeri secchi: il 57% dei tweet italiani sono messaggi d’odio. Andiamo bene! Ma per approfondire scarica e leggi la mappa completa di VOX Osservatorio italiano sui diritti.
Trap e contenuti violenti: un approfondimento dettagliato sulla storia del “panico morale” da Zappa e gli Iron Maiden a oggi di Tiziana Metitieri su ValigiaBlu. Ne riparleremo presto anche su Patrilineare.
Aurora Molinari su Libero Pensiero parla di violenza ostetrica (un tema che le donne conoscono benissimo e gli uomini… un po’ meno, e invece dovremmo). Ne parla anche nel più recente numero di Ti spiego il dato.
Su Scientific American, Simòn(e) D. Sun ribadisce che la transfobia è essenzialmente legata a convinzioni pseudoscientifiche.
Cose che non vorremmo mai leggere: la storia di Alex Garufi, tiktoker nonbinary che si è toltə la vita a causa dell’odio on line.
Elena Tebano sul Corriere fa un bel reportage sui bambini del Pride 2005 (oggi adulti) nel ventennale della nascita di Famiglie Arcobaleno.
Today intervista Flavia Restivo sul suo libro “Gli svedesi lo fanno meglio”. Il tema, ovviamente, è l’educazione sessuale.
La grassofobia vive e lotta insieme a… loro. Il chubby filter di TikTok, raccontato da Giorgia Feroldi su Rivista Studio
Meno ansie da prestazione, dice Pauline Verduzier su Internazionale, e soprattutto basta con ‘sta fissa della penetrazione.
Being Maria è il biopic su Maria Schneider, star suo malgrado in Ultimo tango a Parigi: ne parla Richard Brody sul New Yorker.
Heartstopper prestato a una undicenne dalla biblioteca civica di Bologna… ed è subito polemica. Peraltro Heartstopper, il graphic novel sull’amore e la sessualità adolescenziale più casto che esista. Heartstopper, dove se scopano si vedono solo cuoricini che fluttuano. Io, boh.
L’episodio di Sigmund, il podcast di Daniela Collu, sull’identità di genere e su come si sviluppa l’identità… in genere. Lungo ma interessantissimo.
Due video per chiudere: il primo riporta le conversazioni più difficili che potresti avere con i tuoi genitori, dai registi brasiliani Paula Sacchetta e Renan Flumian per il New York Times.
Il secondo - dato che ne avevamo già parlato - riporta la scena tagliata da Win or Lose, la serie Pixar su Disney+, con l’esplicitazione della storyline trans* di Kai. Anche se a mio avviso si capiva abbastanza bene lo stesso che il personaggio queer era il suo.
Cosa mi gira in testa?
Ho finito sia Parlare tra maschi di Alessandro Giammei che Gender is over di Isa Borrelli, sul comodino mi attendono speranzosi Erotica dei sentimenti di Maura Gancitano e anche Fuori le palle di Victoire Tuaillon è rimasto sepolto da un tot di altri acquisti. Sul Kindle ho una valanga di testi mezzi iniziati e mezzi no che ammiccano… La solita vita da lettore compulsivo. Per staccare un po’, mi piace suggerirti tre album italianissimi che sto sentendo con piacere mentre cammino per le strade della città.
Un dettaglio della copertina di Joanita © Numero Uno / Sony Music Entertainment
Il primo è Joanita di Joan Thiele, che pare un incontro al vertice tra una colonna sonora di Quentin Tarantino e una raccolta di b-sides di Mina, con un mood assassino e arrangiamenti perfetti. Il secondo è - ça va sans dire - Volevo essere un duro di Lucio Corsi, che ai singoli già sentiti aggiunge una galleria di personaggi fantastici tipo il bullo Rocko, l’ineffabile Francis Delacroix o “il re del rave”. Il terzo è più ostico, ma ascoltalo perché è molto interessante: Flowers are blooming in Antarctica è un incrocio tra elettronica e contemporary jazz per il sax della bolognese Laura Agnusdei, ex Julie’s Haircut.4
Raccomandazioni
Te lo ripeto ogni volta, è attiva la “Raccolta punti di Patrilineare”! Non hai che da cliccare sul pulsante “Invita un amico” e mandare il link a una (o più) persone che potrebbero iscriversi. Si vincono premi!
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Adesso è veramente finita, puoi tornare a respirare. Scusami, quando l’argomento mi appassiona vado lungo, e poi ogni volta che devo costruire un Patrilineare saltano fuori una valanga di notizie, e fidati che te ne propongo una minima parte.
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che puntata! troppo ricca, me la devi rimandare a fine settimana così la riapro e colgo tutti gli spunti :)
Ciao Pietro, ho trovato interessante la distinzione tra “potere su”, ”potere di” e ”potere con". Sul lavoro, indipendentemente dal genere del collega, ho cercato sempre un approccio di ”potere con" ma, a volte, per motivi diversi (stress, scadenze, tensioni), sono degenerato nella categoria “potere su”. Questo tuo reminder mi aiuterà ad allontanare il focus in certe situazioni per gestire al meglio le relazioni con i colleghi.