Patrilineare: qualche risposta e due domande
Siamo quasi a quota 800 iscrittə. Ne approfitto per presentare me e il progetto a chi è arrivato in corsa e per chiederti una piccola collaborazione.
Oggi ci metto la faccia, i capelli, i libri, i fiori - © selfiebrutti
Ciao! Mi sono reso conto che fra un mese Patrilineare compie un anno (e peraltro, che durante il mese di agosto Patrilineare va in ferie per un paio di uscite, ma questo ce lo diciamo la prossima volta).
Al tempo stesso, vedo che lə iscrittə aumentano sempre di più: ho iniziato pubblicizzando la newsletter presso un piccolo gruppo di amici e conoscenti, poi su Substack e sui social sono stato rilanciato da alcune persone che hanno fatto da volano1 e adesso veleggiamo verso gli 800 iscritti, un numero che per me - che non sono nemmeno un nanoinfluencer2 - è parecchio alto.
E allora, visto che siamo in tanti e solo con una piccola percentuale di iscritti ho un rapporto personale, mi (ri)presento: mi chiamo Pietro Izzo, non sono uno famoso e non ho scritto libri rilevanti,3 lavoro nel settore della comunicazione digitale dal 1995, perseguo con fortune alterne anche l’attività di giornalista, il mio background di studi è piuttosto classico e focalizzato prevalentemente su linguistica, semiotica, storia e critica del cinema. Dal 2003 ho portato le mie esperienze in una pubblica amministrazione, dove di recente sono entrato a far parte anche del Comitato Unico di Garanzia.4
Per lavoro mi occupo di grafica, di video, di web design, di social media. Ma dal punto di vista della produzione di contenuti, quello che mi viene meglio è scrivere - scrivere tanto. Nel 2013 sono diventato padre. Di un figlio maschio. Questo fatto ha scatenato in me alcune riflessioni che mi hanno spinto a riprendere studi personali su teorie di genere, esperienze femministe e queer che hanno sempre fatto parte del mio DNA culturale, ma che non avevo mai sistematizzato. Ho cominciato a riflettere sul tipo di società che stiamo lasciando in eredità ai nostri figli e su come dovremmo essere soprattutto noi padri a trasmettere un modello diverso ai giovani maschi. Ho ripreso in mano bell hooks, Carla Lonzi, Lorenzo Gasparrini, Judith Butler, Michela Murgia, Chimamanda Ngozi Adichie, Paul B. Preciado, Virginie Despentes, decine di altri autori che non starò ad elencare qua.5
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Poi è arrivato il Covid-19. Mio figlio faceva (in DAD) prima elementare, tutta la famiglia era chiusa in casa e io, come unico sfogo, scrivevo. Scrivevo molto di quello che avrei voluto trasmettere al piccolo di casa, quasi un libro o un diario in cui parlavo di educazione sessuale e affettiva, di cultura dello stupro e cultura del consenso, di stereotipi di genere, degli effetti del patriarcato sul maschio, di diversità e inclusione, di identità di genere e di tutti i temi che poi sono confluiti in Patrilineare.
Questi scritti sono rimasti in una cartella di Drive fino a che la scorsa estate ho deciso di rimaneggiarli in una newsletter: mi piaceva l’idea di una comunicazione “calda”, in cui potessi arrivare nelle caselle di mail degli iscritti, una cosa molto diversa da un social (in un momento in cui poi tutti i social stanno affrontando un periodo di enshittification). È nata così la “prima stagione” di Patrilineare, dieci uscite dedicate ai dieci temi che secondo me erano i più importanti e urgenti da discutere tra maschi: paternità, maschilità, privilegio, linguaggio ampio, stereotipi di genere, rape culture, consenso, pornografia, gender studies, lotta al patriarcato.6
Il senso della newsletter è proprio questo: un maschio etero cisgender (io) che sfrutta il suo privilegio - il fatto di avere una voce “autorevole” solo per il fatto di essere maschio - per trasmettere ad altri maschi riflessioni sul disagio della società patriarcale. Poi lo so che tra il pubblico ci sono più donne e più persone trans che altro, ma io faccio finta che non sia così (poi siete tuttə benvenutə, ovviamente).
Nel 2024 è iniziata una “seconda stagione”, in cui mi sono dato dei tempi più strutturati e sto cercando di uscire ogni dieci giorni. Ho introdotto un po’ di diversificazione, tra la rassegna di news tematica, le interviste, la “sex-ed che vorrei” (sempre presa dal bacino di scritti epoca Covid), le risposte al mitico Giancoso, le segnalazioni di libri, film, album e quant’altro. È probabile che questa seconda stagione prosegua fino a fine anno, poi Patrilineare cambierà di nuovo. Come? Non lo so ancora. Ma tu puoi aiutarmi a decidere rispondendo a questo sondaggio (prometto, è breve e simpatico). Devi solo cliccare il bottone qui sotto.
Mi faresti veramente un grande favore. Vai, ti aspetto!
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Ecco, in breve (più o meno) ti ho raccontato tutto. Ma non ti ho detto la cosa più importante. Il prossimo numero di Patrilineare (l’ultimo prima della pausa estiva), vorrei che lo scrivessi tu. Sì, tu: non ti guardare alle spalle, dico proprio a te.
Se clicchi sul bottone qui sotto (non è un altro sondaggio, giuro) puoi rispondere a una singola ma fondamentale domanda, che vorrei diventasse il tema della prossima uscita - un’uscita a più voci, dove riporterò tutte le vostre risposte. La domanda è questa: secondo te, qual è la cosa più importante che un padre può trasmettere a un figlio maschio oggi, e perché?
Pigia e stupiscimi.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
Robin Woods è il campione mondiale di “Dad Dancing” - Photo by Roy Riley/The Guardian
Hai mai letto “Le italiane si confessano” di Gabriella Parca? Dovresti. Ma soprattutto, se sei maschio e vuoi specchiarti nella nostra meravigliosa cultura patriarcale, da oggi puoi recuperare anche “I sultani. Mentalità e comportamento del maschio italiano”, nella nuova edizione Nottetempo. Il Post ne ha pubblicato un estratto agghiacciante.
La disforia di genere non è più un “disturbo mentale” in Perù. Daje, ogni tanto una gioia.
“Tutti odiano il woke e nessuno sa cosa sia” è il titolo (fantastico) di questo articolo di Andrea Beltrama su Rivista Studio. La wokeness come nuovo nemico globale delle destre sovraniste è un costrutto mentale (come “il gender”) che si è riempito di una stratificazione di significati spesso poco chiari negli ultimi dieci anni.
La sottovalutata arte del dad dancing è al centro di questo pezzo del Guardian che parte dalle mosse del principe William al concerto di Taylor Swift per arrivare a spiegare quanto ballare senza timore del cringe possa giovare agli uomini di mezza età come antidoto ad ansia e depressione. E dimmi che non hai mai droppato un Rusty Robot!
Da ISTAT, il nuovo rapporto 2024 a proposito delle molestie sul luogo di lavoro: in sintesi, la solita merda. Con in più il dato sconvolgente che la regione italiana prima in classifica per molestatori è il Piemonte.
Il progetto europeo 4E-Parents è dedicato alla cogenitorialità e in particolare ai padri, stimolati a lavorare sulle 4 “E” della paternità (Early, Equal, Engaged, Empathetic). Un progetto necessario soprattutto in Italia. Questo pezzo di IoDonna spiega tutto molto bene e sinceramente è il pezzo che vorrei leggere in alcuni periodici “maschili”.
Mi è piaciuto questo video di Italrugby postato in reazione alle manifestazioni di odio e omofobia on line dedicate alla nazionale femminile e maschile di rugby. Purtroppo l’hate speech è di casa soprattutto tra i tifosi.
Orlando di Virginia Woolf è veramente un’icona queer? Secondo Paul B. Preciado evidentemente sì (vedi sotto), ma secondo Nadia Fusini, traduttrice della nuova edizione Neri Pozza del romanzo, non proprio.
Su Doppiozero, un pezzo di Annarosa Buttarelli che - recensendo il libro “Vietato a sinistra” di Daniela Dioguardi riflette sul femminismo della differenza e sul concetto di politicamente corretto visto da sinistra.
Se non hai ancora sentito parlare della Hawk Tuah Girl, è probabile che tu non apra molto TikTok. Ma potrebbe avertela inviata qualcuno su Whatsapp. A me (per fortuna)7 non l’ha inviata nessuno, ma
me l’ha fatta scoprire. E penso di essere l’unico maschio etero al mondo che scopre di questo meme grazie a una donna.Da Con Air a Oppenheimer, questo articolo su IsNiceThat propone un focus sull'evoluzione grafica dei poster di film d’azione, ovvero su come si è evoluto negli ultimi decenni il concetto di mascolinità cinematografica. Molto interessante.
La sex/ed che vorrei
Seguito diretto dell’episodio precedente, che spiegava come entrare in una relazione: adesso nella relazione ci sei fino alla punta dei capelli… come fai a mantenerla?
Ep. 7 - Stare in una relazione
E dunque, arriviamo all’altro tema fondamentale: una volta che sono in una relazione, come la gestisco? Come faccio a rimanerci dentro il più possibile? Oppure ancora, come faccio a uscirne se mi sento a disagio? Se sei riuscito a instaurare una relazione con un’altra persona, insomma, se hai la ragazza o il ragazzo, sappi che sei solo all’inizio. E anche qui non posso essere io a scriverti un trattato su come si vive in coppia. Ognuno ha il suo carattere, i suoi difetti, le sue peculiarità. Far andare avanti una relazione è un po’ come un lavoro, richiede impegno e dedizione. Magari non è quello che vuoi in questo momento: nessun problema. Magari stai cercando solo sesso occasionale senza impegno: nessun problema anche in questo caso, a patto che ci sia 1) il consenso e 2) la contraccezione.
Ma ipotizziamo che tu sia un inguaribile romantico, convinto di aver trovato l’anima gemella. Quali sono i problemi cui stai andando incontro? Molti, indubbiamente. Per brevità, e per fare quelle cose sempre di moda che sono le liste, te ne elenco qui di seguito dieci, i più comuni.
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La questione degli spazi
Da adolescenti la questione degli “spazi” è centrale e non è che da adulti le cose differiscano di molto. Io mi prendo i miei spazi ma devo accettare che tu ti prenda i tuoi spazi, può riuscire difficile accettare che l’altro abbia bisogno di spazi, ma in fondo anche noi abbiamo un bisogno primordiale di spazi. Ma cosa sono questi spazi? Semplicemente, una relazione non può e non deve (non dovrebbe) annullare le individualità delle persone che la compongono. Se tu hai bisogno di passare una serata con i tuoi amici (che magari non sono anche i suoi amici), ti prendi un tuo spazio. Se lei o lui ha bisogno di trascorrere del tempo da solo in compagnia di un libro senza pressioni, si prende un suo spazio. È molto importante che ognuno si possa prendere il suo spazio, non è che bisogna stare sempre appiccicati… o no? Poi se il tuo partner ti dice che ha “bisogno di tempo” quello allora è un altro conto, e conviene andare direttamente al punto 9 o 10.
Gelosia, insicurezze e problemi di fiducia
Problemi di fiducia? Tranquillo, quelli continuano fino alla vecchiaia. Certo, a meno che tu non faccia un passo avanti nella tua evoluzione personale e cominci a fidarti un po’ di più della gente, a cominciare dalla persona che sta in una relazione con te. La gelosia deriva dall’insicurezza e dalla bassa autostima, dall’idea che siccome tu non vali molto, l’altra persona sia alla ricerca di qualcosa di meglio. La gelosia è una brutta bestia, è un’ossessione, costringe a chiedersi continuamente l’altro dov’è, cosa fa, con chi è, a mettere in atto piccoli ricatti, a limitare la libertà dell’altro (i famosi spazi). La gelosia è il motore del dramma nelle relazioni, ma può trasformarsi facilmente in “dramma della gelosia” portando a relazioni abusive e violente. Attenzione: il geloso potresti essere tu ma anche la persona che sta con te. In quel caso devi saper riconoscere il problema di fiducia dell’altro, provare a risolverlo insieme parlandone e da ultimo, se riconosci di essere in una relazione abusiva nei tuoi confronti (e ci va una certa forza per ammetterlo), passare direttamente al punto 10.
Riconoscere abusi e violenze
Abusi e violenze in una relazione sono quasi sempre motivati dalla gelosia e dall’idea balzana del possesso. Il possesso non è amore. Il possesso, per definizione, è rivolto a un oggetto: mai a una persona. Eppure moltissime persone ancora oggi sono legate ad un’idea di reciproco possesso (io ti appartengo, tu mi appartieni) che cozza con il punto 1 (i reciproci spazi) e va a braccetto con il punto 8 (l’esclusività della relazione: siamo solo io e te). Comunque sia, voglio sperare che tu non sia una persona abusiva o violenta. Se lo sei, difficilmente lo ammetterai, ma ti consiglio di cercare aiuto subito. Se lo è il tuo partner, parlane con qualcuno di fidato e ricorda che una relazione violenta non è solo quella dove volano gli schiaffoni: violenza è anche controllare lo smartphone dell’altro, i suoi profili social, mettere in atto ricatti emotivi come “devi fare questa cosa se mi ami” e tutto il repertorio che almeno una volta nella vita avrai sentito. Una persona sicura di sé non ha bisogno di mettere in atto queste strategie scellerate.
Non parlare di emozioni (o non parlare proprio)
Che i maschi non parlino di emozioni è cosa nota da tempo e lo abbiamo ribadito mille volte. Ovviamente questo assunto va ribaltato. E devi essere proprio tu a ribaltarlo, sforzandoti di aprirti, di essere sincero, di mostrare il tuo lato più vulnerabile se vuoi che le cose funzionino. Certo, puoi essere ferito. Ma in una relazione paritaria ci si apre entrambi, si lavora sulla fiducia e sul rispetto. Se uno dei due ha difficoltà ad aprirsi (e bada, non sempre è il maschio ad avere questi problemi) ci va una pazienza infinita oppure si può passare direttamente al punto 10.
Gli amici / le amiche e quello che dicono di voi
A memoria mia, uno dei problemi più grossi nelle relazioni adolescenziali è il coro greco di amici e amiche che si intromettono, fanno considerazioni non richieste e da ultimo riescono a mettere zizzania nella coppia. In adolescenza la coppia e il gruppo di amici sembrano quasi incompatibili (questa poi è una cosa che tende a scemare con la maturità). Gli amici single tendono a vedere la coppia come fumo negli occhi perché “stanno sempre a limonare” o perché ritengono che l’uno non lasci abbastanza “spazi” all’altro, eccetera. Ora, a parte il fatto che come decidi di portare avanti la relazione con il tuo partner sono fondamentalmente cazzi tuoi, devi decidere cosa ti fa stare meglio, se l’appartenenza al gruppo o la relazione di coppia. Deciso questo, non è detto che tu debba scegliere l’una o l’altra: semplicemente darai maggior peso alla cosa che ti interessa di più. E se ti interessa di più il tuo gruppo di amici, scivolerai ben presto al punto 10.
Paure, vergogna e sfera sessuale
Sesso, sesso, sesso. Nove volte su dieci un maschio cerca questo in una relazione. E diciamocelo, non c’è nulla di male finché la cosa è esplicitata fin da subito e c’è un reciproco consenso. Se non fosse che il sesso alla tua età è spesso vissuto con insicurezza, vergogna, ed è legato a paure inconsce che prima o poi vanno ad inquinare la relazione. L’insicurezza, la paura, le emozioni negative portano alla gelosia e a relazioni abusive. Il sesso a volte diventa “merce di scambio”, oggetto di ricatti (”se mi ami devi fare questa cosa, altrimenti ti lascio”). O comunque si parte in quarta, convinti di sapere tutto e si finisce con grandi figure di merda (nella migliore delle ipotesi) o con una gravidanza indesiderata (nella peggiore). Direi che questa cosa la approfondiamo più avanti. Del resto, anche qui, basta parlarne apertamente e senza vergogna.
La fine dell’innamoramento
Hai presente prima di stare insieme, le famose farfalle nello stomaco, la giostra di emozioni e di erezioni ogni volta che lei o lui si avvicinavano a te? Quello si chiama “innamoramento”. Poi vi mettete insieme, e la cosa dura per qualche mese ancora, forse addirittura per un anno o due. Poi, è fisiologico, l’innamoramento sparisce. Che si fa? Nelle relazioni mature, basate sul rispetto reciproco, solitamente si dice che si passa dall’innamoramento all’amore. Meno sesso a ogni ora del giorno e più progettualità di coppia, esperienze che cementano la relazione e la portano, come si suol dire, al “livello successivo”. Ma queste sono cose che di norma interessano poco a un adolescente, per il quale l’innamoramento costante è quasi una ragione di vita. Ne deriva che molto spesso le relazioni adolescenziali finiscono quando finisce l’innamoramento e si passa potenzialmente al punto 9 e sicuramente al punto 10. Ma è anche giusto che sia così, è normale sperimentare diversi tipi di relazione prima di sistemarsi. Anche perché la cosiddetta “relazione matura” prevede un grado di impegno che non tutti (maschi, femmine e persone transgender) hanno voglia o sono in grado di prendersi.
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Il peso dell’esclusività e dell’impegno
L’impegno, appunto. L’idea della relazione come lavoro appassionante ma faticoso sta tutta lì, nell’idea della monogamia, dell’esclusività. Anche questa è una scelta. Puoi scegliere di essere esclusivo (cioè: io sto con te, tu stai con me e nessuno dei due scopa con nessun altro), oppure no. Anche in questo caso l’importante è il confronto, il consenso, il rispetto. Non è detto che il poliamore sia la soluzione ideale per te, ma è certo che nelle sperimentazioni dell’adolescenza sia una possibilità che viene messa in conto. Scoprirai presto che l’impegno che richiede una relazione esclusiva ha il suo lato positivo, così come l’apparente disimpegno di una relazione poliamorosa si porta dietro quasi sempre un carico di aspetti problematici dal momento che è richiesta ancora più maturità emotiva, ancora più sicurezza in sé stessi e negli altri.
Innamorarsi di un'altrə
E poi, naturalmente, arriva il momento in cui ti innamori di un'altra o di un altro. E a quel punto bisogna chiudere. Lo abbiamo detto prima, la sensazione dell’innamoramento è come una droga, la si cerca continuamente, e se non la si trova nella relazione in corso, si tende a cercarla altrove. Si dice spesso che nella vita ci si può innamorare continuamente ma che l’amore “vero” si prova una, due volte al massimo. Può darsi che sia così. Se la tua relazione è veramente stabile, potrà resistere anche a un altro innamoramento, a un flirt o a un piccolo tradimento (l’importante è sempre parlarne con onestà e riconoscere quanto e come si sente ferita l’altra persona). Se non lo è, comunque hai già un altro innamoramento e potenzialmente un’altra relazione dietro l’angolo. Certamente sarà meglio chiudere la relazione precedente perché se c’è una cosa veramente odiosa è tenere il piede in due scarpe.
Non sapere come “chiudere”
E come si fa a chiudere una relazione? Bella domanda. Tutti i punti da 1 a 9, lo avrai capito, costituiscono dei validi motivi per lasciarsi. Ma lasciare una persona vuol dire ferirla, vuol dire entrare in conflitto, a volte vuol dire anche inimicarsi una parte degli amici comuni. Le cose possono diventare molto sgradevoli. Eppure è una cosa che va fatta, sempre con rispetto e mettendo in chiaro tutte le motivazioni, che possono essere più di una. Evita come la peste il classico ritornello da maschio medio “non sei tu, sono io”. Esponi chiaramente quello che pensi, fallo di persona (mai al telefono o con messaggi), se vuoi troncare una relazione abusiva fallo in un luogo pubblico (se pensi che ci possano essere scenate spiacevoli). Se sei veramente deciso non dare una seconda possibilità, declina con fermezza e gentilezza le offerte del tipo “cambierò, restiamo insieme” e vivi se è il caso il tuo senso di colpa che sicuramente accompagnerà l’idea di aver fatto del male ad una persona che fino a poco prima amavi. Ovviamente, se sei nella posizione di quello che viene lasciato, sarai tu quello mortalmente ferito. Ma ricorda che le ferite d’amore non vogliono vendetta. Il rifiuto va accettato, anche se arriva dopo mesi di “sì”. Su quel rifiuto puoi costruire qualcosa di nuovo e diventare una persona migliore.
E poi lo sai, specialmente alla tua età, nulla è per sempre. Il vecchio adagio dice “meglio soli che male accompagnati”, e un fondo di verità c’è. Conosco molte persone (ce ne saranno anche tra i tuoi amici) che sembrano accettare i “no”, ma in realtà hanno quella strategia del tipo “ci provo con una, poi con un’altra, poi con un’altra ancora e la prima che mi dice sì mi ci metto insieme”. Ecco, questa è la base ideale per una relazione di merda. A stare un po’ da soli non è che si diventa incel per forza. Se non sai cos’è un incel, ti prego, continua a non saperlo. Se lo sai, ci siamo capiti.
[continua…]
Cosa mi gira in testa?
Non voglio dilungarmi troppo: voglio però segnalarti l’uscita su Mubi del documentario Orlando, My Political Biography di Paul B. Preciado, un film che esplora l’identità transgender con un coro di voci che interpretano tutte lo stesso personaggio (Orlando di Virginia Woolf). Ne ho scritto qui.
Uno dei 25 Orlando - © Les Films du Poisson
Ho letto E alla fine muoiono di Lou Lubie, una di quelle edizioni Bao Publishing “extralusso”: parte saggio sulla fiaba che cita Greimas, Propp e Bettleheim, parte graphic novel, parte antologia di Grimm, Perrault e Basile, un volume prezioso e divertente. Poi ho scoperto che Beth Gibbons dei Portishead sta per compiere 60 anni e sono rimasto un po’ interdetto. Il suo primo album solista a più di 15 anni dall’ultimo Portishead, Lives Outgrown, è di una bellezza lancinante.
Per adesso ti saluto e confido che tu voglia rispondere al sondaggio più sopra e in particolare alla domanda sui padri che servirà a scrivere il prossimo numero. Guarda, per evitarti lo scroll in alto ti ripropongo entrambi i bottoni qua.
Qui sopra invece la GIF di Ko-fi, nel caso volessi anche contribuire alle spese. Stai bene, ci risentiamo tra dieci giorni.
Ciao Pietro, non riesco ad accedere al sondaggio, non capisco il motivo. Mi puoi condividere il link in altro modo?
Grazie a te, Pietro. Spero che Patrilineare si allarghi sempre di più, perché il lavoro che hai fatto e stai facendo è enorme, prezioso, coinvolgente.