Global Gender Gap Index 2024: una lettura consigliabile
È uscito in questi giorni il report annuale del World Economic Forum sulla parità di genere. Ecco perché dovrebbe interessarti.
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Ciao, tutto bene? Sei stato al Pride della tua città? Dimmi di sì, dai. Io sono stato al Torino Pride e come ogni anno è stata una bella festa, con in più il fatto che quest’anno eravamo 150.000 e il corteo era lungo più di 1 chilometro e mezzo. Non ho i numeri sottomano, ma credo sia stata l’edizione più partecipata degli ultimi dieci anni. Del resto, più i diritti vengono compressi, più la gente scende in piazza, è anche normale.
Questa di oggi, Pride a parte, è un’uscita un po’ particolare della newsletter. Di norma non mi aggancio ai temi del momento, perché preferisco prendermi i miei “tempi editoriali” e scrivere riflessioni non a caldo. Ma questa settimana è uscito il Global Gender Gap Index , la pubblicazione annuale del World Economic Forum sulla parità di genere nel mondo, e vorrei commentarlo insieme a te.
Se non sai di cosa sto parlando, partiamo da qua. Il GGGI è lo strumento principale grazie al quale si può capire come si sta evolvendo la situazione mondiale riguardo all’obiettivo della parità di genere che - ricordiamolo - sarebbe uno dei 17 obiettivi di “sviluppo sostenibile” che l’ONU si è data nei quindici anni dal 2015 al 2030. Il GGGI fa un benchmark su 146 paesi in base a quattro dimensioni chiave: partecipazione economica e opportunità (valuta la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, le opportunità di carriera, la parità salariale e la presenza di donne in posizioni di leadership); livelli di istruzione (misura la parità di genere nell'istruzione, esaminando se uomini e donne hanno uguali opportunità di iscriversi, frequentare e completare vari livelli di scuola); salute e sopravvivenza (valuta le differenze di genere in termini di aspettativa di vita e salute generale); empowerment politico (misura la rappresentanza delle donne nelle strutture politiche, come parlamenti e governi).
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Non mi nascondo dietro a un dito: il rapporto completo è un PDF di quasi 350 pagine e non è pensabile che chiunque se lo legga per intero. Esiste comunque una sintesi adeguata, sempre sul sito del WEF, ma soprattutto esiste una dashboard interattiva abbastanza intuitiva dove scoprire tutto sui profili economici dei vari paesi e magari anche confrontarli.1
Ti dico subito che il profilo economico dell’Italia è - come sempre - abbastanza sconfortante. Non disastroso su tutti i livelli, per carità. Sull’indicatore dell’istruzione e su quello della salute ci difendiamo bene. Ma… l’Italia, con un punteggio globale di 0.703,2 è all’87° posto su 146 paesi. Cioè: siamo tra il Ghana e Timor-Est. Meglio di noi fanno non soltanto praticamente tutti i paesi europei,3 ma anche moltissimi paesi africani o latinoamericani che - dall’alto della nostra onnipresente spocchia - spesso ci ostiniamo a considerare “terzo mondo”. Peraltro siamo drammaticamente scesi in classifica: non abbiamo mai avuto risultati eccelsi nelle serie storiche del GGGI, ma almeno - per dire - nel 2021 eravamo al 63° posto.
Allarghiamo per un attimo il punto di vista: nel 2024, il divario globale di genere è stato “chiuso” al 68,5%. Se il tasso di progresso attuale si mantiene, ci vorranno 134 anni per raggiungere la piena parità. Il divario di genere in salute e sopravvivenza è chiuso al 96%, nei livelli di istruzione al 94,9%, nella partecipazione economica e opportunità al 60,5% ma nell'empowerment politico solo al 22,5%. Fanno certamente notizia tutte le presidenti, le ministre, le donne a capo dei governi: ma evidentemente fanno notizia perché sono ancora troppo poche.
Ora tu potresti dirmi: ma in fondo sticazzi della parità di genere. Ci sono problemi molto più importanti, no? Però… la parità di genere è riconosciuta come un vantaggio competitivo in un contesto macroeconomico sempre più difficile. Una maggiore parità di genere può portare a una crescita economica più robusta e sostenibile. Quando più donne partecipano alla forza lavoro, aumenta la produttività complessiva, se non altro perché una visione "alternativa” porta necessariamente innovazione e creatività.
Nonostante i benefici economici, che dovrebbero far vibrare le antennine dei turbocapitalisti, in Italia ci sono ancora troppe resistenze culturali. Noi abbiamo difficoltà a sradicare stereotipi di genere incancreniti, abbiamo una cultura lavorativa che quasi mai supporta adeguatamente la conciliazione tra lavoro e famiglia. Certo, serve un cambiamento culturale che non puoi ottenere con uno schiocco di dita, ma proprio per questo per me è importante promuovere l'uguaglianza di genere come un valore fondamentale (oltre a varare politiche più favorevoli alla famiglia e al lavoro flessibile).
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La parità di genere non è solo questione di equità sociale: è un motore di crescita, porta anche a una maggiore stabilità economica. Noi qui di strada da fare ne abbiamo ancora molta: dal mio punto di vista è importante che anche una persona comune sia conscia del fatto che esistono queste sfide e che vincerle (o almeno provarci) può portare a un futuro più prospero e equo per tuttə ə cittadinə.
È necessario che specialmente noi maschi abbiamo presente l’obiettivo e lottiamo per raggiungerlo: una società come quella italiana, dove le donne spesso non lavorano o abbandonano il lavoro dopo il primo figlio a causa dell'assenza di politiche per la famiglia, rischia il declino economico. Una forza lavoro monca (per non parlare della perdita di talenti preziosi), famiglie monoreddito che hanno meno potere d’acquisto (e quindi minor richiesta di beni e servizi), il basso tasso di natalità (ma guarda un po’). Tutte cose risolvibili4 implementando politiche che supportino la conciliazione tra lavoro e famiglia: congedi parentali equi per padri e madri, maggiori servizi di assistenza all'infanzia, maggiore flessibilità lavorativa.
Quindi, se mi chiedi perché dovremmo tutti leggere il Global Gender Gap Index, la risposta è semplice: sono dati essenziali per identificare le aree di intervento e implementare politiche efficaci. E noi ne abbiamo un fottuto bisogno.
Linkando qua e là
Articoli, post, notizie che mi hanno fatto pensare “aspetta che me lo segno per Patrilineare”…
“You like Huey Lewis and the News?“ - © Lionsgate Films
Dal Forum PA una bella intervista su hate speech e IA a Roberto Bortone – autore del libro “Molto social, troppo dark. Tra hate speech, propaganda, metaverso e intelligenza artificiale: i rischi del web oggi”.
ha scritto su Fanpage a proposito della "lista del Visconti", una storia che hai sicuramente già sentito e che (almeno a me) riporta alla mente mille storie uguali in tutte le scuole del Regno…Per la serie: libri interessanti che devo leggere: Altricorpi di Paolo Armelli sulla sessualità queer. Armelli è anche il fondatore di QUiD Media, un canale che ti consiglio di seguire.
Salute sessuale maschile: un tabù? Se lo chiedono (giustamente) i medici del progetto “Occupiamoci di uomini”. Sullo stesso tema, ti propongo anche una bella intervista al sociologo Flavio Ceravolo su Vanity Fair.
su ValigiaBlu ha scritto un pezzo su Giorgia Meloni e il “femminismo di convenienza”: nel caso tu l’abbia perso, recuperalo.Un articolo lungo e interessante di Maurizio Carucci su Avvenire, a proposito di procedure di recruiting inclusive, anche e soprattutto per ə lavoratorə con disabilità.
Gender gap su Wikipedia? Ci pensano i gruppi organizzati di contributor al femminile! Qui si parla di Spagna, ma da noi c’è WikiDonne.
Perle ai maschi!
Smartphone e sesso: il nuovo pezzo di Maïa Mazaurette su Internazionale mira a farci venire qualche dubbio su un connubio che sulla carta tutti pensano deleterio.
Aborto farmacologico in USA: manteniamo alta l’attenzione perché poi tutto si ripercuote globalmente…
La rinascita del pop lesbico sul Guardian: siamo lontani da kd lang e Indigo Girls, ma insomma, eccoci qua.
Le migliori serie TV queer secondo Vogue: la cosa bella è che spaziano anche nei decenni precedenti a questo.
Asessualità: un bel pezzo introduttivo al tema su Repubblica, che osa anche parlare di demisessualità e graysessualità. D’altronde è forse l’orientamento sessuale di cui si parla meno in assoluto e che è anche purtroppo uno dei più stigmatizzati. C’è anche una bella intervista a Francesca Anelli su Elle di qualche mese fa. Altro piccolo approfondimento qui.
Nature in questo articolo introduce il concetto di “gender modality”, per superare il binarismo cis/trans con un approccio pragmatico che possa essere anche scientifico.
Pasquale Quaranta, il diversity editor di La Stampa, intervista Micaela Ghisleni dell’associazione Famiglie Arcobaleno a proposito dei diritti ancora inspiegabilmente negati.
Per concludere in bellezza, un approfondimento sulla GenX e il fascino del “maschio sigma”, a quanto pare perfettamente incarnato dal Patrick Bateman di American Psycho. Un nuovo tipo di mascolinità tossica, perché ne avevamo bisogno.5
Dialoghi con Giancoso
È tornato Giancoso! Siete contentə? In realtà non è mai andato via, lo incontro sempre la mattina al bar, al mercato o in cartoleria ed è sempre più vittima della cultura woke, povero cristo.
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Giancoso - Posso dirti? Ormai se hai un pene sei considerato il demonio. Non è più un mondo per maschi.
Patrilineare - No, dai, Giancoso… non fare così. Vieni qui che ti abbraccio, su. È vero, sai? Non è più un mondo per (soli) maschi. Ma non sarebbe mai dovuto esserlo, neanche prima. Magari è un mondo dove possiamo stare bene tuttə, no? Quando tu dici “un mondo per maschi” intendi un mondo esclusivamente tarato a misura di maschio, in cui qualsiasi altra soggettività è esclusa. Gli appigli sui bus? Fatti per i maschi. La temperatura standard dei condizionatori? Pensata per il metabolismo maschile. I sintomi dell’infarto? Tarati sulla salute dei maschi. Giubbotti antiproiettile, cinture di sicurezza, tute spaziali? Modellati sul corpo maschile. Magari è anche positivo se cominciamo a includere soggetti non dotati di pene… o no? E poi non è che se hai un pene sei automaticamente un reietto. Però se hai un pene e ti comporti da stronzo, allora sì.
Giancoso - Ma se io mi considero meglio di così, perché quando dico “non tutti gli uomini” mi guardano malissimo?
Patrilineare - Allora. Come dirti… Io sono sicuro che tu sia “meglio di così”, sei un brav’uomo e si vede. Ma non ne devi fare una questione personale. Se qualcunə osserva che c’è un problema con il genere maschile, non è che sta facendo una critica personale a te. Sta chiamando in causa metà della popolazione del pianeta. Perché si parla di un problema sistemico, la cui gestione non può che essere collettiva. Se tu dici “Eh, ma mica siamo tutti così” (sottintendendo che tu sei meglio), stai dicendo qualcosa che non c’entra proprio un cazzo, lasciatelo dire. Ci fai la figura del cretino. Cosa fai tu, come sei tu, in questo caso è ininfluente. Nessuno ti sta dando la colpa di nulla. Casomai, si chiede a te (come a me e a tutti gli altri maschi del pianeta) di riconoscere una responsabilità collettiva, culturale, sistemica. Su questo mi sembra che possiamo essere tutti d’accordo. No?
Giancoso - Insomma, scusami: ma cosa devo fare, tagliarmelo?
Patrilineare - Madonna Gianco, ma quanto sei melodrammatico! No, non te lo devi tagliare: potresti smettere di usarlo al posto del cervello, però. Quella potrebbe essere un’idea vincente.
Cosa mi gira in testa?
Nel 2022 Prisma, una serie di Ludovico Bessegato6 su Prime Video, mi aveva conquistato per una cura nella scrittura e nell’interpretazione dei personaggi che è abbastanza rara nel panorama italiano. Ho dovuto aspettare fino adesso per vedere la seconda stagione, ma ne è valsa la pena. Le storie dei gemelli Andrea e Marco (uno queer, l’altro no, ma entrambi molto tormentati), di Daniele, di Carola e degli altri mettono in primo piano questioni come DCNII, sesso e disabilità, esplorazione dell’identità di genere, decostruzione di un certo tipo di mascolinità patriarcale. Mattia Carrano al solito è bravissimo, tenuto conto anche del doppio ruolo, ma Lorenzo Zurzolo è il centro magnetico di ogni scena che include Daniele.7
Mattia Carrano e Lorenzo Zurzolo in Prisma - © Prime Video
Lato libri, devo dire che ci sono periodi in cui non riesco a leggere fiction. Altri periodi, come questo, in cui mi fisso su un determinato autore - in questo caso un’autrice scoperta al recente Salone del Libro. Sayaka Murata, pubblicata in Italia da E/O, è una scrittrice giapponese che mi sta conquistando. Sono partito da La ragazza del convenience store e proseguirò con il più recente I terrestri. Per l’estate mi sono tenuto da parte anche Parti e omicidi. Perché proprio Sayaka Murata? Diciamo che affronta temi a volte scabrosi con un occhio totalmente libero da convenzioni sociali o tabù, quindi è facile incontrare personaggi che a prima vista sembrano sociopatici o - come nel caso di I terrestri, che devo ancora leggere - bambini coinvolti in situazioni di omicidio, cannibalismo e abusi sessuali. Murata però fa tutto questo con uno stile che non saprei definire altro che “molto giapponese”. Perciò, che dirti. A me sta piacendo molto.
Siamo arrivati al termine di questa newsletter. Dammi atto che ci ho provato, a essere più sintetico, anche se Substack mi dice invariabilmente “Post troppo lungo per l’email”. Io però, come forse avrai già capito, me ne frego. Grazie per leggermi sempre e grazie se vorrai contribuire mettendo una moneta su Ko-fi (la gif è sempre qui sopra se vuoi cliccare). Keep Calm and Smash Patriarchy!
C'è proprio da dirgli bravo a Ludovico Bessegato e tutto il cast; e anche dopo un po' di giorni che ho finito di vederla, viene voglia di rientrarci dentro "Prisma". Proprio come dici tu: magnetismo puro ogni volta che Daniele è in scena.
Ciao, come al solito la tua newsletter è sempre piena di spunti di riflessione. Ancora complimenti. Volevo segnalarti queto podcast, che magari conosci già : Maschi del Futuro. Mi è piaciuto soprattutto la puntata sulla domanda "preferiresti incontrare un uomo o un orso in un bosco?": ha un punto di vista originale che mi ha fatto pensare. Un saluto. E.